Il malore di Prandelli

23 Marzo 2021 di Indiscreto

Cesare Prandelli non è più l’allenatore della Fiorentina: a due giorni dalla sconfitta con il Milan si è dimesso e a questo punto la squadra viola, abbastanza tranquilla con 7 punti di vantaggio sul Cagliari terzultimo, potrebbe essere in chiave low cost affidata di nuovo a Iachini o, perché no, a Montella che tuttora sono a libro paga.

Una scelta che fa onore a Prandelli, che dopo la partita con il Milan aveva accusato un lieve malore e che nello scorso novembre si era rimesso in gioco in una realtà senza grandi pressioni ed obbiettivi, in quella che da tanti anni è la sua città. La classifica è chiara, ma nelle ultime partite, anche in quelle perse (Udinese, Roma, Milan) o pareggiate con modalità suicidio (Parma), la squadra era in crescita e tutto sommato la presenza di Prandelli faceva comodo a tutti.

Ma cosa volevamo dire? Che la Nazionale bollisce quasi chiunque, dei c.t. azzurri da Pozzo ai giorni nostri soltanto Conte ha avuto una vera carriera dopo l’Italia. Tutti gli altri o sono andati in pensione o sono andati a raccattare soldi facili all’estero o hanno vagato in realtà medio-piccole fra un esonero e l’altro, anche tecnici giovani come nel 2008 era Donadoni. Non è solo una statistica, ma la certificazione di una pressione difficile da sostenere: quando corri la finale olimpica dei 100 metri è difficile, al di là dei soldi, essere carico al meeting di Scandicci (ma anche in quello di Zurigo).

Ricordando che fino al Mondiale 2014, anzi fino alla seconda partita del Mondiale 2014, quella con il Costarica, dell’Italia di Prandelli si parlava come oggi si parla dell’Italia di Mancini. La paura di criticare il c.t. di turno, per poi fare la figura del 1982 con Bearzot, mette paradossalmente al c.t. più pressione perché quasi tutti poi fanno la figura degli scarsi che non hanno capito la classe di un manipolo di campioni.

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