Maria e la stella dei Lakers

18 Gennaio 2011 di Dominique Antognoni

di Dominique Antognoni
Livorosi articoli contro la Sharapova, che nonostante il palmares è accusata ancora di guadagnare tanto senza essere una tennista vincente. Peccato invece che abbia vinto tutto, grazie unicamente ai sacrifici che fa da quando ha sei anni…

Non abbiamo vissuto il periodo del patetico attivismo femminista anni Settanta, del resto non si possono avere tutte le sfighe: ci è bastato il comunismo del tutti uguali (tranne i funzionari di partito e i loro amici) nella povertà, sopportare anche donne con metaforici stivali da caserma sarebbe stato troppo. Non buttiamola in politica, comunque, visto che volevamo parlare di tennis. Giorni fa ci è sembrato infatti di tornare a quei tempi bui e militanti leggendo sul Corriere della Sera proprio un articolo sul tennis. Un pezzo livoroso al massimo contro Maria Sharapova: una ragazza che lavora come poche da quando aveva sei anni e si danna l’aniao ogni santo giorno per la supremazia nel suo mondo. Una alla quale non è stato regalato niente, discorso che vale per il 99% degli sportivi di successo (sarà per questo che amiamo lo sport?).



Per farla breve, nell’articolo Maria veniva dipinta come una tipa supponente. Una smorfiosetta presuntuosa che guadagna carrozze di danari senza alcun merito. Mancava solo la frase “Vai a lavorare, troia”, ma il tono era quello. Raramente abbiamo visto un tale insieme di cattiverie gratuite contro un’atleta che all’età in cui l’autrice del pezzo (e la quasi totalità di noi) era alle elementari si spaccava le gambe e la schiena alla scuola di Nick Bollettieri. Ex marine, grande insegnante di serietà professionale prima ancora che di tennis (come si esegue correttamente il rovescio lo sa anche il maestro sotto casa).
Quando si tratta di soldi nessuno ferma la fame di arrivare delle russe, ma questa fino a prova contraria è una qualità e non un difetto. Così come nessuno ferma la cattiveria delle penne alle vongole contro i miliardari belli e famosi. Non si può nemmeno paragonare la voglia di sfondare delle ex sovietiche con la morbidezza della maggior parte delle loro avversarie. In questo le italiane sono un esempio positivo, dalla Schiavone alla Pennetta, per la loro capacità di mettersi in gioco e di fare sacrifici anche in prossimità dei trent’anni. Le italiane tenniste, non le giornaliste.
Le quali pensano che basti inveire contro chi è bella e ricca per portare a casa il risultato (cioé lo stipendio), senza nemmeno badare alle inesattezze scritte. Perché nel livoroso articolo, intitolato ‘Sharapova, la regina del successo senza vittorie’ (pensate, solo tre successi in tornei del Grande Slam, fra cui Wimbledon a 17 anni, più un’infinità di piazzamenti) abbiamo letto come Sharapova (definita ”attempata 23enne”)abbia ricevuto in regalo un anello di diamanti da Sasha Vujacic, definito ”La stella slovena dei Lakers”. Ci scusiamo con l’autrice, ma Sasha gioca nei New Jersey Nets e nei Lakers era poco più che un comprimario.


E’ come dire che Kakà veste ancora la maglia del Milan o che Toni gioca nel Bayern. Se avesse avuto la fame di arrivare e di vincere che caratterizza Maria da quando è nata, probabilmente la dipendente di Via Solferino avrebbe avuto la curiosità di cercare su Google il nuovo club di Sasha. E poi scriviamo contro una sportiva che a 23 anni ha vinto tutto esclusivamente grazie ai propri sforzi.

dominiqueantognoni@yahoo.it
(in esclusiva per Indiscreto)
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