Vuoti a perdere
Regole e sudore
Oscar Eleni 07/10/2013
Oscar Eleni in cammino a Padova nel vuoto delle vigilie portando sottobraccio Le Regole e il sudore, il libro del filosofo ed eccellente cestista Giovanni Boniolo, uno struscio iniziato al sotoportego dei scudetti padovano dove ci portava Vittorio Munari, mediano dell’ovale umanizzato, allenatore sublime prima che divertente opinionista televisivo, per intervistare Campese, genio del rugby nel regno di Memo Geremia, gloria italoaustraliana e del Petrarca, non lontano dal Prato della Valle e dalla “foresteria” cestistica dei tempi d’oro di padre Pretto, il genio per lo sport servito e regalato ai giovani, dei bianconeri del professor Nikolic e di Douglas Moe di Jessi o Bonetto, ma anche del maestro Bonali, distante abbastanza dalle porte Contarine e dalla tomba di Antenore, ma non abbastanza dal caffè Pedrocchi dove potrebbe essere nato il vero amore fra Toio Ferracini, pivot, capitano delle Scarpette Rosse, azzurro, mela della discordia fra Milano e Bologna, Bogos e Porellone, oggi procuratore che parla ai suoi amministrati, ma non li illude che il mondo ricco sia sempre altrove nascosto da siepi del non lavoro, e la sua meravigliosa compagna Cristina quando erano praticamente ragazzi e dovevano sentirsi un po’ ribelli.
Viaggio obbligato per chi cerca divagazioni su sport e filosofia, per chi dovrebbe davvero leggerlo questo prodotto dell’editore Cortina segnalatoci dal lettore delle scoperte piacevoli Bruno Arrigoni che deve sentirsi un po’ solo nella Bologna tormentata dove la Virtus che ha ciostruito con Bechi e Villalta sembra Icaro, decolla e poi sente le ali sciogliersi ancora prima che ci sia davvero caldo, dove il calcio è diventato orrore, sul campo e sulle tribune, dove la fede ha fatto risorgere la Fortitudo che, alla faccia della categoria imposta da chi non capisce, non sa, ha portato oltre 4000 spettatori al PalaDozza finalmente concesso. Arrigoni è anche un tipo che sa scegliere bene i giocatori. La miniera di Cantù ha regalato rubini a tante squadre in Italia ed Europa. Come manager che conosce doveva per forza restare abbagliato dal libro di Boniolo. C’è dentro tutto, o quasi tutto, per capire sport, regole e interpretarne il sudore, anche se il nostro filosofo, come molti giocatori arrivati in alto, ma non così come speravano, ci trova scettici quando sminuisce il valore degli allenatori. Certo che non tutti quelli che hanno un incarico sanno fare il loro mestiere, ma esistono uomini che hanno fatto davvero la fortuna delle signorie dove sono stati ingaggiati. Non tutti Napoleone, non tutti Wellington, non tutti Gattamelata nato a Narni e morto a Padova, ma molti sanno educare, insegnare, costruire.
Lui, Boniolo, parla come ex giocatore passato nel cerchio aeronautico di Vigna di Valle dopo il Petrarca, allenatori buoni e cattivi, bravi ed inutili, e spiega bene le cose come dirigente sportivo che si è trovato davanti allenatorini saputelli e genitori smaniosi, invadenti, spesso ignoranti e incapaci di educare in casa chi poi si rivelerà un villano anche sul campo sportivo. Ne siamo circondati. Lo sanno tutti quelli che lavorano nelle minori, sulla base, ma se vai più in alto trovi la stessa maleducazione fino alla spocchia, all’alterigia che rovina le squadre. Anche lui parla di cellule tumorali da estirpare subito nel gruppo. Ci indica la strada, riflette e scrive un po’ a tutti. Sarebbe un libro di testo essenziale da discutere in tutti i corsi per allenatori, dirigenti. Ma deve piacere a Pianigiani, direbbero i critici del nuovo feudo tecnico.
Una cura salutare nel bagno Boniolo a pochi giorni dall’inizio del campionato che propone l’Emporio Armani come squadra da battere. Lo diciamo da molte stagioni, diciamo dal primo euro speso fino ai fantastilioni del nulla di fatto in questi anni, ma questa volta la casa sembra costruita molto meglio. Meno splendore nell’erba, più grilli sul campo, al posto delle cicale da vetrina un esercito di formiche in rosso o, magari, in blu con numeri dorati per l’Europa che fa storcere il naso a chi non sopportava i colori imposti da Cinzano e Innocenti per l’Olimpia bianca e rossa. Come dice Sandro Gamba, folgorato dal nibbio Banchi, c’è un nuovo sceriffo nella Silverado di re Giorgio. Lavoro, realismo, squadra, aria fresca trovata dopo un viaggio nel passato. Qualcuno, l’invidioso cronico che nella vita ha soltanto fatto il Gargamella, leccato piedi, nega che ci sia un filo capace di legare l’Emporio alle Scarpette Rosse, ma è la solita menata di chi volendo apparire uomo e bravo come i padri se la fa quasi sempre addosso.
