La lapide di Samsun

27 Giugno 2011 di Oscar Eleni

di Oscar Eleni
Il primo errore arbitrale, il fosforo di Cook,  il ristorante di Meneghin, la palude della wild card, la Virtus a piazza Azzarita, lo spazio per Gentile, le maglie poco azzurre, il farmaco di Bouroussis, la retrocessione di Martolini e la favola di Crosariol.

Oscar Eleni dalla Fortezza valdostana di Bard, uno sperone roccioso dove trovi il museo delle Alpi, una struttura con 328 finestre da dove buttarsi, una meraviglia espugnata dai soldati di Napoleone che concessero l’onore delle armi ai difensori sopraffatti dalla forze di riserva del grande condottiero. La Fortezza per sentire l’ottantatreenne Burt Bacharach, artista immenso nato a Kansas City, nel Missouri, per dimenticarsi tutto il resto, per non scrivere di basket, ma Lorenzo Sani è riuscito a coinvolgerci, prima raccontandoci una storia curiosa decifrata sulla lapide di Samsun, poi parlandoci del dottor Mario Coloretti, medico condotto, scrittore di gialli bellissimi come Dietro la luce, Delitti di maggio, Le memorie del sangue, premio Tedeschi, un compagno di scuola in coma farmacologico, padre di Guglielmo uno dei migliori della generazione 1997, giocatore della squadra di Reggio Emilia convocato per una selezione interregionale, primo grado per entrare nel mondo dei canestri che conta. Sulla lapide di Samsun è stato scoperto il primo vero errore arbitrale: 1800 anni fa nell’arena di Amiso, sul mar Nero, l’attuale Turchia, Diodoro perse l’incontro e la vita contro Demetrio salvato da un errore del giudice. Non c’era l’instant replay, non c’era giustizia, valeva la parola dell’arbitro e molti capiranno che ancora oggi funziona così nello sport.
Non volevamo metterci al computer per raccontare un basket dormiente, ma Sani sa coinvolgerti, come avrete capito leggendo la sua bellissima storia sul Sabatini virtussino per il giornale delle Vu nere, per cui siamo caduti nella rete e abbiamo pescato qualche appunto che ci aiuta a capire meglio l’ingaggio di Omar-Sharif Cook, nato il 28 gennaio 1982 a Brooklin, naturalizzato del Montenegro, 185 per 86 chili, regista con 22 partite NBA alle spalle, 17 a Portland e 5 a Toronto, campione del Belgio con Mons, passato da Samara, Strasburgo, Stella Rossa, Malaga e Valencia come ben ricordano i tifosi milanesi. Nella rivoluzione di Scariolo si parte, giustamente, dall’uomo con il fosforo per cambiare faccia ad una squadra che lo stesso don Sergio ha descritto bene senza prendersi gli insulti che resero infernale la vita di Werther Pedrazzi quando sul Corsera scrisse la stessa cosa: giocatori pagati tanto, ma non all’altezza del vero basket europeo. Scariolo ha detto la verità. C’è chi può e chi non può. Lui, adesso, per fortuna, può farlo. Aspettando altre decisioni rapide che possano dare al nuovo assistente Fabrizio Frates, nato sulla sponda opposta all’Olimpia, la vendetta della Milano orogogliosamente stracciona come ci ricorda il libro del direttore di Indiscreto e di Giorgio Specchia, una squadra da allenare mentre il capo allenatore sarà impegnato nell’europeo alla guida della Spagna, vediamo cosa succede in basketlandia.
Non vediamo l’ora di mangiare a Les Clipes, il ristorante varesino aperto da Andrea Meneghin che senza problemi, non solo fisici, avrebbe potuto essere il migliore di sempre.
Siamo curiosi di vedere come Lega e Federazione usciranno dalla palude wild card che ammorberà l’estate del sistema dove tutti urlano di volersene andare, ma dove in troppi, senza mezzi per il professionismo, fanno di tutto per restare.
Curiosità sul pasticciaccio brutto di Bologna dove, è appena logico sostenenerlo, sul campo di piazza Azzarita deve poter giocare anche la Virtus, meglio se alternandosi con la Fortitudo. Ne abbiamo bisogno tutti e basket city deve vivere, litigare, ma prosperare.
Intrigante la situazione di Treviso e Milano fa bene a chiedere Alessandro Gentile, ma poi deve garantire a lui, come a Melli, lo spazio per crescere e giocare davvero. Niente fumo sui pochi talenti che abbiamo.
Allarme azzurro prima di conoscere i convocati perché non deve più capitare che una selezione azzurra vada in campo con le maglie di allenamento per aver dimenticato a casa quelle da gara come è accaduto alla under 18.
Cosa dire del pivot greco Bouroussis, Olympiakos, che al telefono si lascia scappare una frase compromettente che spiega tante cose: “Ho finito il farmaco”? ULEB e FIBA se ci siete battete più di un colpo nella ricerca dei dottor Mabuse che trafficano in ogni sport. Non basta vendicarsi con i giornalisti scomodi.
Strana davvero la guerra intestina dei nostri arbitri dove si scopre che il giovane Martolini, figlio di un grande direttore di gara e di un politico raffinato, dopo essere stato promosso internazionale adesso viene retrocesso in A2. Qualcuno sta vigilando su questo settore così delicato e così legato alla lapide di Samsun?
Chiusura riservata al Crosariol che fa sapere alla distratta stampa della capitale di sentirsi offeso per le critiche di Boscia Tanjevic, un grandissimo che non trema certo davanti a certer accuse, perché sostiene di averlo visto una sola volta. Il caso è semplice: quello che sa fare il giocatore lo abbiamo visto e lo hanno valutato in tanti durante una carriera dove il pivottone rappresenta bene la favola dove chi ha i denti non ha il pane e viceversa. Quello che ha fatto Boscia nella sua vita dedicata agli altri è negli annali di questo sport, da Sarajevo a Caserta, da Trieste a Milano, alle città dove ha vinto i titoli, alle nazionali che ha guidato al successo. Tanjevic sta anche combattento una battaglia personale difficile, ma non è questo che ci irrita nelle parole al vento del Crosariol, disturba invece vedere l’utilizzazione del coro per sganciarsi da un gigante, come accadde per Bodiroga, Pesic, Repesa. Roma è così dai tempi della crisi postbianchinianana, dal dopo Gardini. Vadano avanti allo stesso modo se si divertono, ma poi non cerchino vie d’uscita mandando alla ribalta chi doveva esserlo soltanto sul campo senza mai riuscirci.

Oscar Eleni

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