Gnoukouri non è da Inter

24 Agosto 2015 di Stefano Olivari

Il giorno dopo Inter-Atalanta al nostro solito bar è un lunedì come tanti altri. Nemmeno l’inizio del campionato, l’avanzata del fondamentalismo islamico, il crollo della Borsa di Shangai e di quella di Milano hanno turbato i ritmi di un mondo sempre uguale a se stesso. Se rinascesse Kennedy e lo riammazzassero lì, proprio davanti al Simply di via Novara, Paolo-Wang e i suoi clienti nemmeno telefonerebbero ai vigili. C’è soddisfazione con l’asterisco, in puro stile interista, per la vittoria sull’Atalanta, mentre milanisti e juventini sono così pochi e dimessi che nemmeno viene voglia di commentare il ritorno di Balotelli nella squadra-famiglia rossonera o il riposizionamento di Padoin come erede di Pirlo. Forse un omaggio a Hossam, che per Padoin stravedeva anche se poi è stato sepolto con la maglia di Sturaro.

Dire che si senta la mancanza dell’egiziano sarebbe troppo, agli juventini del bar il triplete mancato di poco a Berlino ha dato più dispiacere della morte di uno spacciatore, peraltro già sostituito da un altro responsabile di zona. Il suo assassino, Karl-Heinz, è stato incredibilmente incriminato soltanto per omissione di soccorso. Tutti gli avventori della birreria di San Candido, compresa la simil-Eva Klotz con il nazi-dildo, hanno testimoniato che Hossam aveva litigato con un suo connazionale mai visto prima in paese e che questo egiziano sconosciuto (da notare che in Alto Adige un maghrebino viene notato a cento chilometri di distanza, con i rottweiler già ringhianti) lo aveva colpito con tagliere di olmo. Alla fine il giovane schutzen se l’è cavata con sei mesi ai servizi sociali, da svolgersi presso lo Juventus Club Michele Padovano di cui peraltro già faceva parte. In pratica la pena comminata a Karl-Heinz è di andare sui siti dei giornali sportivi e riempire ogni post riguardante l’Inter di commenti basati su Guido Rossi e Nucini. Insomma, ciò che faceva anche prima della condanna. Nessuna protesta per questa ingiustizia ai danni dell’egiziano, nemmeno da parte di amici e familiari, per metà senza documenti in regola. Hadiya è onestamente contenta della morte del padre, adesso non corre più il rischio di tornare in Egitto e può uscire liberamente con Samantha e Ylenia, in una caldissima serata al Calafuria ha parlato loro del suo progetto di aprire un nails center quando sarà maggiorenne. L’idea è piaciuta, le crocchette di surimi anche di più.

A proposito di Ylenia, per fortuna la gravidanza causata dal bengalese dei selfie stick si è rivelata un falso allarme e la sua vita è salva. Salva si fa per dire, perché il fratellastro bodybuilder adesso si è messo in testa di diventare dirigente della Lega Nord, pur dichiarandosi renziano: su internet ha trovato il link alla scuola di formazione politica ideata da Salvini e si è entusiasmato alla prospettiva del seminario con Marine Le Pen. Danny, così si chiama il fratellastro, ritiene che sia arrivato il momento di impegnarsi per migliorare la società, ma non per questo ha ridotto il numero di seghe usando le mutandine di Ylenia. Non solo, ma vuole anche che lei diventi la sua assistente durante le future campagne elettorali. Per adesso Danny si prepara con lampade quotidiane da ‘Neri per sempre’, in via Forze Armate.

La TuboPlast riaprirà soltanto il primo di settembre, contrariamente al locale che Zhou ha gestito per tutto il mese mentre Paolo-Wang sistemava altri due bar, uno vicino a corso Vercelli e l’altro in via Pezzotti, comprati in nero da due sessantenni italiani con figli laureati in scienza delle comunicazioni. Se il posto in via Pezzotti è abbastanza coerente con gli investimenti della famiglia Wang, nel senso che l’italiano più giovane della zona ha novantadue anni, quello in corso Vercelli rappresenta un salto di qualità perché lì il fancazzista sta direttamente a Curma o a Santa, non certo a Milano a giocare al videopoker e a discutere di Eva Carneiro. Comunque Zhou ha portato avanti il suo progetto di libro fotografico sullo sport a Milano, sorridendo quando Max gli ha detto che esistono più libri del genere che lettori. Zhou è un fan delle pagine locali di Repubblica, fra l’altro è l’unico lì dentro a leggere un giornale non sportivo: ha scoperto che per diverso tempo Ho Chi Minh fece il cameriere all’Antica Trattoria della Pesa, in via Pasubio. Sogna in grande, Zhou: fra ottanta anni lì in via Novara ci sarà una targa che ricorderà il suo passaggio, come quelle che in tutta Italia ricordano il passaggio di Byron (che sommando le targhe anche della sola Liguria dovrebbe essere vissuto centoquarantotto anni, non trentasei). Nelle notti più agitate si immagina di essere il sindaco di Milano, quello che riaprirà i Navigli e caccerà nordafricani e zingari.

