Ridateci l’homo erectus

2 Marzo 2009 di Oscar Eleni

di Oscar Eleni

Oscar Eleni da Ileret, zona Est del lago Turkana dove un tempo Cesare Rubini e sua moglie Luisella portavano ai ragazzini keniani palloni, magliette, sorrisi, dove, ci dicono, un milione di anni e mezzo fa esisteva l’homo erectus bene in carne, quello che non avrebbe mai considerato normale una situazione come quella che si è venuta a creare fra la coppa Italia e la partita della Virtus ad Avellino; che non avrebbe considerato normale, come dice il saggio Carlo Fallucca, anima di Radio Radio, penna del Momento Sport, la rivolta degli arbitri che vogliono essere pagati da Federazione e Società, ma vorrebbero anche scegliere i loro rappresentanti senza dover discutere, magari, con ex giocatori diventati anche dirigenti; che non saprebbe cosa rispondere quando Carlo Recalcati, cittì dell’Italbasket, ci (si, vi) domanda cosa vogliamo dalla Nazionale perché a lui sembra strano, anche a noi, che debba essere Azzurra a scozzonare i giovani italiani della lupa per le società che poi li “sfrutteranno” nei tornei della grande Europa; uomo eretto che ancora si chiede perché non ci siano inviati ad Avellino, prime voci, prime firme, quando si mandano in gita cronisti ululanti e assatanati persino per i tornei di Teresina.
Caro Uomo eretto di un milione e mezzo di anni fa pensa un po’ ai fatti tuoi, cosa vuoi capire e non dirci che dalle telecronache ti sembra tutto normale, che certe partite oscure a tribune blindate, spogliatoi pattugliati, che certe uscite sotto lancio di oggetti, certe sfide presidenziali ad ex dipendenti , “guardami in faccia stronzo” cita la Gazza degli orgasmi, ti sono apparse come quando voi giocavate in trasferta nelle caverne, aspettando che arrivasse il dinosauro scortato dall’arbitro Facchinus che ha insegnato a tenere in riga il popolo schiumante, il giocatore maleducato, l’allenatore disperato, con falli tecnici che segnano la pelle come vi direbbe il non tanto Chiari che a Milano ha fatto andare nei matti il povero Valli che ancora non sapeva, lui che ha vissuto gli anni d’oro del Messina gloriosus, come ragionano certi ragazzi con fischietto mandati ad arbitrare la sfida fra l’Armani che, finalmente, appare incomprensibile persino a chi l’ha costruita, e la Ferrara del Mascellani che già pensava di aver dato tutto alla causa quando ha dovuto persino litigare con il sindaco della sua città per avere un Palazzo decente. No, quello lo hanno avuto altri e allora caro Uomo Eretto ti presentiamo Alberto Savio e Marco Atripaldi che hanno fatto di Biella l’isola dei nostri sogni: una società costruita bene, un progetto tecnico per esplorare il territorio, per dare minuti importanti a giocatori italiani, per presentarci americani con dentro qualcosa, anche se non sempre Aradori è quello del 7 su 8 da 3 nella partita d’esordio dentro la nuova Arena, anche se Gaines non rappresenta tutto il campionario della casa biellese che potrebbe anche rinfacciare a qualcuno che il Langford, anima santa di Boniciolli, è passato da quella rete. Biella era qualcosa di speciale ai tempi del professor Bonali, di Fattori, Flaborea, Cermelli, delle zone che mandavano in bestia il Principe Rubini, lo è stata quasi sempre e ora è qualcosa da far vedere a tutti mentre Rieti singhiozza e se la prende persino con Prato, un altro che era amatissimo dai Sabini, ma ora che ha deciso di andarsene dai briantei, ora che beve il caffè in piazza a Cantù avrà, se ci sarà ancora grande basket a Rieti, una tribuna tappezzata con normalissimi cartelli come quelli che ad Avellino davano dell’ingrato a Boniciolli. Ne prenda nota il solerte Zappi, consigliere federale in quota allenatori, di questo cambiamento degli usi e costumi nazionali: l’allenatore cacciato, portato in tribunale, vilipeso da giocatori maleducati che ancora si vantano di aver preso la lavagnetta per indicare il vero gioco, quello deve prendere la sua roba e andarsene a svernare vicino al lago Turkana; gli altri, quelli che considerano esaurito il loro lavoro, quelli che forse avevano capito prima di Markovski che qualcosa non andava all’esterno del gruppo squadra, quelli che, anche soltanto per calcolo, nel lavoro esiste questa possibilità, hanno deciso di salutare ed andarsene, no, per quelli il cartello dice: taci ingrato. Magari Boniciolli fosse stato zitto, ma questo è il vizio nella terra dei liberi, perché avremmo visto che gli stessi che lo tormentavano quando scelse di fare l’allenatore e il manager, di prendersi Zorzi come senior assistant, sarebbero stati capaci d’inventarsi cose che andavano al di là delle mozzarelle gustose che tanto piacevano in famiglia.
