Basket
Lo schiaffo di Banchi
di Oscar Eleni
Pubblicato il 2013-02-11
Oscar Eleni stroncato dall’influenza sotto la cupola della Gotham Hall di New York, dove la moda lancia in passerella tessuti intelligenti e colori leggeri, il grigio e il verde Siena alba dell’anno da affrontare col saio e la forza delle idee, del lavoro. Benissimo per chi è fuggito dalla tribuna stampa lager del Forum di Assago, mezzo campo invisibile per chi deve lavorare avendo nell’orecchio l’urlo lacerante dei capi in tipografia: chiuuuudeeereeee! Se le partite si fossero decise sul lato cieco per noi un viaggio nel nulla. Bastavano dei monitor. Ma questa Lega neppure ci pensa e, naturalmente, dirà che l’organizzazione è tutta RCS. Se anche fosse non volete dargli una mano. Sarà per questo che forse arriverà il divorzio e dopo saremo al punto del volevo, ma non potevo.
Il grigio della coppa Italia è tutto Emporio Armani e anche un po’ Foxtown Cantù che si è trovata addosso, come grandine, la furia della presidentessa che non ha certo fatto sconti al blablabla da spogliatoio dei suoi capi bastone. All’Armani ex Olimpia, adesso scarpe e calzettine nere, non c’erano le famose scarpe rosse pubblicizzate come se la società avesse trovato l’oro nel Klondike e il filtro per convertire soldatini di ventura in leoni legati alla causa e al regno di re Giorgio, hanno passasto la nottata in vacanza. Riposo di due giorni. Bastavano ed avanzavano i berci dei ruffiani del borgo per consolare gli strateghi del campo e degli uffici, un grufolare noioso in attesa di poter dire che a Siena erano tornati su questa terra da quando la Finanza e chi finanzia hanno fatto invasione di campo.
Si sono sbagliati. Guai a dirglielo, però. Chiedete in giro come trattano chi osa criticarli. Adesso sono alla terza visione gaudiosa della stagione: fuori in Eurolega, ma state calmi vedrete in coppa Italia. Eliminati dal trofeo nazionale al primo turno, ehi abbiamo perso contro i primi in classifica. Come? Quelli spendono un quinto rispetto a noi, ma no è tutto fumo, noi abbiamo fatto la ristrutturazione interna e ci abbiamo pure guadagnato. Va beh. Contenti loro di queste favole da san Perdino adesso ci dicono che sarà la primavera e il play off a chiarire tutto, nella speranza che in Grecia qualcuno voglia riprendersi Fotsis per lasciare spazio ad un nuovo asso nel tiro da fuori, uno che non si chieda mai quando e come arriverà la palla tanto desiderata. Certo la corsa della scudetto sarà meno difficile perché se tu hai 12 giocatori, se hai tutti i mezzi, prima o poi ritrovi per strada i Dorando che ti stanno davanti. Avete visto Varese come ha sofferto tre partite in quattro giorni? Per Siena ci penserà il tempo.
Loro sono straordinari, quel Banchi e quel Crespi, insieme a Magro, sono ufficiali che sanno camminare fra le truppe, ognuno il suo ruolo, senza esagerare, ma alla fine della corsa, anche se, per caso dovessero prendere un giocatore nuovo, avranno giocatop almeno venti partite vere in più delle loro avversarie e questo costa se devi viaggiare tanto e non hai tempo per far diventare giocatori della squadra campione molti dei nuovi che sono arrivati, per ridare un senso alla carriera di Benjamin Eze che, perlomeno, nella finale di coppa, sembrava tornato il ragazzo su cui potevi ancora incidere perché ascoltava e non sapeva che si poteva guadagnare tanto senza fare fatica come gli ha spiegato l’anno scorso Milano.
Anche Roma non ha una panchina troppo lunga, pur avendo scoperto che questo Jones non è poi così male come ulula la solita critica distruttiva, mentre Sassari, si sapeva, quando ha dovuto affrontare due partite di seguito si è trovata con le bombole vuote. Venezia ha tutto per essere fra le prime otto, ma per arrivare addosso a Reggio Emilia e Brindisi dovrà dimenticare il peccato che rende ciechi, cioè compiacersi troppo di se stessa in rimonta. Pagelle e incenso, oltre all’aspirina.
