Obbiettivo dopoguerra

5 Agosto 2013 di Stefano Olivari

L’arte della guerra, di Sun Tzu, sarebbe il principale candidato allo scudetto in un ipotetico campionato denominato ‘Il libro più letto da chi non legge libri’ e non solo per la sua brevità (un centinaio di pagine). Con quest’opera scritta circa 400 anni prima di Cristo siamo ben oltre i classici Piccolo Principe o Siddartha che non devono mancare, almeno nelle interviste, sul comodino del medagliato olimpico che si vergogna di giocare alla Playstation. L’arte della guerra è secondo molti suoi estimatori quello che un libro di solito non è: utile. Per noi citazionisti da limoncello/mirto/Braulio, in alternativa a Schopenauer e a Cioran, ma anche per chi è convinto di trovare dentro i tredici pian (capitoli) la ricetta per arrivare al successo in ogni campo della sua attività. Ci sono business school che hanno saccheggiato il Bingfa (titolo originale), scambiando un atteggiamento verso la vita per indicazioni operative volte a fregare il prossimo: insomma, la giusta formazione per il manager che pensa più alle trimestrali che alla sopravvivenza di lungo periodo dell’azienda. Il libro è in realtà molto interessante anche per noi che non conosciamo la cultura cinese, le business school, la letteratura antica e tanto meno il successo. A un primo livello manuale di strategia militare, peraltro con autore dall’identità molto vaga, i singoli capitoli prendono quota quando vengono enunciati principi validi in ogni ambito. Concetti non lasciati cadere casualmente, ma inquadrati in una filosofia ben lontana da quella della sopraffazione. Per il generale Sun Tzu, o chi per lui, in ogni guerra (militare e non) la vittoria conta più di ogni altra cosa: delle singole battaglie, dei mezzi per ottenerla, addirittura delle motivazioni che hanno portato alla guerra stessa. La vittoria è strettamente legata al tempo necessario per ottenerla (il minore possibile), e alla minimizzazione dei rischi e delle perdite. Nessuna esaltazione di virtù guerriere, insomma, ma attenta valutazione di costi e benefici con una stella polare: la miglior vittoria è quella che si ottiene senza nemmeno combattere. Infatti in Sun Tzu c’è tutta una esortazione a pianificare, ad essere prudenti, a lasciare una via di scampo al nemico sconfitto (meglio un nemico in fuga di uno disperato che sceglie di morire con le armi in pugno), ad essere realisti, che non si ritrova nella maggior parte delle guerre del passato e del presente. Non stiamo dicendo che Sun Tzu abbia scritto un pamphlet pacifista, anzi, ma solo che abbia voluto evidenziare l’importanza della strategia generale rispetto alla tattica da fenomeno. Mai perdere di vista gli obbiettivi, che vanno sacrificati il meno possibile sull’altare del quotidiano. E pazienza se la sezione Economia delle librerie è piena di manuali del genere ‘how to’ per gente molle con la grande ambizione di essere cazzuta (cazzuta per fare cosa non si sa). La vera arte della guerra è alla fine quella di evitarla, passando il prima possibile al dopoguerra. Almeno, così abbiamo capito noi senza alcun filtro critico. Magari poi Sun Tzu intendeva davvero che bisogna illudere i collaboratori, umiliare gli avversari, taroccare i bilanci e rubare oggi perché del domani non c’è certezza.

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