Normale il princisbecco che sembra oro. Questo sì, caro amico a cui scrivo mentre Siena scopre di aver tirato esageratamente la corda, di averla rotta in un momento delicato perché il secondo posto nel girone di Eurolega, che dovrebbe portare il naviglio di Pianigiani sotto le murate dei cannoni Panathinaikos, ha portato al collasso nervoso una squadra convinta di essere già a Berlino per le finali, con la certezza di esserne protagonista. Tutto vero, ma prima bisogna arrivarci a Berlino e questo non te lo devi chiedere quando sei proprio stanco, per recuperare un infortunio come Kaukenas, per aver tamponato falle aperte da altri come hanno sempre fatto Stonerook e Sato, i due che ora hanno scelto David Moss per la casa della gloria e della fatica, quella dove fai tutto per il bene comune, mai per te stesso, pazienza se nel cielo televisivo se ne accorgono un po’ tardi, se là dove si puote vanno a scegliere nell’usato sicuro senza aver mai dato uno sguardo oltre il ponte della A1, perché in A2 si sperimenta di tutto, persino Bonamico presidente rubato al povero Lauro televisivo che con lui si completava bene, e si arriva anche a qualche buon risultato.
Segnatevela la prima domenica di marzo. Primavera di quasi bellezza per italiani vecchi e giovani che ammetteranno di essere stati protagonisti nell’anormalità di un turno dove gli imbattibili senesi hanno dato una mano agli inguardabili fortitudini togliendoli dalla palude di una retrocessione da brividi se pensiamo che Rieti, questa Rieti penalizzata, ha perso a Treviso per il risveglio del Bulleri che Milano voleva portare al paradiso senza spiegargli, come Virgilio con Dante, che prima bisognava passare per l’inferno; dove Ferrara ha scoperto che l’Armani è soltanto chiacchere e un bel disegno nascosto oltre la Darsena, oltre il dazio dell’Autostrada con Sole e Pioggia.
Pagelle soltanto italiane nel nome di Moss che certo capirà, lui tanto è sicuro di essere il nostro uomo dell’anno. Già, bravo, dopo averlo visto giocare in coppa, alla Tivvù, dove fanno diventare belle persino partite come quella di Avellino, sono capaci tutti di andargli ad offrire un premio ed un contratto. No, belle gioie della valle dell’eco presieduta dall’Angelino che, purtroppo, dovrà convincere il Pea della caduta del suo angelo acciughino verso il regno della banalità dove stanno riposando già molti ex, no, cari ragazzi spazzola di Santa Liberata, noi abbiamo amato questo giocatore dopo averlo sentito parlare, perché è
negli occhi di gente come lui, Stonerook, Sato, che riconosci la vecchia scuola, non certo nelle nuove treccioline dei disperati che girano il mondo senza vederlo e capirlo.
10 A BIELLA, quindi Savio, Atripaldi, Baiesi, Danna per la semina e i buoni raccolti, gli allenatori livornesi che con la bagna cauda hanno scoperto sapori della vita inesplorati persino al Rinco Sur di Carisio dove, ultimamente, è stato servito lo zampetto alla Tony trombato dai presunti amici.
9 A Zapata Mian, non abbiamo mai creduto a Frida Kahlo che lo descrive, il Zapata, come un Attila feroce del Morelos, per la coppa Italia di A2 vinta con i laziali di Veroli, con la squadra del prode Trinchieri, a Caserta non gli diranno mai ingrato perché il calcio lo hanno dato loro come sognano di farlo col Frates nel regno della normalità, con il gruppo dove Antonello Riva pensa al domani che potrebbe anche diventare azzurro. Mian è un tipo che sa cosa è la normalità del basket italiano quando ti prendono di mira. Potrebbe fare lezioni universitarie.
8 A Cesare PANCOTTO che nel momento del trionfo, nell’attimo fuggente della gioia immensa per una partita che farà comunque storia, non badate al contenuto tecnico, ha pensato subito ai tifosi Fortitudo, quelli che poi sono rimasti sulle tribune per il periodo giusto, tutta la notte sarebbe stato poco ?, dopo il successo contro Siena, per domandarsi se non era meglio partire subito puntando su quegli italiani che poi devi anche inseguire col forcone se si montano troppo, ma almeno capiscono cosa gli stai dicendo.
8 A MANCINELLI perché non pensavamo arrivasse a una tale sublimazione della rabbia al servizio delle cose tecniche che riesce a fare. A MALAVENTURA perché negli occhi per quella tripla c’era qualcosa di speciale, di un uomo, di un vero zogador. A CITTADINI quando pensavamo che l’ultima immagine di questo talento inespresso fosse quella a passeggio per le vie del centro accarezzando un cagnolino.
