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Calcio

In presa alta, il mondo di Ivano Bordon

di Stefano Olivari

Pubblicato il 2021-06-05

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Dell’autobiografia di Ivano Bordon la cosa peggiore è senza dubbio il titolo, In presa alta, visto che la presa alta non era fra le prime dieci qualità del portiere di Inter, Sampdoria e Italia, che abbiamo visto giocare dal vivo non meno di 150 volte. La cosa migliore del libro, scritto con Jacopo Dalla Palma, è invece Bordon stesso. Uomo educatissimo, che si racconta con una semplicità di altri tempi e che in un mondo di millantatori può dire fra le altre cose di essere stato coprotagonista in due Coppe del Mondo alzate dall’Italia: nel 1982 come riserva di Zoff e nel 2006 come collaboratore di Lippi.

Della qui raccontata carriera di Bordon, che credevamo di conoscere nel dettaglio, ci hanno colpito diverse cose. Prima di tutto gli inizi tutt’altro che da predestinato ed il passaggio quasi immediato dal calcio libero nei prati intorno a Marghera alle giovanili della Grande Inter, nel 1966. Poi la vita da giovane calciatore, da portiere campione d’Italia (nel 1970-71), dividendo con Mauro Bellugi un appartamentino a Trezzano sul Naviglio. Ecco, non vogliamo fare i confronti con Bosco Verticale e cose simili, ma non c’è bisogno di tabelle di rivalutazione ISTAT per capire perché negli anni Settanta sentissimo più vicini a noi i campioni della Serie A.

Tutti sanno chi è stato Bordon, ci sembra quasi offensivo raccontare la sua carriera e quindi andiamo direttamente su un libro letto in una notte. Parti memorabili quelle sul rapporto con Lido Vieri, fra l’altro a lui abbastanza simile, sulle gerarchie quasi militaresche nei club dell’epoca e sull’amaro finale interista nel 1983, quando avevano già deciso di lanciare Zenga e lo fecero invece passare per mercenario (come Oriali, un altro di quei primi svincolati, che firmò con la Fiorentina). Uno schema sempre attuale, peraltro: regole e cifre diverse, giornalisti e tifosi uguali. Amaro anche il racconto, più per le modalità che per il fatto in sé stesso, dell’esclusione dal Mondiale del 1986 da parte di Bearzot.

Emozionante il racconto dei due Mondiali vinti, ma meno di quello del corteggiamento della moglie Elena. Intravista in una pizzeria di Trezzano e poi inseguita in un mondo senza cellulari e senza web, chiedendo all’amico dell’amico indicazioni per poterla contattare e facendosi ‘casualmente’ trovare da lei.  Uno dei rari matrimoni sopravvissuti al calcio e soprattutto al dopo-calcio, un successo di Bordon. Comunque al di là del libro per capire un mondo in pochi secondi è sufficiente la sua pubblicità 1982 delle scarpe Canguro. Certo il testo non l’aveva scritto Bordon, ma a noi interessa il pubblico: chi mai oggi troverebbe importante l’enfasi sulla durata delle scarpe? Bordon nel nostro cuore è durato anche di più.

 

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