L’estate di Max è stata milanese, un po’ triste ma non fino al punto di frequentare anguriai con le bandiere del Napoli. Il mercato di SuperMegaInter.com è stato gestito unicamente da lui che quasi ogni giorno ha dovuto inventarsi puttanate sulle telefonate carismatiche di Mancini o su Perisic che vuole soltanto l’Inter. Lo hanno tirato su soltanto i messaggi di Mariella su WhatsApp: pur preoccupata per il futuro della TuboPlast, la Demi Moore di via Novara ha postato decine di selfie suoi e di amiche di minor qualità in varie località marine, in pose che non è offensivo definire da troie. Certo è che Vincenzo non gli dà più alcuna mano con il sito, il 75% della società lo ha convinto di essere uno dei protagonisti della web economy ed è per questo che per le vacanze ha affittato con i soldi del padre dentista un dammuso superaccessoriato a a Pantelleria, in località Scauri, dove ha avuto, parole sue, tempo per pensare insieme a Pier Luca, che ha scroccato la vacanza e a due cugini di Isernia appassionati di snorkeling. E cosa ha partorito Vincenzo, fra un’insalata pantesca e un passito? SuperMegaInter si allargherà: sarà affiancato da SuperMegaMilan.com e SuperMegaJuve.com, sfruttando manovalanza milanese o importando talenti dal Molise. Tutto è chiaramente partito da Pier Luca e da una sua ricerca di marketing, fatturata alla società, da cui emerge che il 75% degli italiani tifa per tre squadre. Per la futura web tv SuperMegaCalcio.com Vincenzo sta già da giorni analizzando l’albo d’oro di Miss In Gambissima Molise: questa idea di casting giornalistico è venuta guardando le giornaliste di Sky e di Fox, del resto a partire da Steve Jobs gli imprenditori di successo sono a volte soltanto rielaboratori di situazioni già esistenti.

Il Walter ha passato l’estate a litigare con i suoi inquilini peruviani, che hanno difficoltà sul lavoro ma soprattutto si ubriacano ogni sera litigando ad alta voce per una tale Dolores, impedendogli di ascoltare qualche minuto delle otto ore quotidiane di calciomercato su SportItalia. Sulla partita con l’Atalanta, seguita come al solito a San Siro con gli amici del bar, ha le idee chiare: “L’idea di Mancini è mettere tre negri davanti alla difesa e sperare che le partite gliele risolvano quelli bravi davanti, per questo manca come minimo una punta esterna. In difesa Miranda e Murillo almeno sono cattivi e decisi, la manovra impostata da gente con i piedi di gesso è quella che è ma almeno chi sta in campo sembra remare dalla stessa parte. Kondogbia molto attivo ma non un fenomeno, il gioco creato da Gnoukouri non si può guardare”.

 Budrieri con i gomiti sul bancone Sammontana nemmeno apre la Gazzetta, dopo aver letto venerdì l’intervista a Romagnoli ha giurato che non lo farà mai più. Attirato da titolo in prima pagina, ‘Sentite Romagnoli: Difendo come Nesta. Ho il tocco di Zidane’ il pensionato ATM non avendo un cazzo da fare ha letto anche l’articolo, cosa che non faceva dai tempi di Bruno Roghi. Questa la risposta di Romagnoli su Nesta, quando gli chiedono del peso della maglia numero 13: “No, l’ho chiesta subito perché Nesta era il mio idolo. Ho pensato a lui, non al fatto che avrei aggiunto altre responsabilità”. Insomma, a Nesta nemmeno si è paragonato. E il tocco alla Zidane? “Da piccolo volevo fare il centrocampista. Avevo dentro questo gusto di giocare il pallone. Impazzivo per Zidane, per il suo modo unico di toccare la palla: guardavo sempre Zizou. Poi Tovalieri, nelle giovanili della Roma, mi spostò in difesa”. Budrieri rimpiange la Gazzetta seria e tecnica di Gualtiero Zanetti, che nessuno in quel bar ha mai sentito nominare. Nella testa ha sempre Cristina, è curioso di leggere il suo libro sulla Vuelta ma onestamente gli piace anche molto come donna. Prima di addormentarsi pensa sempre a lei, ma soprattutto è contento di non vedere da quasi due mesi D.J. John, che dalla Sardegna ha mandato pochi sms a Marilena sostenendo di essere impegnatissimo e che nei pochi minuti liberi sta scrivendo un pamphlet (gli piace il termine: una cliente del villaggio, precaria simpatizzante di SEL ma in attesa di essere assunta grazie alla Buona Scuola renziana, gliene ha spiegato il significato prima di fargli un pompino) fortemente critico nei confronti di Linus, che a settembre proporrà a Mondadori. Titolo provvisorio e ambizioso: ‘Linus, se questo è un deejay’. I Budrieri si sono concessi tre giorni di vacanza ad Argegno, ma dopo il primo giorno di lago di Como all’Erminia hanno iniziato a fare male i piedi e sono dovuti tornare di fretta a Milano. Non che a Budrieri importi di quella vecchia che quarantadue anni prima prima e chissà quante altre volte lo ha tradito, ma dopo una giornata di lontananza Milano già gli manca. Anche quella Milano ormai africanizzata che vive quotidianamente. Sabato notte si è sognato la zingara, perché al funerale del capo dei Casamonica ha notato che una sinti aveva le ciabatte uguali alle ciabatte di quella del Simply (che era però una rom): nere con un disegno argentato, al tempo stesso borghesi e selvagge. Una volta lo avrebbe tirato su una bella discussione calcistica, ma lui che ha visto giocare Pasinato e Verdelli non può mettersi a litigare con chi crede che l’Inter sia iniziata con Bolingbroke: “Voialtri pensate che il calcio sia soprattutto corsa e forza, ma se così fosse basterebbe ingaggiare undici decathleti per vincere tutto. Gnoukouri sembra un bravo ragazzo, con i piedi che però non sono da calciatore: spiace dirlo, ma non è da Inter”. (prima puntata 2015-16, continua).

P.S. Non è da Inter è un’opera di fantasia, pur prendendo spunto dalla realtà. Chi si sente offeso non la legga. 

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