7 A FROSINI e MYERS per l’orgoglio della vecchia guardia in momenti difficili dove, comunque, dovremo chiedere proprio a loro una spinta per avere le risposte che cerca Recalcati pensando alla Nazionale per il più caldo dei mesi di agosto del nostro basket, quando ogni nodo verrà al pettine del Dino Meneghin che non vuole essere santo.
6 Ad ARADORI, sicuri di non aiutarlo, conoscendo il tipo, perché bisogna dire che ha avuto pazienza mentre aspettava che si sciogliesse il nodo mentale dei giocatori convinti di andare in un posto per fare un favore alla società che poi dovrà pagarli, quelli che ti dicono: sì, vengo da voi, ma sapete bene che merito altre platee. Lo dicono quasi tutti gli americani col sogno NBA, lo dicono in troppi. Speriamo che duri.
5 Agli ITALIANI che vivono dall’altra parte dell’Oceano, quindi anche D’Antoni, perché non ne possiamo più di svegliarci con l’incubo dei loro risultati, dei loro punti segnati, dei loro piccoli grandi drammi, soprattutto adesso che le banche americane hanno fatto sapere che 15 franchigie NBA devono rivedere i loro conti e potrebbero pure chiudere.
4 All’ANTONUTTI della Snaidero che non trova più la strada giusta e nel giorno in cui Roma riscopriva il vero Gigli lui è volato via quasi non avesse più nella mente il ricordo della partita di andata che mandò al manicomio la Lottomatica rubando a Repesa l’ultima scintilla: vedendo Roma oggi qualcuno avrà capito?
3 A Nigel OWENS, è gallese in una puntata tutta italiana, ma lo ricordiamo perché questo gigante del rugby che arbitra ad altissimo livello, che è rimasto in mischia dopo aver dichiarato di essere omosessuale, nel basket aspettiamo quasta dolce novità-normalità, in una bella intervista ha spiegato che non ha un senso logico guardare troppo i filmati delle partite con le squadre che andrai ad arbitrare perché rischi di farti una idea preconcetta e di fischiare prima che la colpa sia commessa. Lo diciamo perché in uno dei tanti ed interessanti servizi del nuovo Super Basket, che non puoi più leggere in ascensore fra piano terra e mansarde, abbiamo sentito il gruppo Facchini vantarsi delle ore passate in sala video. Attenti ad avere troppe informazioni datate e a mancare nel momento di cercarne di nuove. Certo se i maestri sono a Sky addio pere, quelli vedono il bello nel brutto, il sublime nell’orrido, il normale nell’incredibile. Vivono nel terrore che manchi il consenso, come tutti, ma c’è un limite alla normale paura.
2 All’Assessore milanese che è andato a stuzzicare Giorgio ARMANI proprio adesso che sta partendo il progetto giovani affidato a Simpatia Poz, il vecchio conte che ha chiuso in Transilvania e a Formentera per darci la gioia di avere davanti il vero trasgressore pentito che sa cosa dire ai ragazzi.
1 A Simone PIANIGIANI, oh, finalmente, un brutto voto anche per lui, non certo per la prima sconfitta in campionato, per la batosta di Mosca, ma per averci detto subito che ora vuol cercare di capire cosa si è rotto nel sacro meccanismo. Doveva comprenderlo quando non mollava mai la presa ed esasperava ogni tipo di sfida, anche quella con certe inutilità del basket nazionale che vanno rispettate, ma non andando oltre l’impegno che il grande corridore mostra in mezzo al gruppo pensando agli ultimi veri chilometri di una maratona. Non se la prenda con tutti quelli che criticano, insinuano. Quelli li devi aspettare alla Fonte Gaia mentre si brinda, dopo le vittorie che contano davvero.
0 A Carlo RECALCATI per averci fatto venire il rimorso dopo la sua urticante uscita nel convegno di Cremona, quella dove chiedeva “ Cosa vogliamo dalla nazionale”. Chissà perché ci siamo sentiti tutti colpevoli, eppure siamo gli stessi di Nantes, Stoccarda, Mosca, Parigi, Barcellona, Svezia, Atene. Il sistema è sempre quello, sono cambiate le regole in tutta Europa dopo la ribellione del belga innominabile, sono cambiati certi rapporti fra giocatori e società, mai fra società e Nazionale, mai fra Società e mondo esterno perché prima di Azzurra il fango in faccia lo hanno preso gli Emiri esagerati, gli aspiranti sindaci esasperati, i proprietari abbandonati, quelli che non facendo bella figura in Europa venivano trattati come nemici della santa sindone. Urgono chiarimenti collettivi.
Oscar Eleni
(per gentile concessione dell’autore)
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