Milano numero uno, ma non da sola. Importante che non lo creda mai. Ora vedremo chi la metterà in allarme. Banchi teme ancora la sua Siena. Sa come lavorano e costruiscono anche in povertà. Fa bene a vedere Sassari cresciuta, Venezia allargata, Avellino corroborata. E’ giusto preoccuparsi di Reggio Emilia, di guardare bene al cigno canturino, se davvero questo dovesse essere l’anno dell’addio ai Cremascoli, tenendo presente che Varese ha intorno un vero popolo anche se non tutti gli anni trovi il razzo per andare oltre la solita sfera, considerando Roma una squadra ben allenata e sempre guardata con rispetto da chi muove le cose in questo gioco.
Tristezza padovana sapendo che del Petrarca non c’è quasi più traccia, ma ci siamo consolati sulla strada di ritorno vedendo l’esordio dei Brescia e Capo d’Orlando nel torneo Gold, la vera serie A italiana. Lo hanno visto in tanti grazie alla solita SportItalia che sembra la croce rossa per il basket bistrattato dalla spocchia di chi ha “televisioni più importanti” da gestire. La scoperta del peperoncino Pozzecco in una situazione tecnica disperata, per assenze, falli, fatica, scivoloni sul parquet, nasi pestati, ci ha folgorato. Per Boniolo potrebbe essere un incontro importante. Dovrebbero confrontarsi. Grazie al Poz e al suo coraggio, la scuola è stata buona, sa, anche se poi si sono beccati spesso fino al divorzio indesiderato prima del trionfo azzurro di Parigi, come ragionava il Tanjevic che lanciava i ragazzi Gentile ed Esposito, come aveva fatto con Delibasic a Sarajevo da dove sono usciti fiuori di giocatori e allenatori, e prendeva come straniero il bambino Bodiroga o puntava tutto sull’airone Fucka; di sicuro ricorda come Repesa lavorava su Belinelli e Mancinelli, anche se c’era già confusione nella grande casa delle magica Effe. Lui ha proposto come regista titolare un ragazzo del 1995 e di Tommaso Laquintana sentiremo ancora parlare. Bella cosa questa A italiana dove gli americani sono ancora da piano Marshall per i finali di gara, ma il torneo sembra proprio bello e a Pianigiani regalerà qualcosa di sicuro se cerca ricambi che, comunque, avrebbe già potuto trovare nella under 20 d’oro di Sacripanti se non ci fosse quell’atmosfera che precede le grandi separazioni nella stessa chiesa con il pericolo che uno come Petrucci poi autorizzi anche il rogo pubblico.
Lui, il presidente sindaco, ci ha già pensato urlando a Daniel Hackett che senza Azzurra non sarà mai nessuno. Stimolante per il miglior giocatore delle finali che ha già fatto sapere di considerare questo l’ultimo anno all’università della palla al cesto italiota. Contento lui, che è sicuro di meritare un posto nella NBA, contenti tutti. In estate lo hanno proposto in mille maniere, ma nessuno lo ha chiamato. Colpa del tendine, dirà lui. Forse. Vedremo, intanto buon campionato anche a lui.
Buon campionato anche agli arbitri dopo la visita pastorale di Petrucci e del suo Moro senese Pianigiani, un generale che si sente giustamente già primate della santa chiesa cestistica nazionale anche se il direttore di questo sito lo considera principe delle bolle di sapone, almeno con la nazionale, o così ci è parso di capire, perché negare gli scudetti senesi, parlando del fallimento ed Istanbul appena si è staccato dal padre putativo Minucci, sembra esagerato come capita a chi invidia la grande Olimpia, la super Virtus porelliana e poi di Cazzola, le splendida Treviso dei Benetton e del Giorgio Buzzavo a cui auguriamo di uscire presto dal vortice che provoca un cuore messo spesso alla prova, la Pesaro vera di Scavolini e Puglisi affidata al genio di Bianchini, a quei poveretti che non hanno mai capito quanto hanno dato alla città e al territorio la Cantù dei tanti titoli in Italia ed Europa, la Caserta dei Maggiò e di Sarti, la Fortitudo del sire Seragnoli che aveva fatto una trasfusione vera prendendo il meglio dai tempi di Parisini, Lamberti e del barone Schull. Non parliamo poi di Varese. Esiste qualcosa di più bello da ricordare? La stessa cosa per la Roma di Acciari e Bianchini, ancora lui, non certo quella di Gardini e Sama e sempre con il vate Valerio che spendeva e spandeva. Tutto questo prima che nel nostro cielo arrivasse Siena con il capitano Minucci, balivo e principe, reggente e monarca del sistema.
