L’unicità di Mourinho

3 Aprile 2009 di Stefano Olivari

Tutti gli allenatori preparano le partite, studiando le caratteristiche degli avversari almeno per sentito dire, ma non ne avevamo mai visto uno che preparasse le conferenze stampa o anche un semplice show televisivo davanti ad un pubblico compiacente. Forse nemmeno Piero Chiambretti ricordava di avere diretto nel 2000 ‘Ogni lasciato è perso’, film che ad alcuni è piaciuto (il tema è quello dell’abbandono, senza il banale lieto fine a dispetto della notevole presenza di Gretha Cavazzoni) ma che al botteghino fu un flop totale per il dispiacere della produttrice Rita Rusic post Cecchi Gori. Ha provveduto a ricordarglielo l’altra sera su Italia Uno José Mourinho, in risposta ad una domanda sulla Champions, con un’aggressività degna di miglior causa. Un Mourinho che ha parzialmente tradito il suo personaggio (dici, giustamente, che il padrone del Milan controlla quasi tutti i media italiani e poi senza avere bisogno di soldi vai a fare intrattenimento su Italia Uno?) e che ha ripetuto slogan e concetti che sono bombe per il soporifero giornalismo sportivo (quello che va a cena con i simpatici Ranieri e Spalletti, mentre Ancelotti tiene più le distanze) ma anche per una seconda serata televisiva spesso assurda, con approfondimenti sulla liposuzione o sulle canzoni d’amore degli ultimi cinquanta anni (davvero, due giorni fa da Vespa). Non è un caso che la ritrita esibizione dell’allenatore interista abbia avuto quasi il 17% di share, contro il circa 13 di Matrix ed il 10 di Porta a Porta. La sua unicità italiana non sta nell’avere quasi vinto lo scudetto (un allenatore all’anno deve vincerlo per forza, è statistica) ma nell’essere diretto in un mondo mediatico che vive solo di relazioni, buoni rapporti e mafie varie. Un atteggiamento che fa incupire un Moratti senza palcoscenico ed i tromboni che non si sentono omaggiati, ma che diverte sia gli spettatori pro che quelli contro.

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