I padroncini delle cittadelle

1 Ottobre 2009 di Libeccio

di Libeccio
Fra un piagnisteo esterofilo e l’altro (ieri il modello inglese, oggi il Barcellona, domani magari il campionato russo), l’applicazione dei modelli teorici di marketing al calcio e ai suoi tifosi (che ne sono i principali fruitori) può essere riassunta nella seguente domanda: il potenziale di spesa del tifoso medio è allo stato attuale adeguatamente sfruttato? La risposta unanime degli addetti ai lavori è negativa. Si pone dunque il problema di aumentare la ‘superficie’ utilizzata del reddito del tifoso. Come?
1. Le principali società di calcio (serie A) italiane sembrano scosse da una febbre da nuovo stadio. La conseguenza di tale febbre porterebbe a dismettere impianti sportivi storici come lo stadio Olimpico di Roma, piuttosto che il Meazza di Milano, allo scopo di costruirne di nuovi di proprietà diretta delle singole società di calcio. O stadio o morte. gridano i dirigenti sportivi di queste squadre, i Della Valle brothers, Rosella Sensi e Claudio Lotito in testa, seguiti a stretto giro di ruota da Massimo Moratti e Adriano Galliani.
2. Il razionale che sta alla base di questa febbre è presto spiegato: il calcio così come è organizzato oggi in Italia non è remunerativo, anzi spesso produce passività difficilmente recuperabili. Siccome il tempo dei mecenati (ai quali forse appartengono ancora soltanto Moratti e Berlusconi, con il secondo infase di ripiegamento), fintamente disinteressati ma rapportati al calcio comunque mecenati, è finito da tempo. Occorre procedere spediti verso la costruzione degli stadi di proprietà in modo da allargare la base del business derivante dal calcio. L’esempio scontato che segue è quello del calcio inglese: Manchester United, Arsenal, e via citando.
3. E’ interessante sottolineare il termine che più sta a cuore ai signori sopracitati. Il termine pluri-gettonato per quanto riguarda i progetti di costruzione dei nuovi stadi italiani è quello di “cittadella sportiva”. Non solo catino di gioco dunque, ma anche molto “altro” che con lo sport nulla ha a che vedere: mega-parcheggi, centri commerciali, negozi di ogni tipo, centri fitness, ristoranti e appartamenti a migliaia (per lo stadio della Roma se ne prevedono 3.000). Parliamo di una speculazione enorme, che prevede milioni di metri cubi di cemento in zone attualmente agricole o comunque scarsamente dense e quindi “polmoni verdi”, costosissimi processi di urbanizzazione, ulteriori carichi di inquinamento su scala, peggioramento delle dinamiche del traffico e derivati. La superficie dei principali progetti messi a fuoco (Lazio, Roma, Juve, Inter, Napoli, Samp, Firenze, Cagliari) equivale a circa la metà del territorio di regioni come Abruzzo o Basilicata. Una enormità.
4. Chi ci guadagna in tutto ciò? Forse i tifosi? La famiglia Sensi ha un pesante debito con Unicredit, da anni non riesce a fare campagna acquisti se non vendendo pezzi pregiati (Samuel, Chivu, Mancini, Aquilani), però vuole tuffarsi con convinzione nel business del cemento. Idem per Lotito (anche lui con pendenze pregresse con l’Agenzia delle Entrate per ripianare passivi di lontane gestioni), che dello stadio nuovo (di proprietà) fa addirittura una questione di vita o di morte. Le dimissioni di Andrea Della Valle a Firenze vanno lette proprio in questa direzione: un messaggio trasversale alla giunta fiorentina a proposito della Cittadella dello sport (o ci autorizzate oppure cediamo la Fiorentina a qualche sconosciuto e vi mettiamo nei guai con i tifosi). Lo stesso Moratti sta guardando con interesse a questa matrice di business perchè forse la cosa potrebbe evitargli i continui ripianamenti personali del passivo dell’Inter: insomma, gli Eto’o del futuro potrebbero essere pagati dagli acquirenti di bilocali in periferie degradate.
5. La Juventus è la società più avanti da questo punto di vista e prevede di inaugurare il nuovo stadio Delle Alpi entro il 2012 (sono già in vendita i biglietti per la gara di inaugurazione). Sull’area di 34mila metri quadrati verrà realizzato uno shopping center disegnato da Giugiaro, con una superficie commerciale di 19.500 metri quadrati e suddiviso in tre corpi. Quello centrale sarà costituito da un ipermercato (di circa 5000 mq) accompagnato da una galleria commerciale con 60 negozi. A fianco avrà gli altri due edifici, uno dei quali sarà dedicato a una famosa catena di fai-da-te, oltre a 2.000 posti auto aumentabili. «L’area del nuovo stadio sarà concepita come un “superluogo”», dicono in realizzatori, perché catalizzerà quotidianamente un gran numero di persone, se ne prevedono 10mila al giorno, tutti i giorni escluso il dì di partita quando saranno molti di più, e molteplici funzioni: non solo lo sport, ma anche shopping, svago e altro.
6. Proprio a Roma l’altro ieri si è tenuta una importante conferenza stampa,i n cui AS. Roma, Comune e Regione hanno presentato il progetto del nuovo stadio di proprietà della Roma calcio. 55 mila spettatori su due anelli distinti ,massima vicinanza al campo, molte occasioni di svago aperte 7 giorni su 7 in modo da vivere la dimensione del tifoso full time (l’avete già sentita, vero?). Migliaia di abitazioni per essere romanisti anche in termini di residenza e domicilio. Il parcheggio potrà contenere almeno 10.000 posti, aumentabili alla bisogna. E’ di poche ore un comunicato stampa del Ministro Bondi: “Apprendo dai giornali che ieri si è tenuta una importante conferenza stampa sulla costruzione del nuovo stadio della Roma. Iniziativa interessante, tranne il fatto che nessuno di questo ministero è stato avvertito. Ed essendo questo ministero guarda caso proprio quello dei beni culturali, avvertiamo che in una città come Roma (leggasi: in qualsiasi grande città) uno non può neanche pensare ad un progetto del genere senza averci preventivamente consultati”. Il messaggio è chiaro: non pensino i politici locali di farsi belli agli occhi dei tifosi, anche noi dobbiamo essere della partita. E comunque non esagerate nelle semplificazioni a scopo propagandistico….
7. Gli stadi in Italia si riempiono sempre di meno, per non dire che sono spesso semivuoti, considerato che si è fatto di tutto per mettere il tifoso con il sedere incollato al divano allo scopo di favorire i padroni del vapore (pardon, delle pay-tv). Però ne vogliono costruire di nuovi perchè quelli che ci sono non vanno bene (parliamo di stadi seminuovi o rifatti di recente che già occupano superfici enormi). Perchè non vanno bene? Se lo chiede il tifoso appena appena avveduto, non quello che si beve qualsiasi tromboneggiamento degli ayatollah locali (ai queli magari verrà fatto uno sconto sugli appartamenti). Non vanno bene perchè su quelli vecchi nessuna speculazione può essere imbastita, visto che sono gestiti quasi sempre dai comuni e dal Coni. Per non parlare dei terreni di prossima destinazione che da agricoli diventeranno edificabili con margini abnormi di profitto, oltre all’indotto creato da questa edilizia assistita (ma i prezzi delle case non sono in calo?).
8. Inoltre queste operazioni saranno a costo zero, si affrettano a precisare gli accesi sostenitori dello stadio di proprietà. E qui dovrebbe nascere il sospetto delle implicazioni spesso ambigue di queste iniziative; a costo zero per qualcuno, ma salatissimi per la comunità. Trascuriamo quanto potrà accadere nella gestione di appalti e sub-appalti (non esistono solo i costi di costruzione dei privati, ma anche le opere di urbanizzazione a carico dei comuni), però forse è prematuro parlarne.
9. Lo scenario che si configura a lavoro effettuato (problemi d ispeculazione e inquinamento del territorio a parte) prefigura il tifoso “tipo”abitante dentro il bilocale con finestre colorate con i colori della squadra del cuore, che tra

