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I viceversa di Gabbani
Paolo Morati 15/02/2020
L’esistenza di Francesco Gabbani è cambiata drasticamente quando ha vinto, a sorpresa, il Festival di Sanremo con Occidentali’s Karma tre anni fa. Un successo enorme e difficile da ripetere nei numeri, seguito poi dall’album Magellano del quale è uscito ieri il (degno, lo diciamo subito) successore intitolato Viceversa.
Viceversa appunto, la canzone con cui è Gabbani è arrivato secondo al Festival di quest’anno (primo però per televoto e giurie demoscopiche) e già subito ai vertici delle classifiche dei servizi in streaming e di download, e in heavy rotation sulle radio, a dimostrazione di un fenomeno trasversale e cross generazionale. Del resto anche noi dopo la prima esibizione all’Ariston eravamo già a fischiettarla l’indomani, rendendoci conto che era riuscito nuovamente a lasciare il segno.
Il che non era del tutto scontato per diverse ragioni. La prima era appunto la pesante eredità di Occidentali’s Karma e delle altre canzoni contenute in Magellano. La seconda che il brano estivo uscito nel 2019, intitolato È un’altra cosa, non era riuscito a sfondare il muro eretto dai concorrenti da spiaggia, ormai dominio di un genere ripetitivo.
Forse la decisione di rigiocare la carta Sanremo è anche nata da questa frenata, una scommessa vinta considerato il già ottimo riscontro raccolto da Viceversa. Che è appunto anche un album che conferma come Gabbani sia un personaggio vecchio stile ma nel contempo all’avanguardia dell’universo musicale italiano, con un suo marchio di fabbrica moderno e ormai ben definito. Un pop con testi sensati tra rime e giochi di parole, questa volta ben focalizzato su alcune riflessioni interiori e osservazioni sociali. Per un disco di buon gusto sonoro ma anche di immagine.
Copertina gialla, bel font usato, un Gabbani in fotografia che unisce le dita a innescare l’inizio dell’album, ossia il dialogo con Einstein. Un brano che parte piano per poi accelerare e riflettere sul “tutto è relativo” e che trova nella successiva Il sudore ci appiccica una riflessione scatenata sull’esistenza, che “comunque si balla”. Tutto rallenta con Viceversa, lento ma non troppo di cui abbiamo già detto e che ha sorpreso chi non conosceva i precedenti di Gabbani pensando fosse solo quello della scimmia. Il piedino torna a battere con Cinesi, un inno alla semplicità, emozionante che invita a “rallentare” mentre si sta insieme nell’irripetibile.
Quando parte Shambola si può pensare che l’artista carrarese abbia deciso di sposare i ritmi latini per strizzare un occhio alle mode, eppure anche in questo caso Gabbani fa il suo, rigira i suoni e le parole “poco, o tanto, pronto all’attacco stanco” tra Adamo ed Eva, e la costola donata “per una vita d’amore”. Seguono due brani già usciti negli ultimi mesi, la riflessiva e ondeggiante Duemiladiciannove nella “lotta tra il sublime e il verme, tra lo spirito e la carne” e il già citato È un’altra cosa. A chiusura una doppietta da capocannoniere: Bomba pacifista, che trasforma caratteristiche umane come comprensione o timidezza in esplosioni che sollevano, e Cancellami, altra ballad di peso sulle relazioni da ascoltare attenti, mentre “tirando su il tuo muro, ti sgretoli davvero, e piano piano sgretoli l’amore che non vuoi”.
Un album Viceversa, il quarto di Francesco Gabbani, destinato a durare nel tempo e ne siamo contenti per un personaggio profondo ma senza farlo pesare con sermoni da primo della classe, venuto fuori alla distanza, privo della spinta di talent di sorta, e che riesce a rendere leggera la complessità con l’aggiunta di una rara padronanza delle parole così come dei gesti e dei suoni, ma anche del palco.