Pagelle da liofilizzato.
10 A Sandro GAMBA che non sente età, siamo oltre gli 80, e va sempre dove lo porta il cuore: con i suoi azzurri d’oro dell’83, al campetto di via Dezza nerl giorno in cui Armani e Canottieri Milano hanno onorato il maestro Mario Borella, il suo mentore quando ancora doveva curarsi la mano rovinata da un colpo di mitra.
10 Alla famiglia PICCOLO di Caserta, Valerio e Romano, come riconoscimento postumo a chi non è mai riuscito ad aiutare Sergei Belov a restare in questa parte di mondo. La sua storia sul campo è nota. Fu un gigante e ora che la sua luce si è spenta ce ne rendiamo conto. Ma è il resto che ci addolora e Romano ce lo aveva spiegato in mille maniere, ma non sapevamo ascoltare.
9 Alla LNP perché la partenza è stata buonissima. Se riusciranno a trovare fondi e l’accordo con Sport Italia sarebbe vero trionfo. Se ci lavori sulle cose qualcosa ottieni e l’acqua si muove.
8 Al POZZECCO degli abbracci e delle salite ardite nel cuore di una partita. A Capo d’Orlando hanno investito su qualcosa che non trovi in ogni giardino. La Dalia nera del Poz.
7 Alla LEGA che ha scelto come data di partenza del campionato una domenica senza calcio di serie A. Se lo hanno fatto di proposito tanti complimenti, se è soltanto fortuna complimenti lo stesso. Ne hanno bisogno perché mancando le grandi idee almeno c’è la buona sorte a proteggerli.
6 A Gianni CORSOLINI, altro ottantenne d’oro, che proprio domenica 13, a Varese, presenta il suo ultimo libro. Caro Gianni la data ci tiene lontani, ma il cuore è sempre vicino.
5 Alla VENEZIA bausciona e intasata da Navi mostro, per non aver mai pensato alla manutenzione di una perla come il campo dell’Arsenale. Sapere che la Reyer, in esilio al Taliercio, era scappata dall’arena in laguna per un canestro rotto e non aggiustabile ci ha fatto capire tutto, ma per fortuna esistono uomini in oro granata che non si arrendono, cominciando dal presidente pirotecnico che lotta e sa dove vuole andare anche schivando le gondole e le tasse.
4 Al DOPPIO REGOLAMENTO per campionato e coppe europee. Va bene essere ottusi, ma ritardare l’applicazione delle nuove regole, vedremo se è felice la scelta della palla a due comunque, come squittivano i diaconi SKY, è un autocanestro perché la confusione che si creerà nella testa dei giocatori diventerà pericolosa.
3 Al BASILE glorioso che giocherà per Capo d’Orlando e Pozzecco per aver confessato, senza tortura, che il suo caro allenatore è diventato un fanatico della difesa.Doveva tacere. D’altronde proprio lui è nato sotto il Dadone Lombardi che in gloria non fermava neppure una mosca e in vita tecnica era un feroce mescolatore di zone.
2 Alla SPOCCHIA RAI che ha lasciato la Supercoppa a Sport Italia. Buon per noi che ci godiamo una porzione di Peterson e Trigari, ma certo la conferma della cattiveria di chi accettò l’Europeo dopo minacce, facendo di tutto per non valorizzare l’evento, risparmiando sugli inviati anche trasmettendo 3 partite al giorno. Vergogna.
1 Al sommo Mircea LUCESCU, genio del calcio, allenatore sublime, per non aver mai trovato il tempo di intervenire sulla squadra di Armani come ha fatto sull’Inter del suo amatissimo Moratti. Anche re Giorgio è un Jordan (Messi, per dirla alla Lucescu) dei canestri.
0 Al CASO LODI VIRTUS BOLOGNA perché i sostenitori del passato recente dicono che queste cause sono arrivate al nodo adesso per l’assenza del Sabatini che per amicizia aveva fermato gli avvocati della controparte. Peccato non avesse fermato il debito, peccato che nessuno lo abbia detto allora e anche oggi, triste che sia Villata ad andarci di mezzo. Renatone non è mai stato uno splendido di tasca ma in questo lavoro ha la durezza di chi sa di aver preso in mano la patata bollente che tutti rifiutavano. Ora aiutarlo sarebbe il minimo e se paga il pregresso indebolisce la cassa per sistemare una squadra che è ancora troppo debole pèer il fantastico popolo che la sostiene.