Luis Miguel, la serie: recensione per ragazzi di oggi

14 Luglio 2021 di Stefano Olivari

Luis Miguel è ancora oggi per molti italiani quello sconosciuto quindicenne messicano che nel 1985 fu la rivelazione del Festival di Sanremo condotto da Pippo Baudo e vinto dai Ricchi e Poveri, già da tempo senza Marina Occhiena, con Se m’innamoro. Luis Miguel con la sua Noi, ragazzi di oggi e il suo viso angelico colpì l’immaginazione delle ragazze, ma il suo risultato fu tutt’altro che un miracolo: nato come divo bambino, spinto dal padre-padrone Luis Rey, era da anni uno dei personaggi più popolari di Messico e Sudamerica, e per l’Italia aveva come autori nientemeno che Toto Cutugno e Cristiano Minellono.

Al di là di quel Sanremo, Luis Miguel è diventato il cantante latino di maggior successo nel mondo, senza oltretutto mai bisogno di vendersi con l’inglese o con lo spanglish, fenomeno sia discografico sia dal vivo e capace di attraversare più generi, anche se il bolero di Romance rimane inarrivabile. Ma il vero fascino della sua figura risiede nel fatto di essere stato un divo della canzone come bambino, come ragazzo e come adulto. A questo livello soltanto Michael Jackson è riuscito ad essere al massimo in tutte e tre le fasi della vita. E come il re del pop Luis Miguel ha avuto vicende familiari drammatiche e stra-raccontate dai media: impossibile quindi che tutto questo materiale non venisse trasferito in una serie per Netflix e Telemundo (una delle tivù della galassia Comcast, che fra l’altro possiede anche Sky).

Di Luis Miguel – La Serie abbiamo appena terminato di vedere le prime due stagioni, in attesa della terza ed ultima che deve ancora essere girata, e possiamo già dire che è impossibile staccarsene anche per chi non è fan di Luis Miguel o di almeno uno dei mille generi musicali sudamericani. Pur essendo tratta da interviste a Luis Miguel stesso è tutt’altro che un’agiografia: anzi, il cantante viene raccontato in tutto il suo egocentrismo e in tutta la sua durezza, parzialmente giustificata dall’infanzia da macchina da soldi, manipolata da un padre che come da copione riversava sul figlio maggiore le sue frustrazioni e i suoi fallimenti.

Centrale è il rapporto con la madre, la toscana Marcella Basteri (Anna Favella l’attrice), alla quale si deve il suo soprannome di ‘Sol’. Una madre che aveva cercato di dargli una giovinezza quasi normale, scontrandosi con il padre e ad un certo punto sparendo. Sequestrata, uccisa, scappata? Nessuno lo sa, nonostante per le ricerche sia stato messo in mezzo anche il Mossad. Non vogliamo togliere il piacere della visione di una storia che potremmo definire, vista l’ambientazione messicana, una telenovela. Di altissimo livello, però, sia come narrazione sia come produzione, ed articolata in tante sottostorie: il rapporto con i fratelli, quello filiale con il manager Hugo Lopez, le truffe subite da diversi consulenti, i figli riconosciuti ma non troppo, i dubbi artistici, l’adolescenza perduta, il rapporto con l’eterna fidanzata Erika, le manie da ricco, la sfiducia nel prossimo, i cambi di look (angelo biondo, Agassi rock, crooner bolso, eccetera), l’alcolismo.

Azzeccatissimo è lo schema di portare avanti in alternanza due o tre narrazioni di epoche diverse, mostrando subito le conseguenze nel tempo di ogni gesto e, in direzione contraria, le motivazioni di un certo comportamento di Luis Miguel. Non si perde mai il filo, anche se la serie non è doppiata in italiano, ma di sicuro si perde il conto dei ‘coño’ e dei ‘cabron’ che il protagonista (interpretato da Diego Boneta, nella sua versione adulta) pronuncia. Una grande storia di musica e di vita, quindi di profonda gioia e tristezza insieme.

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