10 A PIANIGIANI, Fenerbahce Istanbul, e BANCHI, Monte Mens Sana per essere arrivati insieme, ma separati, sul podio di una coppa nazionale. Il nuovo allenatore di Siena, poi, ha dato uno schiaffetto al Simone (ha diretto dall’ospedale, mentre Dalmonte era in panchina) che ama sentire telefoni occupati quando si chiede chi è il migliore, chi ha portato la Mens Sana ai record, presentandosi in sala stampa con Marco Crespi e Alessandro Magro, gli assistenti, gli uomini della squadra invisibile in una stagione che sarà un tormento, ma che anche adesso, con il probabile passaggio al terzo turno eurolega e questa coppa si può considerare straordinaria anche se chi odia il Minucci, in contrada e fuori, continuerà la sua guerra.
9 A Daniel HACKETT che non ci aveva mai convinto del tutto quando vagava per le foreste convinto che la NBA si era davvero sbagliata a non prenderlo in considerazione. Nelle interviste dopo il trionfo a Milano, MVP meritatissimo, siamo rimasti sbalorditi. No NBA? Perché non valgo. Tiro da tre decisivo. Non è la mia forza, ma con gli allenatori ci lavoro ogni giorno copiando Brown. Questo è un capogiocatore in cui credere.
8 A Frank VITUCCI per come ha vissuto il suo viaggio nell’isola che non c’era più per Varese da oltre 14 anni, nel regno del trofeo che mancava da 40, dai tempi del grande slam del professor Nikolic, coppa Italia, campioni, scudetto, intercontinentale. Ora vada in laguna a passegiare studiando cosa serve per togliere ad una squadra così nuova la pura del buio. Stesso voto al CALVANI che governa bene la sua vera Roma.
7 A Gilberto BENETTON che si è presentato sul palco di SportItalia per ricevere coppa e coccarda spettanti a chi entra nella Casa della Gloria del nostro basket, casa inesistente di fatto, ma idealmente costruita un po’ da tutti noi, aspettando che Petrucci chiami Buffa per farne almeno una nastroteca di qualità. Era tanto che non si vedeva al basket, un piacere grande anche se ha detto che lui non è mai uscito perché con Buzzavo e la Verde Sport resterà attaccato al basket e al sociale, pur ammettendo che è più il rugby ad attirare bambini della sua amata palla al cesto.
6 A BIANCHINI e PETERSON che sullo stesso palco della nostra Hall of Fame hanno illuminato il cielo, perché intelligenza, furbizia, cultura non le prendi in drogheria. Il Nano era davvero emozionato, il Vate era in grande forma per far capire a Petrucci e alla vecchia corte che si è rivista al suo fianco, anche chi aveva giurato di restare fuori per sempre dopo le idi per stendere il Maifredi, che non è un tipo da mandare a parlare con i ragazzini, ma da sfruttare davvero, come il suo rivale, per migliorare il mondo basket senza idee e senza voglia di sorridere, come direbbe lo Zanatta sempre alla ricerca dello scherzo che gli costerà la vita, oltre al cuore.
5 Al CIRCOLO DEGLI INVIDIOSI che ora sta cercando un motivo per spiegare la vittoria di Siena. Siamo nello stesso clima dei tempi in cui, dopo il caso Lorbek, si faceva la gara per distruggere il regno di Camelot dei Benetton. Anche Siena soffiava su quel fuoco dove bruciarono in pochi, forse solo il fornaretto bolognese Cirelli che amava il suo mondo e ci manca, ma che in sostanza portò al potere la parte della famiglia che non era davvero eccitata di sprecare un tallero per professionisti magari uguali a quelli che adesso fanno avvilire Milano. Non distruggiamo tutto. Aiutiamo chi è in difficoltà. Teniamocelo stretto il Minucci mensanino (solo quello, chiaro), il Benetton da riconquistare, l’Armani da non deludere con le trovate dei ganassa e delle scimmie nasute che fanno volare sempre gli stessi areei su bambin incolpevoli.
