Il campione usato per Zoff

18 Maggio 2009 di Stefano Olivari

La migliore ricostruzione della fine di ciclo milanista di Ancelotti è stata a nostro parere quella di Enrico Currò su Repubblica.it: magari ne pubblicheremo uno stralcio, di sicuro non la copieremo come hanno fatto altri senza citarla, in ogni caso invitiamo a leggerla. L’argomento più forte a favore della permanenza in rossonero dell’allenatore è che da vincitore di tante cose (due Champions League, per dire, e nemmeno nella preistoria) potrebbe far digerire ai tifosi un mercato medio, fatto di nomi solo futuribili e di una probabile cessione di Kakà. 15 milioni di ricapitalizzazione e 67 di deficit significano meno 82, con tutto quel che segue. Ma come fu per Zoff, più forte della logica (quello della finale di Euro 2000 fu il peggior Zidane visto in una partita importante, così come Ancelotti è considerato uno dei migliori allenatori del mondo al di là delle ultime impressioni: tutti più stupidi dell’ordinario fischiatore di Seedorf?) sono stati i sondaggi: il messaggio di Sharm non è stato un attacco di pazzia o un effetto secondario del Cialis, ma una strategia dettata da quello che pensa la ‘gggente’. Non si sa quale campione ‘rappresentativo’ ha stabilito che quella del Milan sia oggi un’immagine perdente (almeno, questo membri dello staff hanno detto ai giornalisti d’area): esito discutibile, ma il problema è che Berlusconi ci ha creduto. Decidendo a tavolino di smarcarsi. Da qui questa scelta senza senso, con dettagli del divorzio facili da definire per un allenatore che ha mercato, per mettersi nelle mani di chi ha fallito con l’Ajax o di uno dei troppi ex che avvoltoieggiano fra uno studio tivù ed un incarico secondario. Un guizzo da Berlusconi antico sarebbe Paolo Maldini (che non vuole allenare, ma si può sempre cambiare idea: chi meglio di lui per tenere buona la piazza?) affiancato da un prestanome, ma senza acquisti migliori di Senderos il fuoco sacro si spegnerebbe anche al Sacchi del 1987.

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