Economia

Il tarocco dell’inflazione argentina

Indiscreto 22/05/2012

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Dopo il post sull’Islanda, breve riassunto su quanto accaduto all’Argentina. Solita avvertenza: nessun giudizio di merito. Nel 2002 l’Argentina fa default sul suo debito pubblico. Circa 80 miliardi di $. Cifre differenti da quelle che abbiamo visto per l’Islanda, ma lontanissime da quella che è la situazione nostrana. Anche l’Argentina non è sistemica. Circa due anni dopo l’Argentina offrirà un accordo ai suoi creditori. In sostanza quest’ultimi s’accollavano perdite del 75% su quanto prestato. Devio immediatamente dalla linea guida che m’ero dato e do un giudizio di merito: il default era nei numeri, al netto delle polemiche sui fondi occultati. Cosa succede immediatamente dopo? Esattamente quello che ci si apetta: drammatica svalutazione della moneta, il 350% rispetto al dollaro, inflazione a doppia cifra, crollo drammatico del PIL (tra svalutazione e contrazione economica parliamo di circa il 50%!) ecc.ecc. col risultato che la percentuale della popolazione al di sotto della soglia di povertà supererà il 50%. Un fallimento quindi?

L’Argentina è un paese che si basa molto sull’export, un peso così svalutato fa letteralmente decollare le esportazioni, trascinando il PIL verso l’alto, migliorando i conti pubblici. La percentuale della popolazione al di sotto della soglia di povertà crolla, arrivando ad esser stabilmente al di sotto del 25%, con punte al di sotto del 20%. Questo boom entusiasma molti. Un peso massimo come PK, nell’ambito del dibattito politico-economico interno agli USA, posta sul suo blog un grafico interessante. Fatto 100 il Pil reale argentino nel 2000, oggi è 170 e cresce al 7% annuo. Una roba da stropicciarsi gli occhi. Non è tutto. Nel 2011 i salari nominali son cresciuti del 25%! A che ora c’è il prossimo volo per Baires? Calma. Salari nominali che salgono in un anno del 25%, a fronte di un’inflazione dichiarata del 10%, significa aumenti medi del 15% e questo dovrebbe far sorgere qualche dubbio. Nell’Argentina moderna è complicato, eufemismo, pubblicare dati sull’inflazione diversi da quelli ufficiali. Perché? Perché se l’inflazione non fosse al 10%, ma diciamo al 20%, il PIL reale (si ottiene dalla crescita del PIL nominale meno il tasso d’inflazione) non crescerebbe del 7% ma sarebbe addirittura negativo; il grafico di PK sarebbe errato e i conti pubblici sarebbero una gruviera. Come fare a stabilire se il 10% è corretto? La crescita boom dei salari è già un campanello d’allarme. Se la si incrocia con la variazione dell’offerta di moneta (M2 per i più tecnici), che nel 2011 aumenta del 29%, beh il risultato è che l’inflazione è ben lontana dall’essere al 10% e flirta decisamente col 20% con le conseguenze di cui sopra. La svalutazione del peso, che nel frattempo è continuata arrivando al 450% rispetto al $, ha anche un altro effetto. Negativo. Il debito estero in $ esplode.

Ricapitolando. Abbiamo un debito estero in $ che sta crescendo rapidamente e un bilancio pieno di buchi perché i dati sull’inflazione sono finti e perché per comprare consenso il governo sovvenziona molti servizi. Cosa farebbe un governo in questa situazione? Cercare di accaparrarsi quanta più moneta pregiata possibile, coprire i buchi di bilancio stampando moneta. E’ esattamente quello che fa l’Argentina. Esempio del primo caso: da qualche mese se un argentino vuole comprare libri su internet, deve provvedere personalmente allo sdoganamento. Pagando in $ ovviamente. Esempio del secondo. La banca centrale argentina è obbligata a finanziare il deficit di governo. Dal 2010 ha trasferito al governo circa 16 miliardi di $. Questo equivale a stampare moneta che in un paese con un’inflazione così alta (anche se fosse il 10% e abbiamo visto che non è così) equivale a gettare un fiammifero in una polveriera. Dimenticavo. Nel frattempo la percentuale della popolazione al di sopra della soglia di povertà ha superato di nuovo il 30%. Ps: Fonte dati FMI, Banca centrale argentina.

Intervento di Spike, 22 maggio 2012

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