I ragazzi del Panino

4 Settembre 2013 di Stefano Olivari

Un movimento così votato al cazzeggio non poteva che nascere al bar. E il primo locale paninaro d’Italia è stato senza dubbio il bar Al Panino di piazza Liberty, a Milano. Lì l’embrione del movimento paninaro iniziò a formarsi già nel 1979. Verso la fine degli anni di piombo, quindi, ma ancora con un clima politico irrespirabile in ogni grande città italiana. E in particolare a Milano, dove il rapporto di forza fra sinistra e destra era fra i giovani di dieci a uno. Si parla di militanti, perché la maggioranza in purissimo stile italiano se ne sbatteva e al massimo orecchiava qualche luogo comune. Molto pericoloso essere visti in giro in centro con un abbigliamento fascio, tipo il loden e il giubbotto di renna, o anche solo regolare. La realtà quotidiana era fatta di agguati, di coraggio e di paura, in una città non poi così grande. E per chi era in numero inferiore era naturale trovarsi più o meno negli stessi posti. Ma se piazza San Babila era rimasta il simbolo di una destra giovanile pronta allo scontro fisico, la poco distante piazza Liberty diventò subito il punto di aggregazione di quella più leggera.

Fra i frequentatori del Panino a fine anni Settanta non mancavano però i militanti del Fronte della Gioventù, questo è certo. L’uccisione di Sergio Ramelli per mano di gente di Avanguardia Operaia era avvenuto nel 1975 (data modificata su segnalazione di Vincenzo), il commissariamento del FdG da parte di Almirante (che aveva imposto Fini come segretario) l’anno seguente. Senza stare a ricostruire la storia politica dell’Italia di quel periodo, visto che l’hanno già fatto, si può dire che a fine anni Settanta il periodo del noi contro tutti era alle spalle ma non troppo. In questo quadro i quindicenni che cominciavano a trovarsi al Panino furono i primi a capire che a Milano e in Italia stava cambiando qualcosa. Ragazzi che venivano da scuole diverse, con gruppi che fra di loro avevano vari tipi di collegamento: fidanzati, compagni di squadra, cugini, vicini di casa al mare, militanti. All’inizio la provenienza era la media o medio-alta borghesia, ma nel giro di pochi mesi quello strano movimento diventò interclassista: se certe scuole private potevano essere un ghetto sociale, la stessa cosa non si poteva dire di una palestra, di una sezione e in definitiva di un bar. Perché il Panino all’inizio degli anni Ottanta diventò il punto di riferimento giusto di tutti i giovani milanesi che avevano in antipatia la sinistra ma soprattutto gli anni Settanta. Non è un caso che nel 1981 venne sfasciato da un gruppo di compagni, che lo consideravano il luogo simbolo di una destra post-ideologica. Secondo la loro visione del mondo più pericolosa di quella identificabile e in fondo rassicurante del fascista. Sta di fatto che il Panino fu ristrutturato e l’ondata diventò troppo grande per essere fermata da qualche episodio di guerriglia urbana. Ugo, Luca, Christian, Paolo e tanti altri erano in mezzo alla storia e forse se ne rendevano anche conto.

Pur essendo nato tutto al Panino, nella memoria collettiva è forse rimasto di più il Burghy di piazza San Babila. Affermare che i paninari siano nati nei fast food, che nella prima metà degli anni Ottanta avevano iniziato a diffondersi in tutta Italia, è sbagliato. Ma è vero che per uscire da una dimensione solo milanese c’era bisogno di un luogo più neutro e asettico, oltre che replicabile ovunque, come appunto il fast food. Il luogo di ritrovo non era casuale: doveva evocare un po’ l’America di Happy Days, farti immaginare che nel tavolo a fianco ci fosse Richie Cunningham con la fidanzata Lory Beth, ma avere anche un’identità nazionale. Doveva essere soprattutto una cosa da giovani, che rompesse la struttura quasi militaresca della vecchia vita da bar in cui ognuno recitava una parte ben precisa. Il giovane, l’uomo di successo, il chiavatore, il fenomeno del biliardo, quello con un passato misterioso e così via, con il proprietario del locale a fare da moderatore. Nel fast food non c’era invece rapporto con il barista, che non esisteva, né con cassieri-camerieri che cambiavano da una settimana all’altra. Il rapporto era solo con il luogo e le persone che lo frequentavano insieme a te. In questo senso il Panino non era paragonabile a vari Burghy e Wendy’s, ma assomigliava piuttosto ad un bar vecchio stile. E tale è rimasto fino ad oggi, mentre Burghy è stato non a caso sostituito da McDonald’s. Ma, già che ci siamo, cosa ci facevo davanti al Panino quasi trent’anni prima di quello strano incontro con Elisa?

(estratto del secondo capitolo del libro ‘L’importanza dei paninari’, Indiscreto 2013)

L’IMPORTANZA DEI PANINARI – Milano, anni Ottanta, di Stefano Olivari. In vendita a 12 euro su Amazon e in libreria. A 5,99 euro nella versione eBook per Amazon Kindle e tutti gli altri eReader, a partire dal Kobo di Mondadori. Disponibile anche per iPad, iPod Touch e iPhone.

RECENSIONI – Del libro hanno scritto Tommaso Labranca su Libero del 13 giugno, Paolo Bartezzaghi su La Gazzetta dello Sport del 22 giugno e il Giornale di sabato 13 luglio 2013. L’opera è stata recensita anche dal critico letterario Pietro Cheli nella sua rubrica Il Criticone. Articoli su L’importanza dei paninari sono apparsi anche sulla rivista culturale Ossobook, sul sito Ottanta e dintorni e su molti blog, fra cui quello di Franco Rossi. Uno speciale di mezz’ora è stato dedicato al libro dalla radio australiana SBS.

EDITORE – Indiscreto è una casa editrice indipendente, fondata nel 2000, che produce libri e contenuti per siti web. Amministrazione e redazione: Indiscreto Editore – Sala Stampa Nazionale – Via Cordusio 4 – 20123 Milano. Indirizzo e-mail: indiscretoeditore@yahoo.it

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