La fine di Maurizio Montesi

4 Dicembre 2020 di Stefano Olivari

Maurizio Montesi è stato uno dei calciatori italiani più discussi a cavallo fra gli anni Settanta anche se la sua breve carriera, si ritirò nel 1983 a soli 26 anni, vissuta soprattutto alla Lazio con una parentesi all’Avellino, è stata poco scintillante. Il 4 dicembre del 1981, esattamente 39 anni fa (come facciamo a ricordare queste date? Dal 1975 al 2010, cioè fino a quando siamo stati veri, conserviamo ritagli cartacei su tutto lo scibile calcistico), il centrocampista dopo quasi due anni di assenza dai campi veniva arrestato per detenzione illegale di cocaina. Altre situazioni del genere Montesi avrebbe vissuto negli anni post calcio, fino a sparire dalla circolazione: ma si può dire che la sua carriera sportiva sia finita quel giorno, prima della cronaca nera e dell’oblio.

Non è comunque per la droga che vogliamo ricordare Montesi, e nemmeno per il suo noto coinvolgimento nel calcioscommesse del 1980: nel famoso Milan-Lazio, la più importante fra le tante partite sporche di quell’epoca, si era rifiutato di scendere in campo inventandosi un infortunio e poche settimane dopo si era trasformato in una sorta di grande accusatore del sistema, pur risparmiando alcuni suoi compagni (in particolare Giordano, del quale era amico pur con una differente visione del mondo) e picchiando invece duro su altri, in particolare Pino Wilson.

Montesi fu forse il più politico e politicizzato, almeno sul versante sinistro, dei calciatori italiani di quell’epoca in cui non si aveva timore nell’esprimere le proprie opinioni. Memorabili le discussioni e i litigi, anche pubblici, con i compagni laziali quasi tutti schierati a destra, per non dire della tifoseria, ma Montesi diventò Montesi soprattutto ad Avellino, insofferente rispetto al livello culturale non tanto dei calciatori quanto dei tifosi: a chi lo avvicinava per strada chiedendogli della squadra lui rispondeva di interessarsi a problemi più seri del calcio. E ai festeggiamenti per la promozione in A, grazie anche al suo eccellente, per il livello della B, contributo, nemmeno partecipò. Si definiva un proletario, espressione di una Roma marginale che non accettava però il suo destino.

Fece storia un’intervista a Lotta Continua, di cui era simpatizzante e sostenitore, in cui sosteneva che fosse assurdo che Avellino avesse una squadra in Serie A ma non un ospedale decente. Non era comunque strano che un calciatore dell’epoca prendesse posizione e del resto abbiamo più volte ricordato la strepitosa inchiesta del Guerin Sportivo in cui ogni calciatore di Serie A dichiarava per chi avrebbe votato alle Politiche del 1976 (rispose circa il 90%). Comunque Montesi sarebbe uscito dal sistema non per le sue opinioni e per Lotta Continua, ma per altre sue frequentazioni e soprattutto per gli infortuni. I calciatori di oggi sono più ignoranti? Probabilmente no, ma hanno molti più filtri. E comunque non riusciamo ad immaginare discussioni politiche, meno che mai violente, tra Dybala e Frabotta o tra Vidal e Bastoni.

Share this article