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Basket

Permalosi sul più trenta

Oscar Eleni 18/08/2014

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Oscar Eleni dal faro dove sta scrivendo cose sublimi, come sempre, Paolo Rumiz, l’amico di Boscia, la stella polare di Repubblica, l’uomo che impara il nome dei venti dai faristi alla casa del Ciclope. Bella amicizia quella con Tanjevic che dalla meraviglia di Kvar insiste nel chiamarsi fuori dal basket. Gli interessano soltanto amici intellettuali, gli piace parlare di letteratura e sta cercando Francesco Piccolo, premio Strega, scrittore, uno dei piccoli casertani che teneva in braccio ai tempi in cui Maggiò imperava e il nostro guru insegnava l’arte a giovani talenti buttati nella mischia quando gli altri avevano quasi paura di farli giocare con gli juniores perché erano ancora allievi. Siamo andati al faro per allontanarci dalla taverna dove ti prendono per minchione anche in agosto. Zucchero e cannella per aver dato 30 punti ai resti della Svizzera. Su questo mare, sapendo che a casa i custodi sono pochi, il direttore del sito, il Gurioli sempre all’erta, possiamo lanciare la bottiglia con i quesiti per la strana Italia, debole quando servono muscoli di seta, straordinara se la obbligano a resistere. Nella vita. Nello sport.

Ora vi domando con la massima serenità di valutare questi commenti alla partita in maschera di Cagliari, alle medaglie europee di nuoto e atletica. “I giocatori sono stati molto seri (?!), dare 30 punti ad una squadra in Europa oggi non è mai facile…”. Azzo. “L’oro di Meucci nella maratona vale tanto, ma soltanto qui in Europa. Alle Olimpiadi quanto arriverebbe?”. Lo dicevano anche per Bordin e Baldini. L’oro della Grimaldi sui 25 km nel lago di Berlino piace, ma. Ma cosa? Doveva arrivare meglio nella prima gara. Questa non è gara olimpica. Da bolognese lei capirà meglio di noi. Notate qualcosa di strano in dichiarazioni del genere? Se poi aggiungete che il successo dell’italo-cubana Grenot fissa, per gli allenamenti, negli Stati Uniti viene considerato prezioso, ma con un tempo che a Rio 2016 non la manderebbe quasi in finale.

Diteci se abbiamo torto quando ci sentiamo presi per minchioni sentendo sbrodolare su questa qualificazione europea con Azzurra Tenera, la squadra due, forse tre nella testa del lupetto Pianigiani al quale non chiediamo più niente, spaventati dallla faccia permalosa di chi si lamenta sempre, lo fa persino con gli arbitri in tornei casalinghi dove i vantaggi per i suoi sono evidentemente richiesti, figurarsi in partite  con 30 punti di margine. Ehi, la Svizzera ha battuto i russi. Intanto era una Svizzera diversa, ben pilotata dentro e fuori. A Cagliari era soltanto guidata avendo perso due ruote importanti. Non fateci parlare dei russi. Se ne vergognano persino loro e infatti non abbiamo avuto la diretta televisiva. Magari domenica ci castigano. Può succedere, ma che valore date ad Azzurra Tenera? Come dicono in troppi, la squadra per l’Europeo sarà ben diversa, più completa. Ci credono. Se pensano a Gallinari siamo d’accordo. Se considerano il nuovo Belinelli una pedina importante siamo ancora d’accordo, ma poi diteci voi chi starà seduto in panchina se, casomai, si rifacesse posto al figliol prodigo Hackett.  Forse Alessandro Gentile definito “eroe di Mosca” per fargli il più male possibile, perché sa bene lui  come è stata costruita quella vittoria e l’eroismo c’entra davvero poco. Non è il momento per masturbarsi con l’iperbole. Non si cresce bene se intorno ti prendono per minchione e confezionano pigiamini di saliva.

A Cagliari tutto discreto. Partita, reazioni, difesa. Era abbastanza facile. Ammettiamolo. Sul record di 13 vinte in 14 sfide come ci regoliamo? Guardatevi pure i risultati delle squadre che abbiamo stangato in preparazione. Perché andare oltre? Il capolavoro è stato resistere alla tempesta Hackett, far lavorare tutti bene e in armonia. Certo l’autostima di qualcuno uscirà indebolita da certe scelte, ma a questa guerra Pianigiani voleva correre il minimo dei rischi. Quindi il Pascolo che faceva 34 punti a Trento contro il Belgio, miglior giocatore del torneo, deve starsene a tirar giù retine impigliate, come a Trieste, piuttosto che sul campo e anche lui, così felice dell’esperienza, si chiederà quanto può essere debole se dal tripudio trentino è arrivato a giocare ben due minuti contro la Svizzera sul più trenta. Piccole sbavature nella meravigliosa favola dell’estate dedicata ad Azzurra, al suo mondo, ai guardiani di porta di questo nuovo regno in stile cocciano con salsa Petrucci. Minchione, ci serviva il trentello casomai dovessimo sbagliare in casa contro i russi. Anche questo segnale di paura e debolezza, minchioni miei.

Spigolature dal palazzo cagliaritano non dedicato  ai campioni dello sport sardo, un po’ come la Milano da buttare che non osa contraddire i sciuri imponendo il pala Rubini come promesso dalla Moratti.

Visto Cusin correre, saltare il tanto che basta per stoppare bene, lui che a rimbalzo non ha proprio il senso del tempo, visto una bella faccia orgogliosa anche adesso che è l’unico azzurro senza contratto. Dunque a Cantù non prendeva più di 240 mila euro. Possibile che nella serie A dello spumeggiante Marino non ci siano società in grado di offrire una cifra simile al pivot numero uno del regno di Petrucci e Pianigiani e del terribile Cuzzolin? Possibile, caro minchione, se club dal blasone antico hanno fatto la loro squadra spendendo fra i 500 e gli 800 mila euro. A Sassari in coppa non servirebbe il più veloce dei centri italiani? Non come pivot titolare, per falli,  resistenza sul campo, ma di sicuro se può essere utilizzato sui 20’, senza farsi prendere dalla angosce di un altro che fingeva di rischiare tanto come il Trinchieri che a Cantù lo mise a sedere e quasi non lo vedeva. È vero che si fa male spesso, ma è anche vero che ha molte qualità che spesso mancano ai pivot presi dall’ignoto mare straniero.

Aspettando le campane a festa per l’aritmetica qualificazione europea (anche qui: come si fa ad essere fuori, eventualmente, dalle sei migliori seconde di 7 gironcini da euromercatino dele pulci?), vi serviamo il primo piatto da minchioni veggenti sul prossimo campionato. Lo facciamo senza la rete protettiva che si usa dopo aver visto almeno sul campo le sedici elette. Ci basiamo sulla spesa e mettiamo in prima fila chi ha  messo tantissimo sul mercato dove la differenza fra eccellenza e lotta per non retrocedere va dai 10, 8, 7 milioni di euro ai 400 mila baiocchi di nuovo conio, chiudendo con quelli che hanno seri problemi di budget come hanno detto a Capo d’Orlando subito dopo essere stati ammessi alla serie A.

I fila: Milano, Venezia, Reggio Emili.a

II fila: Sassari, Cantù, Brindisi.

III fila: Roma, Avellino, Caserta.

IV fila: Varese, Cremona, Trento.

V fila: Pistoia, Bologna, Capo d’Orlando, Pesaro.

Da discutere, da valutare insultando, da prendere in considerazione sapendo che molti messi in file più alte hanno pregato in ginocchio per essere infilati nella riga sotto. Troppe responsabilità uccidono…. Ma dai.

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