Anni Ottanta

O Zico o Austria, l’estate del 1983

Stefano Olivari 06/04/2020

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Zico all’Udinese, ancora facciamo fatica a dirlo. Come dire Neymar oggi al Bologna, per citare una squadra da metà classifica. La più incredibile operazione di mercato nella storia del calcio italiano è il cuore di O Zico o Austria, il libro che Enzo Palladini ha scritto per Edizioni in Contropiede, che comunque abbraccia tutta la carriera di Zico, anche quella da allenatore.

Zico è uno di quei fuoriclasse della storia del calcio, insieme a Maradona e pochissimi altri, ad essere stato davvero amato dai compagni di squadra: un indicatore infallibile di grandezza, al di là dei trofei che ha vinto in grande quantità con il Flamengo ma che con il Brasile ha soltanto sfiorato pur avendo avuto con la Selecão una storia esaltante, attraversando tre Mondiali: la sua media gol, 0,67 a partita, è superiore a quella di Ronaldo e Neymar, nonostante Zico abbia spesso giocato al servizio di punte di ruolo.

Ma tornando al libro di Palladini, uscito da qualche giorno e che abbiamo finito di leggere proprio stanotte, libro che fra l’altro tratta molto bene anche l’infanzia di Zico (per niente povera, dignitosamente piccolo borghese), bisogna dire che inquadra quella pazza estate 1983 in chiave non soltanto calcistica. I friulani si erano infatti ripresi a 7 anni da un terremoto catastrofico: circa mille morti e centomila sfollati, oltre a danni che rapportati ad oggi sarebbero di 20 miliardi di euro e decine di comuni rasi al suolo (ci viene sempre in mente Gemona). Si erano ripresi ed era arrivato il momento di sognare.

Momento che arrivò con un’operazione di ingegneria finanziaria, per usare un eufemismo, messa in piedi da Franco Dal Cin con una serie di intermediari degni dell’Allenatore nel pallone ma anche soldi veri. Il miracolo non fu pagare il trentenne Zico, dandogli un ingaggio (2 miliardi di lire in totale, oltre ai 6 per il cartellino al Flamengo) che in Brasile non aveva visto nell’intera carriera, ma che Zico accettasse di venire in una squadra lontana da grandi obbiettivi, pur essendo dignitosa (Gerolin, Edinho, Virdis, Causio, Mauro) e ben allenata da Enzo Ferrari.

Ma il calcio italiano degli anni Ottanta era questo: il posto dove i grandi campioni volevano e dovevano essere. Peccato che ad un certo punto si mise di traverso il presidente della FIGC Sordillo, per Zico e anche per Cerezo alla Roma: operazioni certo non trasparentissime. Se a Roma le proteste furono abbastanza contenute, a Udine per la prima volta nella storia della Repubblica si parlò apertamente di secessione e i cartelli ‘O Zico o Austria’ dei tifosi scesi in piazza erano ironici fino a un certo punto. Poi dopo interventi populisti di Pertini e di altri politici la vicenda si sgonfiò e Zico potè esaltare Udine per almeno un anno, prima di chiudere in tono minore. O Zico o Austria però è anche molto altro, essendo scritto da un super-esperto di Brasile, senza bisogno di romanzare ciò che è già romanzo e facendosi cullare dai tanti ‘Se’ di una carriera e di una vita. Se nel 1981 Zico, cercato da Rivera, avesse firmato con il Milan… Se nel 1985 Pellegrini, contento di Brady, non avesse rifiutato l’operazione Zico già definita da Dal Cin appena arrivato all’Inter… Se Italia-Brasile 1982 fosse stata arbitrata con il metro di oggi… Finita l’ultima pagina, un dolore improvviso e lancinante: ma come abbiamo fatto quel giorno a tifare contro il Brasile di Zico?

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