scorre le sue giornate nel bar ristorante super tifoso, le sue domeniche dentro lo stadio da mattina a sera notte compresa. Tutto ciò può fare felice qualcuno, ma è lontano da un idea pur minima di socializzazione, rapporto con il contesto sociale, vivere lo sport anche per quello che lo sport può significare prescindendo dal tifo. Parliamo di cultura sportiva e di apertura verso la comunità. Il calcio forse ha bisogno di “uscire” verso la comunità piuttosto che “entrare” in questi mondi esclusivi dove la comunità spesso è intesa come “nemica” o nella migliore ipotesi “altro”. Il calcio e i suoi tifosi deve uscire dalla storica ghettizzazione, mentre sembra che li si voglia sempre di più inchiodare dentro le loro stesse pulsioni distruttive e di isolamento.
10. Alla luce di questi ragionamenti vi chiediamo: tutta questa roba conviene a itifosi e alle comunità che i nuovi stadi ospiteranno? Non si rischia l’ulteriore ghettizzazione del tifoso, già di per sè vincolato dentro stereotipi e proiezioni caricaturali? Non si rischia di produrre pesanti stravolgimenti degli equilibri dei territori dove i nuovi stadi devono sorgere e di trasformare in cattedrali nel deserto i vecchi (fino a quando anch’essi non saranno attaccati dalla speculazione)?
Libeccio
(in esclusiva per Indiscreto)
P.S. Per la morte di Domenico, ammazzato brutalmente mentre giocava a calcetto, non si è tenuto neanche un minuto di silenzio sui campi di calcio italiani (di ogni serie). Di quelli che non si negano alla zia del presidente, morta magari di morte naturale a 95 anni. Non abbiamo sentito commenti da parte delle figure più autorevoli dello sport, e non solo dello sport. Si è fatta passare sotto silenzio (solo ”Chi l’ha visto” gli ha dedicato ampio spazio) una cosa abominevole indegna di un paese appena appena civile. Anche questa volta il calcio non è riuscito a essere migliore di quello che sembra.

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