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Bagaglio a mano

La pazienza della Svizzera

Paolo Sacchi 04/01/2013

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Salta la panchina? Non passa settimana che in Italia non ci sia almeno un allenatore a rischio esonero. Nella patria dei sessanta milioni di c.t. ormai sembra quasi bizzarro non ricorrere a questo possibile rimedio a fronte di risultati ritenuti non soddisfacenti. Così funziona: già dopo un paio di due sconfitte consecutive o un inatteso pareggio in casa ad alcuni dirigenti sembra inizino a prudere le mani. Per firmare la lettera di licenziamento del mister, magari ingaggiato il mese prima sulla base di grande ‘progetto tecnico’, bastano una penna e un foglio. Ringraziando per il lavoro svolto, sperano nella svolta. Che magari non arriverà, perché volenti o nolenti, come impongono i regolamenti, alla fine qualcuno inevitabilmente non vincerà lo scudetto o finirà per retrocedere.

Finora quest’anno in Serie A sono saltate sette panchine. In B invece ‘solo’ cinque, con un andata-e-ritorno alla Pro Vercelli. In compenso il Grosseto di allenatori ha avvicendati quattro in tre mesi: visti i risultati, più che alla ricerca di una ‘scossa’, perdonate la battuta, sembra piuttosto serva un massaggio cardiaco. E qui si potrebbe partire con i confronti con l’estero, con Wenger, Ferguson, Guy Roux, Redknapp e via discorrendo. Nossignori. Pensare che i nostri club vivano in perenne ansia da prestazione in un mondo di compassati virtuosi è fuorviante. Basta scollinare il valico di Brogeda per scoprire che la pazienza, almeno nel calcio, non è sicuramente una qualità particolarmente diffusa nemmeno in Svizzera. I numeri parlano chiaro: al giro di boa dell’attuale stagione nella Super League si contano già nove cambi di panchina suddivisi su sei club.

Il massimo campionato elvetico è formato da dieci squadre: va da sé che la percentuale d’incidenza degli esoneri sia clamorosa, anche rispetto alla nostra ‘nevrotica’ Serie A. Perché dunque si cambia tecnico con questa frequenza? Obiettivamente sembra impossibile che in un campionato equilibrato e tecnicamente non da sottovalutare come quello svizzero così tante scelte estive possano essere state ‘sbagliate’. Quindi per frenesia, in alcuni casi. Memoria corta, in altri. Se a decidere di cambiare guida è il Servette, ultimo e in odore di retrocessione – peraltro dopo aver rischiato la liquidazione nella stagione passata – ci può stare, ma a Basilea forse meno. Solo pochi mesi fa Heiko Vogel portava i rossoblù ai quarti di Champions League facendo fuori il Manchester United e conquistava lo scudetto. Quest’anno, con i renani secondi in campionato e ‘retrocessi’ Europa League, è finito a spasso. A Sion è capitato persino peggio a chi ha dovuto raccogliere l’eredità lasciata da Vladimir Petković. E anche se a Milanello non è sempre stato tutto rose e fiori, Gennaro Gattuso probabilmente non avrebbe mai immaginato di trovarsi di fronte a quattro allenatori diversi in una stagione in cui paradossalmente i risultati sul campo vedono la squadra romanda nelle posizioni di vertice fin dall’avvio. La prima settimana di gennaio è stata anche la prima di lavoro per Urs Fischer alla guida del ‘piccolo’ Thun, già sorpresa europea alcuni anni or sono, peraltro virtualmente salvo con sei punti di margine.

Zamparini e i suoi colleghi ‘mangia- allenatori’ sembrano dunque trovare alleati proprio dove meno uno se lo aspetterebbe. Inclusa la parte più ‘italiana’ del territorio elvetico. Se quest’anno a Lugano ci si è limitati a un cambio in corsa, a Bellinzona la vicenda merita un approfondimento. Il presidente Giulini, peraltro apprezzato e impegnato in lodevoli iniziative socio-culturali oltre che sportive, promotore della costruzione di un moderno impianto sportivo che – se supererà un referendum popolare – vedrà a breve l’inizio dei lavori, sulla guida tecnica quest’anno ha avuto più di un ripensamento. Chiuso il rapporto con Martin Andermatt nel maggio scorso con lo sfumare delle possibilità di promozione in Super League, con il DS Bifulco a giugno aveva ingaggiato Raimondo Ponte, reduce da un’eccellente stagione a Chiasso. La luna di miele dell’ex ala del Forest con i granata in realtà è durata pochissimo. Già ad agosto Ponte (che per la cronaca ora è al Lugano) è saltato con la successiva promozione del vice, Antonio Tavares. Poi è stato il turno di Francesco Gabriele: l’italiano ha riportato l’ACB a contatto con la vetta ma nemmeno lui ha fatto in tempo a mangiare il panettone. A inizio dicembre Giulini ha fatto piazza pulita. Via il tecnico e via il DS, non molto amato dai tifosi ne soprattutto dai giocatori. Da gennaio si ripartirà con Andermatt, nel frattempo ritornato in Ticino a riprendere il lavoro in pratica dal punto in cui lo aveva lasciato poco più di sei mesi fa. Precisione svizzera, verrebbe da dire.

Paolo Sacchi, da Lugano

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