Le prime luci di un paese lontano

14 Dicembre 2006 di Stefano Micolitti

Archiviata la first half di quell’epoca memorabile se ne apre una seconda dove gli stranieri del nostro campionato prima raddoppiano, grazie alla creazione della A2 nel 1974-75, e poi quadruplicano in quanto, dopo l’esperimento fallimentare degli oriundi nel 1976, si decide di permettere il tesseramento di due stranieri per squadra dalla stagione 1977-78. Tra i protagonisti alcuni sono gli stessi che abbiamo già incontrato, ma tra i nuovi c’è veramente di tutto e di più. It’s showtime nel campionato italiano!!! Per la prima volta iniziano ad arrivare anche giocatori di discreto lignaggio, personaggi con un passato professionistico di un certo spessore. Il primo tra questi è JIM MC DANIELS, centro della Snaidero Udine, talento straordinario e, come molti altri, non completamente espresso. Il grande Jim aveva alle spalle una grande annata ABA a Carolina da 27 punti e 14 rimbalzi a partita ed altre tre molto ben remunerate, ma non altrettanto convincenti, a Seattle nella brown ball league. Guardando McDaniels avevi la netta impressione di trovarti di fronte a qualcosa di nuovo, di mai visto prima, una prima luce che arrivava da un pianeta lontano. Il suo look molto cool, col pizzetto ben curato, il suo incedere regale lo rendevano già diverso dagli altri. E poi in campo: tecnica straordinaria, se ne aveva voglia non ce n’era per nessuno, semigancio destro con frustata perfetta, tiro morbidissimo dalla media, schiaccioni, stoppate, assist con palla tenuta in mano come un arancia, senza però sporcarsi mai più di tanto, e poi la divisa arancione della Snaidero mi piaceva un sacco. Altro grande personaggio fu TOM MC MILLEN, ala-centro della Virtus Bologna con due gambe a X da far paura ma tanto tanto talento. Giocatore pulitissimo, con tecnica cristallina ed intelligenza fuori dal comune arrivò in Italia dopo aver studiato ad Oxford. Molte le analogie con Bill Bradley: Oxford, Italia, lunga carriera NBA, carriera politica. Micidiale jumper mancino dalla media e gancio immarcabile (chissà perché oggi il gancio non lo fa più nessuno !?…misteri insondabili). Lentissimo e dai movimenti non esattamente fluidi (a volte ridicolo assai…) ovviava con una mano di velluto e con un cervello che gli permetteva di essere sempre due azioni avanti agli altri, quando in giornata. Dopo diversi minuti di stretching, saltava la Gazzetta edizione di ferragosto, altrimenti giocava in punta di piedi. Rimbalzista mediocre ma grande passatore, giocò 11 stagioni nell’NBA e curiosamente non arrivò mai in doppia cifra come media di punti segnati pur arrivandoci vicinissimo 2 volte: nel 77-78 9,9 a 4 soli punti dai 10 di media (676 in 68 partite) e nelll’81-82 ancora 9,9 a 7 punti dalla doppia cifra (723 in 73 partite). Come se non bastasse ebbe una stagione con 9,2 di media ed altre di 8,9, 8,7, 8,5 consistent. Milano sponda Olimpia continua invece a prediligere personaggi di profilo medio-basso ma di grande affidabilità. Ed ecco fare il suo ingresso KIM HUGHES, centro mancino in azzurro Innocenti, gran rimbalzista, difensore e stoppatore. Duro e spigoloso nonostante un fisico inesistente: 24 punti e 23 rimbalzi a partita (!!???!!!) nel primo anno in Italia…possibile?…la fonte è lo yearbook dei Nets del 1975-76…Come McMillen, non scendeva mai in campo senza ginocchiere: oggi non le mette più nessuno, e parlo di quelle o imbottite o di tessuto stretch che non servivano un accidente ma davano tanta sicurezza. Lo so perché le ho usate per anni (gialle, imbottite scimmiottando Slick Watts, play rasato dei Sonics) e quando non le indossavo avevo la netta sensazione che mi cedesse il ginocchio. Una coperta di Linus insomma…certo che con le calze lunghe stavano benissimo, oggi con calza corta e mutandone alle ginocchia non si sposano molto bene, sarà anche per questo che la moda è tramontata; tornando a Kim ricordo che non si tirava di certo indietro quando c’erano da usare i gomiti, ma tecnicamente era piuttosto scarso. Ogni tanto metteva un jumper nonostante la tecnica non perfetta. Buon gancetto, mano di legno dalla lunetta, lasciò Milano per andare a giocare in maglia Nets con Doctor J, tra l’altro con ottime medie, 8 punti e 10 rimbalzi a partita col 53 % dal campo…mi rimangono le sue immagini su cassetta nella 2nd half di gara 1 delle finali ABA del ’76 a duellare con Marvin Webster. In gara 6 invece lo si vede in panca in borghese per un infortunio alla caviglia patito in gara 5, Doc e Williamson stroncano i Nuggets e c’è un anello anche per lui. Tra gli highlights della sua carriera ABA, una vittoria in exhibition contro i Knicks con 18 punti, 14 rimbalzi e 4 stoppate. Altro stranger targato Via Caltanisetta è MIKE SYLVESTER, reclutato per le partite di coppa, guardia-ala partita in sordina e poi affermatosi come giocatore culto. Crossover micidiale e tiro in sospensione che partiva da dietro la testa, tipo Jamaal Wilkes ma molto più marcato. Tecnica che utilizzano istintivamente i bambini al loro primo approccio col canestro a 3.05: come facesse a segnare rimane un mistero. Michelino divenne poi italiano e giocò anche in nazionale, purtroppo a fine carriera. A Roma invece approda DAVE SORENSON, ala della IBP. Tiratore micidiale, tipico faccione americano con 58 denti e mascella pronunciata, sempre pettinatissimo, i suoi capelli con riga da parte sembravano di plastica tipo quelli del Big Jim. Jumper stilisticamente perfetto, infilava un trentello dietro l’altro. Giocatore anni 60, molto tecnico e sufficientemente veloce per i suoi 2 metri: un altro a cui, se era in giornata, potevi solo sparare. Veniva da tre stagioni NBA, una delle quali con 11 punti di media nell’anno expansion di Cleveland (15-67), con un roster da paura.

Stefano Micolitti
smicoli@tin.it

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