La simmetria dei desideri, bilancio Mondiale

4 Settembre 2015 di Indiscreto

Ogni tanto facciamo una scoperta folgorante, per poi scoprire che la nostra scoperta è già nota a tutti i potenziali interessati. Così è stato per Eshkol Nevo, il cui romanzo La simmetria dei desideri ci era stato consigliato di puro passaparola, come avveniva fino a metà degli anni Novanta. Nevo è uno dei più famosi scrittori israeliani contemporanei, ma persi fra Perisic e Kucka non lo avevamo mai sentito nominare prima di un mese fa, quando abbiamo letto uno dei suoi libri più famosi, edito in Italia da Neri Pozza. Rimanere colpiti da un romanzo, nel 2015, è onestamente difficile: troppe distrazioni, troppe interruzioni, WhatsApp, Messenger, la necessità di sapere cos’è successo cinque minuti prima, ma soprattutto la sensazione, anche nei più giovani e quindi figurarsi per noi, di avere in fondo già visto tutto.

Lo stesso libro di Nevo si presenta come una cover di qualcosa di familiare: quattro amici di Haifa che con il pretesto del calcio alla televisione, quello dei Mondiali (la loro storia parte con Messico 1986) ma anche quello israeliano, rimangono uniti resistendo a cambiamenti interni ed esterni. Tutti e quattro comunque si ritroveranno nella più stimolante ma dispersiva Tel Aviv, nel pieno delle proprie vite. Yuval, l’io narrante, si trascina facendo traduzioni, Churchill è avvocato, Ofir un pubblicitario che si sente ingabbiato e Amichai un venditore di polizze nonché l’unico ad avere una famiglia, con moglie (psicologa) e due figli gemelli. In occasione della finale del 1998, Francia-Brasile, gli ormai ventisettenni amici fanno un gioco: scrivere tre desideri-obbiettivi realistici per i prossimi quattro anni, con la promessa di ritrovarsi in ogni caso per la finale del 2002 a leggerli tutti. Quelli di Yuval riguardano Yaara, la fidanzata che di lì a poco il carismatico e apparentemente sicuro Churchill gli soffierà.

Finalmente non il solito pistolotto sull’amicizia maschile che resiste a tutto, ma una storia fortissima nella sua frammentarietà a livello di trama. I quattro amici si deludono infatti in continuazione, si allontanano e si riavvicinano a volte anche contro i propri desideri, come quasi tutti subiscono la vita ma continuano a cercare una strada pur avendo più chiaro ciò che non vogliono che ciò che vogliono. Il romanzo è ambientato in Israele ma per il 90% potrebbe esserelo a Carugate o a Bisceglie, affrontando temi universali ed irrisolti: un punto di forza, nessun lettore si può sentire escluso. Però in ogni pagina non manca mai la sensazione di vivere sotto assedio, pur con una differenza di prospettive. Se Yuval si fa carico della figura dell’israeliano che cerca di capire le ragioni dei palestinesi (di politica ce n’è comunque pochissima), soprattutto dopo tre anni di servizio militare vissuti male, Churchill fa il progressista-opportunista in carriera, Ofir quello che pensa alla propria felicità personale e Amichai quello che vive la sua vita cercando di rendere felice chi gli sta vicino.

Cosa differenzia questo libro dal miliardo di opere con protagonisti alcuni amici? Fondamentalmente una cosa: la durezza spietata con cui si analizza il sottile piacere del fallimento, proprio ma anche degli altri. Ci ha ricordato alcune pagine dell’autobiografia di John McEnroe, in cui il campione ammette di avere spesso tifato contro la carriera in singolare di Peter Fleming per paura di perdere la sua amicizia o semplicemente che il suo compagno di doppio, diventando troppo forte, cambiasse le dinamiche di potere all’interno della coppia. Nevo è poi anche molto bravo nel mostrare come gruppi di amici legati in maniera fortissima, con la stessa intensità, siano al loro interno composti da sotto-amicizie con storie che prescindono da quelle del gruppo e le superano, generando dolorose sensazioni di esclusione.

L’autore è tutt’altro che sovrapponibile a Yuval, come verrebbe naturale credere, anzi la sua storia personale (scrittore, nipote di un politico famoso, pubblicitario e altre cose), che abbiamo appreso dopo la lettura del libro, fa applicare il ‘Madame Bovary c’est moi’ a quattro diversi personaggi. Tutti condizionati, affascinati, spaventati, commossi dalle donne, altro filo conduttore di una storia tragica e allegra. Con i desideri che spesso si realizzano per interposta persona, di qui la simmetria citata nel titolo: ma se in quella persona c’è qualcosa di noi la vita può diventare quasi accettabile.

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