La prima scelta è LeBron

27 Giugno 2014 di Stefano Olivari

Il draft NBA 2014 ha riservato poche sorprese, condizionato com’era dal mercato dei grandi free agent a sua volta stracondizionato dalla Decision II di LeBron James, uscito dal contratto con gli Heat e in attesa degli eventi. In linea di massima ogni squadra ha chiamato il meglio possibile, come presente o come potenziale, senza fare troppe congetture. Così il primo draft gestito da Adam Silver al Barclays Center, da noi umilmente seguito in diretta televisiva (del resto già una trasferta a Vimodrone ci manda in rosso il conto), ha dato la primissima scelta ad Andrew Wiggins: talento difficile da inquadrare  ma non certo una sòla alla Anthony Bennett (da notare la fortuna dei Cavs post LeBron: tre prime scelte assolute negli ultimi quattro anni) e certamente compatibile con Irving. Oltre che con il teorico LBJ ritornante al paesello, per creare una squadra esternissima e spettacolare… Più da highlights, comunque di sicuro offensivamente più forte della guardia-ala canadese (ci piace scrivere così ‘vecchio’) da Kansas, è il secondo chiamato Jabari Parker (Duke, per la serie ‘Non c’è più la Duke di una volta’), per rimettere sulla mappa mediatica i Bucks. Dopo quelle dei due figli d’arte (decisamente meglio il padre di Wiggins, Mitchell) logica anche la chiamata dei Sixers, Embiid alla numero tre: centro da 7 piedi scolpito nel marmo, abbastanza grezzo tecnicamente ma non stupido, qualche cattiva referenza a livello di infortuni (letto di ‘nuovo Oden’). Inutile scrivere 60 nomi che sono su ogni sito e parliamo di ciò che sentiamo. Chissà se Alessandro Gentile sarà stato sveglio la notte prima di garasette finale scudetto, di sicuro visto il crollo di credibilità degli ultimi mesi avrebbe firmato per una chiamata verso la fine del secondo giro, che è arrivata alla 53 salvando così la sua autostima: scelto dai T-Wolves, che avevano avuto il diritto dagli Warriors, è stato subito girato agli Houston Rockets dove lavora l’ex dirigente proprio dell’Olimpia Milano Gianluca Pascucci. È solo una curiosità (però è vero che per qualche mese a Milano i due si sono incrociati), che in termini contrattuali significa zero: Gentile ha le stesse probabilità di entrare nella NBA di quante ne abbia un giocatore non scelto. In termini tecnici i discorsi sono i soliti: la stazza fisica del figlio di Nando e fratello di Stefano è già pronta per reggere i contatti NBA, ma il ruolo è a questo livello indefinito e il tiro da fuori davvero inadeguato (proprio come meccanica e velocità di esecuzione, oltre che come percentuali) se vorrà guadagnarsi spazio da comprimario in una squadra che punta in altissimo e che la prossima stagione Howard e Harden vogliono da ‘anello ora o mai più’. Previsione: rimarrà a Milano ancora un paio d’anni, con un un contratto ben superiore ai 300mila netti attuali, ma chissà mai cosa potrà accadere dopo la settima con Siena… Non sappiamo se considerare ‘international’ Embiid, che è camerunense ma viene da Kansas, in ogni caso il primo international vero è l’australiano Dante Exum, chiamato alla 5 dai Jazz: descritto guardia esplosiva, ma in sostanza visto solo a livello giovanile al suo paese e in campo internazionale (Mondiale Under 19, Hoop Summit, eccetera). Fra gli europei il primo scelto è stato il predestinato Dario Saric alla 12 dai Magic (poi il croato è stato girato ai Sixers), noi puntiamo sul centro bosniaco Nurkic chiamato alla 16 dai Bulls. Ma andiamo finalmente a Shabazz Napier, la straordinaria (per leadership, soprattutto) point guard due volte campione NCAA a Connecticut per la quale LeBron James ha speso complimentissimi in più occasioni. Risultato? Scelto alla 24 dagli Hornets, è finito immediatamente agli Heat…  E quindi? I draft del 1984 e del 2003 rimangono lontani, come capacità di cambiare la lega, ma nel 2014 il materiale umano era comunque molto buono e nessuno ha voluto correre rischi con chiamate creative.

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