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Il grande avvenire dei Thunder

di Stefano Olivari

Pubblicato il 2013-10-25

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La NBA riparte martedì prossimo e molti segnali dicono che nemmeno questa stagione sarà quella buona per gli Oklahoma City Thunder di Thabo Sefolosha e soprattutto di Kevin Durant. Se LeBron James si è tolto negli ultimi due anni dalla spalla la scimmia del grande perdente, adesso toccherebbe al meno mediatico KD, che però si ritrova leader di una squadra forse con un grande avvenire dietro le spalle. Nell’estate 2012 è stato lasciato partire Harden per motivi contrattuali, in modo da tenersi le mani più libere per il futuro, ma questa libertà non è servita. Ci si è messa anche la sfortuna, perché il secondo violino Russell Westbrook sarà pronto solo sotto Natale. Il suo infortunio nel primo turno degli scorsi playoff, contro gli Houston Rockets, con stagione finita lì (per Westbrook, perché la squadra quel turno l’avrebbe passato prima di sbattere sui Grizzlies), rischia di essere ricordato per sempre dai Thunder. E la sua operazione al menisco di qualche settimana fa sta facendo venire cattivi pensieri un po’ a tutto l’ambiente. Nel precampionato buoni segnali sono arrivati dal rookie André Roberson, diventato un protetto di Durant, mentre Sefolosha (del quale Roberson ambisce a prendere il posto) ha finora fatto poco più del suo. Con la partenza di Kevin Martin e il punto interrogativo di Westbrook i Thunder chiedono al ventinovenne di Vevey molto di più dal punto di vista offensivo, oltre alla solita gran difesa. Il quintetto base, completato dai lunghi Ibaka e Perkins, è assolutamente da titolo: è il contorno che sembra avere perso qualche colpo. Ma se Westbrook guarisse bene, se si alzassero le percentuali di tiro di Thabo e Ibaka, se l’allenatore Brooks facesse scelte più creative (il Durant da ‘quattro’ si è visto troppo poco), se Lamb desse concretezza ad almeno metà del suo talento… troppi se.

Nell’Ovest dei Thunder la concorrenza è sempre durissima. A partire dagli eterni Spurs di Duncan, Ginobili e di un Tony Parker caricato dall’oro europeo con la Francia: coach Popovich spera in un ulteriore salto di qualità di Leonard, vera rivelazione a livello playoff. Piacciono molto i Golden State Warriors dopo l’ingaggio di Iguodala: squadra con una grandissima coppia di guardie (Klay Thompson ma soprattutto Stephen Curry), più Harrison Barnes e lunghi dal rendimento costante come Lee e e Bogut. Sembra arrivata l’ora dei Los Angeles Clippers, che a Chris Paul e Blake Griffin hanno finalmente dato un grande allenatore: Doc Rivers, che ha lasciato i Celtics in ricostruzione per accasarsi in una squadra sulla carta da titolo. Leggermente inferiori i Rockets, dove è andato Dwight Howard che con i Lakers ha ballato una sola stagione: lui e Harden hanno status e ingaggio da superstelle, ma forse sono solo supergregari. I Grizzlies di Marc Gasol e Zach Randolph hanno cambiato di fatto solo il coach (fuori Hollins, dentro Joerger), il resto è contorno. Lakers compresi, anche se un ritorno in campo in condizioni accettabili di un Kobe Bryant ormai 35enne potrebbe rendere accettabile un anno di transizione in vista dell’estate 2014. Quando LeBron James e Carmelo Anthony avranno la facoltà di liberarsi dei contratti con Heat e Knicks…

A Est tutti gli occhi saranno proprio sui due gioielli, insieme a Wade, del draft 2003 (sembra ieri…). James vuole il terzo anello consecutivo e i suoi Heat sono pieni di certezze, a partire dal solito trio LBJ-Wade-Bosh, ma anche di scommesse interessanti come il talento finora sprecato di Michael Beasley (per lui un ritorno) e Greg Oden, prima scelta 2007 (davanti a Durant, per dire) e inattivo da quasi 4 anni per problemi alle ginocchia. A New York un titolo manca dal 1973 (1976, considerando i Nets della defunta ABA) e sarebbe un ottimo tonico per la Lega proprio nella stagione in cui il commissioner David Stern si autopensionerà dopo 30 anni di ottimo lavoro. I Knicks hanno aggiunto un lungo tiratore come Andrea Bargnani e un uomo squadra sui generis come Ron Artest a una struttura già buona. I rivali sono gli Heat ma più che altro i concittadini Nets, che da Brooklyn hanno lanciato la sfida ai massimi livelli con una squadra da ‘ora o mai più’. L’arrivo di Pierce e Garnett da Boston significa questo, per un gruppo che Deron Williams proverà a trascinare in alto con l’incognita allenatore: Jason Kidd è stato un mito, ma in panchina è un esordiente assoluto. I Chicago Bulls sono strettamente legati a Derrick Rose, dopo l’anno intero saltato per infortunio, al punto di avere di fatto rinunciato a fare mercato. A Est il futuro sembra dei Cavs di Kyrie Irving, della prima scelta assoluta Anthony Bennett e della eterna scommessa Bynum. Diciamo futuro perché la proissima estate, dopo le polemiche feroci seguite alla ‘Decision’ del 2010, a Cleveland potrebbe tornare LeBron James. Per riprendere (a casa sua, oltretutto) un discorso interrotto.

(pubblicato su Il Giornale del Popolo di mercoledì 23 ottobre 2013)

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