Pelù ci legge

3 Maggio 2014 di Stefano Olivari

Matteo Renzi è massone? Questa sarebbe la vera domanda giornalistica, dopo lo show di Piero Pelù sul palco del concerto del Primo Maggio, in cui il cantante se l’è presa con la demagogia degli 80 euro in busta paga e con varie altre cose, definendo il presidente del Consiglio ‘Boy scout di Gelli’. Grande dibattito del genere Pelù sì-Pelù no, come se l’anacronistico concerto organizzato dai maggiori sindacati e pratica messo in piedi da lavoratori precari (!) non fosse sempre stato il luogo deputato a sparate di questo tipo, quasi tutte da sinistra. La domanda nella sua ingenuità fa sorridere, non solo chi da anni parla e scrive dell’onnipresenza della massoneria in politica e in economia, come ad esempio il nostro Italo Muti (il nostro trader preferito), temi oggi dati per scontati ma una volta un po’ meno, ma anche chi più modestamente nella vita di tutti i giorni assiste da vicino a carriere inspiegabili, sconosciuti o personaggi grigi catapultati verso l’alto da una mano invisibile: si pensi solo a come vengono di solito scelti direttori e vicedirettori dei giornali (ne stanno per nominare uno davvero incredibile). In politica e a maggior ragione nella politica della Toscana, la regione dove la massoneria è più forte (Firenze è la città italiana con la più alta densità di massoni) anche per motivi storici, la domanda è quasi retorica. Anche chi non è iscritto ad alcuna loggia (e magari Matteo Renzi non è davvero iscritto ad alcuna loggia, non lo sappiamo e probabilmente non lo sa nemmeno l’ex cantante dei Litfiba che con lui ha un fatto personale per via di una marchetta pubblica data ad altri: il solito inutile festival estivo, pare) deve fare i conti con una realtà territoriale in cui quasi ogni carriera può essere ostacolata da massoneria e partito (una volta PCI, adesso dopo i vari lifting post Occhetto PD). Di certo Renzi, da oscuro militante della Margherita diventato presidente della Provincia (in pratica una nomina, visti i rapporti di forza fra i partiti sul territorio) a soli 29 anni e poi sparato su ogni canale televisivo ben prima di diventare un leader nazionale, non è mai stato un eversore del sistema. Noi che abbiamo partecipato ai quiz di Canale Cinque non possiamo esserlo, proprio nel DNA. Sistema che non è basato solo sulla massoneria ma anche su altre conventicole, da Comunione e Liberazione ai sindacati passando per associazioni culturali che sono solo un modo soft di definire il lobbysmo. Niente di democraticamente eletto, ovviamente. Lo stesso Renzi va a parlare con Obama e la Merkel solo in virtù del fatto che un teorico 3,7% degli elettori italiani (cioè il 67,55% dei 2.814.881 milioni di votanti alle primarie contro Cuperlo e Civati), certificato da nessuno (cioè dal PD stesso), gli avrebbe dato il suo voto come segretario del partito. Conclusione? Pelù ci legge.

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