Un point a favore di Zabriskie

5 Luglio 2011 di Simone Basso

di Simone Basso
La cronometro di Rho, il Tour mutante, le calorie di Nibali, le famiglie a Wimbledon, la sfida fra cyborg, le discese della Vos e la testa di Schwazer.

1. E’ tempo di Tour e basta poco per notare la differenza. Il Giro era terminato con una cronometro a Milano, dopo un ping pong burocratico con la giunta di mamma Batman, che partiva da Rho: forse il sobborgo esteticamente più squallido e infelice della metropoli meneghina. La Grande Boucle invece allestisce la vernice in Vandea nel bel mezzo del suggestivo Passage du Bois, in un paesaggio unico.  Come Mosè nel Mar Rosso, apre in due l’Atlantico per vendersi meglio e mostrarci la sua grandeur, legata alla bellezza di un rito che nobilita i territori attraversati.
2. Tecnicamente è in piena mutazione genetica, testimoniata dal percorso della prima settimana:
tutt’altro che banale, pieno di trappole, e impreziosito dall’unica pendenza seria del nord-ovest francese. Quel Mur de Bretagne che misurerà la pressione arteriosa ai mammasantissima del plotone. Con la partecipazione poco amichevole del fenomenale Philippe Gilbert (“Happy birthday to you..”), dei Voeckler e dei Cunego. Il concetto di fondo, già acclarato, è che il favorito, il torero Contador, non ha la squadra giusta. E’ il motivo che rende il tracciato affascinante e ben disegnato: la Zomegnana, con un numero esagerato di salite, anche senza equipe era facilmente controllabile; il mostro che fu creato da Henri Desgrange NO. Troppo agonismo e soprattutto, sia sui Pirenei che sulle Alpi, quei settori di piano tra una vetta e l’altra, caratteristica geologica che rende indispensabile l’aiuto di una formazione competente ed esperta. Il resto è ciclismo puro, uno sport mestiere che, conoscendolo bene, ridimensiona l’epica (artificiale) di altre discipline, magari vendute meglio.
3. Roberto Corsetti, medico Liquigas, ha pubblicato alcuni dati dello Squalo Nibali durante il Giro 2011.
In ventitre giorni Vincenzo ha consumato la bellezza di 106.000 calorie, ovvero il corrispettivo di 56 chili di pasta, al dente e poco condita come piace (…) ai girini. A luglio poi c’è il problema supplementare della canicola, che obbliga ad un’assunzione (inenarrabile) di liquidi: il caldo è un’ossessione che viene amplificata dal menu masochista dell’ASO. Trasferimenti scomodi e alberghi talvolta ai limiti della decenza. Il bonus sono le cadute, le curve, i tornanti, la tensione in gruppo, l’equilibrio precario e magico di chi lima per ore le ruote. Li ammiriamo tutti, indistintamente, ma seguiremo con simpatia la corsa di David Zabriskie, il primo atleta vegano che si schiera al via della gara: osservandolo nella cronosquadre, vinta dalla sua Garmin, diremmo che carne, uova e latte non sono necessarie per fare i cinquantacinque orari in pianura. “Il ciclismo è stringere i denti e mollare i freni”. (Rubens Bertogliati).
4. “Hijo de puta”. Il labiale e un po’ di sonoro (con tutti quei gelati direzionali puntati sul campo…) rendono giustizia al controverso vincitore, l’anno scorso, dello Sportmanship award intitolato a Stefan Edberg. Insopportabile la regia londinese, malata di reality, che inquadrava i gesti e le reazioni dei due palchi con i genitori e le rispettive posse. Autentica pornografia dei sentimenti. Ormai il nostro sogno è di assistere ad una finale di Wimbledon tra due orfani.
5. “We want McEnroe!” L’urlo, isolato, è riecheggiato ironico nel Campo Centrale durante la contesa di domenica. Mai è stato così evidente il taglio netto con il passato recente dei Championships: i quattro millimetri in più di erba, il fondo duro, le palline gialle e più grandi, lo sweet spot generoso delle racchette e le corde in poliestere (che Re Sampras chiamava “cheatlion”). Il guaio è solo nostro, ovvero di quelli che pensavano ai Becker-Edberg come alla normalità aurea di un gioco bellissimo; invece all’All England Club si crede alle svanziche e basta. La mostra delle fiere fuori dalle gabbie diventerà l’idea di tennis che queste generazioni impareranno; un’arte minore interpretata da due cyborg ammirevoli, dalle doti atletiche spaventose, evirati del dono dell’improvvisazione geniale.
Poveretti, non hanno nemmeno più il tempo per pensare a qualcosa di nuovo. Perchè poi pretendere che Wimbledon e lo sport si comportino in maniera differente, in un mondo nel quale la Nestlè si è comperata, per le pubblicità, i diritti della parola “felicità” (sic) e la Pepsi quelli di una tonalità del blu?
Il destino sta forse nella biostatistica avanzata che ci descrive come robot che ogni tanto sognano..
Però ci fa piacere leggere le parole di buon senso vergate da un grande dei Novanta, Jim Courier, uno che in teoria e in pratica con la terba avrebbe vinto pure a Wimby.
6. Metti un pomeriggio a spiare il Giro donzelle, la competizione a tappe di maggior prestigio di quel pianeta dopo l’abiura, economica, del Tour donne. Ci sono tutte le più forti, trattasi della terza frazione e si va verso Fermo. L’altimetria è decisamente impegnativa, con sei gipiemme su strade (quelle del G.P. Capodarco) care anche al ciclismo dei cosiddetti dilettanti. Vanno via in tandem le fuoriclasse attese: lo scricciolo Emma Pooley, contadorina per caratteristiche tecniche, e Marianne Vos, il non plus ultra di questa epoca. L’olandese, che soffre le coltellate in salita dell’inglese, la stacca in discesa e stravince: a soli ventiquattro anni è già forse il più grande talento mai ammirato nella pedivella femminile. Stile, classe, grinta e una polivalenza stupefacente; è al ventiduesimo successo su strada della stagione, iniziata in pista con il titolo mondiale dello Scratch e nel ciclocross con l’iride a St. Wendel. Anche se non arriverà in rosa l’ultimo dì, nel Canavese, rimane il nostro mostriciattolo preferito.
7. Non hanno avuto molto spazio (e quando mai…) le vicende recenti di Alex Schwazer, campione olimpico a Pechino 2008. Il marciatore ha rinunciato ad inseguire il tempo minimo, a Dublino, per partecipare alla Cinquanta mondiale di Daegu; dal Marzo 2010 non conclude una gara con quel chilometraggio. Da allora una serie impressionante di ritiri e rinunce. Le dichiarazioni di Pierluigi Fiorella, medico federale e consulente tecnico del tirolese, sono emblematiche: ”Organicamente è integro, è in grado di tornare quello di un tempo. Prima, però, deve risolvere la dissociazione testa-gambe”. Un potenziale da fuoriclasse sprecato, l’ennesimo Howe in un momento di crisi nera dell’atletica tricolore? Qualcuno dovrebbe spiegare al fidanzato della Kostner che ha scelto l’attività sbagliata per fare il calciattore, ma se un vecchio saggio del livello di Sandro Damilano ha rinunciato all’impresa e ha preferito allenare i cinesi, la situazione deve essere molto complicata.

Il ritorno nel paese dal quale siamo venuti è la nostra morte, restare nel paese nel quale siamo andati è la nostra sconfitta. Per questo motivo rivediamo infinite volte in sogno la scena della nostra partenza. Perchè il momento della partenza è il nostro unico trionfo”.
(Dubravka Ugresic)

 
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