Le donne di Barbero

21 Ottobre 2021 di Indiscreto

Le donne hanno, nella media, meno successo degli uomini anche per loro caratteristiche strutturali? Potremmo scrivere riga per riga già adesso l’editoriale di domani del giornalista collettivo dopo le dichiarazioni di Alessandro Barbero, secondo il quale, copiamo da quell’Ansa per la quale abbiamo orgogliosamente lavorato, “Vale la pena di chiedersi se non ci siano differenze strutturali fra uomo e donna che rendono a quest’ultima più difficile avere successo in certi campi. È possibile che in media, le donne manchino di quella aggressività, spavalderia e sicurezza di sé che aiutano ad affermarsi?”.

A rendere da popcorn la discussione c’è anche il fatto che il professor Barbero non è solo un personaggio noto al pubblico televisivo, nelle trasmissioni di storia condotte da Paolo Mieli su Rai Tre, ma fino a poche settimane fa era considerato uno dei più noti storici di sinistra e lui stesso  non ha mai avuto problemi nel dichiararsi comunista, fra l’altro intervenendo in dibattiti sempre interessanti sull’equiparazione di dittature con crimini uguali ma impianti ideologici di partenza diversi: per lui, sintetizziamo con l’accetta, Stalin è meglio di Hitler e forse anche di Mussolini.

Ma tornando alle donne, davvero ci sono differenze strutturali che unite all’educazione, all’ambiente culturale ad altri fattori, danno loro un handicap di partenza? Se l’unità di misura è la carriera, ovviamente, assunto di partenza già discutibile. Pensiamo che soltanto gli schiavi del politicamente corretto possano affermare che le donne abbiano una psicologia di base uguale a quella degli uomini e che ancora nel 2021 esistano lavori adatti ad entrambi i sessi ed altri in cui uno dei due ha, in media, possibilità superiori. È una cosa che ad esempio, in favore delle donne, pensavamo anche he quando ai nostri tempi i medici erano tutti uomini.

Ovviamente non volevamo sdottorare sulle donne mentre stiamo scommettendo sull’Europa League, ma sottolineare come poche frasi (Barbero ha al suo attivo anche quelle sul rifiuto del green pass all’università) siano sufficienti a trasformare intellettuali organici in nemici del popolo, con una velocità che nemmeno nella Cina di Mao.

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