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Il mito del Kempes consapevole

di Stefano Olivari

Pubblicato il 2008-07-06

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Le rievocazioni del 1978 hanno raggiunto il livello di guardia: ormai anche gli eremiti sanno a memoria i nomi del commando di via Fani (tutti più o meno a piede libero, fra un dibattito e l’altro sulla ‘nostra generazione’), ma anche il trentennale del Mondiale argentino non scherza. Con il labile pretesto di una ‘partita della memoria’ giocata al Monumental ed alla quale si sono presentati solo Luque, Villa ed Houseman. Il tutto per ribadire l’ovvio, cioè che quella di Videla e colleghi fu una dittatura sanguinaria: con oppositori o semplicemente non allineati arrestati, torturati, uccisi o fatti sparire nell’ordine delle decine di migliaia. Ma anche il meno ovvio, cioè che i calciatori in qualche modo sapessero quello che stava accadendo e che quella Coppa alzata da Passarella al termine della finale con l’Olanda sia stata doppiamente insanguinata. Per questo, tralasciando i discorsi sulla sporcizia ‘sportiva’ di quel mondiale (il sei a zero al Perù, l’arbitraggio di Gonella, eccetera), questo della squadra ‘colpevole’ rischia di tramandarsi in eterno come un falso mito. Non a caso gli esponenti di ‘sinistra’ (sinistra in Sudamerica spesso significa solo non essere pro-dittatori) di quel gruppo, Flaco Menotti in testa, si defilano sempre da questo tipo di iniziative. Dagli anni Trenta al 1983, quando fu letto presidente Alfonsin, l’Argentina è stata governata da personaggi sostenuti dai militari, quando non direttamente dai militari stessi: se con colpi di stato o elezioni spesso è stato un dettaglio. Lo stesso Juan Peron, eletto nel 1946, era un ufficiale dell’esercito oltre che un fervente ammiratore del fascismo. Questo per dire che Tarantini e Olguin sono cresciuti in un contesto sociale in cui per l’uomo della strada, non diciamo l’intellettuale o il politico ma l’uomo della strada, Videla non doveva poi sembrare tanto diverso da molti suoi predecessori. Almeno fino a quanto il figlio di questo uomo della strada non veniva prelevato di notte a casa, senza farvi mai più ritorno: solo in quel momento poteva nascere una consapevolezza che di sicuro non poteva venire da una stampa che per ingentilire il regime si inventava anche le lettere di Krol al figlio. Doverose le rievocazioni, quindi, ma pretendere che la dittatura fosse rovesciata da un Kempes consapevole era ed è un po’ troppo.

Stefano Olivari

stefano@indiscreto.it

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