4 Alla RCS che ha dato il massimo delle energie nell’organizzazione della coppa Italia a Milano, se ci fa venire il dubbio che potrebbe anche non continuare valutando quello che riceve, come idee, impegno, da una Lega che nasconde il meglio, curioso e un po’ patetico il Renzi che reagisce, su input celeste, un giorno dopo alle dure accuse del Petrucci che non ne può più di mezze calzette, che tiene a casa chi sa capire le cifre, sa organizzare, sa stare con la gente per avere avuto maestri che non chiedevano di imparare soltanto l’arte del cortigiano. Facciano finta di essere soli, lo sono, e poi mettano in chiaro tutto. Vogliono ripetere l’esperimento Milano, nella speranza che l’Olimpia trovi il bacio per trasformarla da rana in principessa? Lo facciano, ma la città da coinvolgere adesso è soltanto Bologna perché quello è un castello da non cedere, pazienza se guelfi e ghibellini si fanno ancora la guerra in povertà, se in uno stesso partito, quello fortitudino, abbiamo gente che viene a sventolare bandiere con la Effe al Forum mentre la squadra che tenta almeno di risalire gioca in piazza Azzarita.
3 A MELLI, Ale GENTILE, il POLONARA di gara due e tre, perché ci aspettavamo di trovarli leoni e non pecore nella sfida, soprattutto i due armanini. Prima di sentirsi arrivati, di cinguettare con le curve, di assalire i fortini da soli, sarà meglio rivedere un po’ tutto e farsi mandare la copia dell’intervista a Daniel Hackett dopo aver alzato il trofeo e il premio come MVP. Lo diremmo anche all’Aradori che ci ha deluso tanto per atteggiamento, nella speranza che, come Mancinelli, abbia riifutato di fare il digei in discoteca. Meglio nascondersi e pensare e al capitano della nazionale, tornato dopo tanta disoccupazione, vorremmo ricordare che nello sport si può improvvisare una, due volte, ma poi è soltanto il lavoro a pagare e se hai chili in più e torni in difesa un giro dopo allora si capisce perché c’è chi ti bersaglia anche sapendo che fu Milano a licenziare non il giocatore a scappare. Poi basta con questa storia della fedeltà a certe squadre nemiche di altre. Si vede come vanno a finire certe storie.
2 Al FACCHINI e al TEOFILI non certo per il loro grande impegno dentro il serpentario degli arbitri, ma per il compiacimento verso certi arbitraggi della coppa Italia che non sono apparsi davvero esemplari e sapevano ugualmente di rancido come direbbe Scarioluccio da Malaga. Dire che ci si poteva accontentare del Sahin per due partite è un non senso. A noi sembra bravo, loro ne scoprono difetti. Pazienza, ma anche la finale non ci sembra che sia andata benissimo pur nell’anomalia di una partita iniziata 18-0.
1 Alle TRIBUNE STAMPA dove si accreditano, per il basket, un numero esagerato di persone che neppure in coppa campioni, ai tavolacci sistemati dietro ai canestri dove vedi solo una metà del campo. Voi dite che non va bene neppure il sistema Sabatini che a Bologna teneva a chilometri. Vero. Ma la sostanza è semplice: la stampa scritta serve o non serve? Se sì, fatela lavorare e vedere, se no, inutile stare a perdere tempo con quei prontuari di accredito che se dimentichi una password sei rovinato. Quando si può parliamoci. Non è mai un male.
0 A STRAMACCIONI e SCARIOLO, allenatore dell’Inter il primo, grande interista il secondo, perché sembra abbiano succhiato il latte dalla stessa balia, forse ai tempi bolognesi, quando Strama sperava di essere un gran calciatore e Don Sergio non sapeva ancora che avrebbe vinto tanto, ma all’estero: quando vincono contro una squadra della bassa classifica ti guardano con occhi di brace e dicono: Visto, ci davate per morti, criticavate e adesso eccovi qui il 3-1 al Chievo, i 100 punti con Avellino. Rimpiangiamo i giorni in cui scrivevamo di atletica: se uno che vale 10 netti batte un altro da 10 e 2 non ti dice che quesi due metri sono la prova della sua straordinaria forza, sono la normalità. L’Inter sogna la Champions e quello è il gol: se ci arriva sentiremo Stramaccioni. L’Emporio Armani vorrebbe a Milano lo scudetto che manca dal 1996. Se ci riuscirà saremo in ginocchio, mai sui ceci, però sia chiaro ai cortigiani, davanti al Proli che sembra sempre il sindaco di Chocolat quando cerca di convincere il previtocciolo a fare un discorso adeguato per la Pasqua. Quello, però, la cioccolata l’ha mangiata e si è pure pentito.
Oscar Eleni, lunedì 11 febbraio 2013