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Goffi, Gelsomino e la bolsezza del ragazzo moderno
Stefano Olivari 07/04/2014
L’atletica, dove per atletica si intende ovviamente corsa, è ormai lo sport dei quarantenni. Almeno in Italia, dove il classe ’72 Danilo Goffi è ridiventato campione nazionale 19 anni dopo il suo primo titolo. Onore a Goffi, che negli ultimi anni è stato in pratica un amatore e che con un tempo migliore del 2h17’20” di ieri a Milano (il c.t. Magnani, ex maratoneta, gli aveva chiesto di andare intorno alle 2h15′) sarebbe stato seriamente preso in considerazione come uno dei sei azzurri per gli Europei di Zurigo il prossimo agosto. E fra le donne numero uno d’Italia si è laureata Claudia Gelsomino, 45 anni anche se con una storia atletica meno lunga e logorante di quella di Goffi (argento agli Europei di Budapest 1998 dietro a Baldini). Prima di schiacciare il tasto ‘I ragazzi italiani di oggi sono sedentari’ segnaliamo un interessantissimo articolo di Giorgio Rondelli (allenatore di Goffi in due diverse epoche, fra l’altro, oltre che di mille altri a partire da Cova e Panetta), dal titolo che non si presta ad interpretazioni: ‘Noi correvamo più forte dei nostri figli’. Citando lo studio di una università australiana condotto su 25 milioni di ragazzi di varie fasce di età nell’arco di 46 anni, Rondelli nota che prendendo in considerazione il miglio (1.609,344 metri, in pratica 4 giri di pista) ogni decennio si è perso un 5% rispetto al decennio precedente nonostante i tempi degli atleti di elìte siano invece diventati sempre più estremi. Con punte negative nei paesi a benessere più diffuso, come l’Italia, dove questo calo del ragazzo medio è quantificabile nel 6%. Nostra traduzione: chi fa sport agonistico lo fa più seriamente e in strutture migliori (o con doping migliore), chi non lo fa rende molto meno delle generazioni che lo hanno preceduto. Sono discorsi simili a quali ascoltati a un recente raduno di preparatori di portieri di calcio, dove si è parlato tantissimo di ‘memoria motoria’, che in italiano significa facilità inconsapevole del gesto atletico. Facilitata da una maggiore fisicità dei giochi (Nascondino, Bandiera e addirittura anche Strega comanda color facevano sprecare più calorie della Playstation) e da un tempo libero meno scandito da impegni e da un tipo di studio ‘carrieristico’. Non c’è alcun dubbio che un ragazzo di oggi abbia una apertura mentale e una cultura generale, almeno per sentito dire, superiore a quella di un ragazzo di corrispondenti ceto sociale e opportunità degli anni Settanta o Ottanta. Però è un ragazzo in media più lento, più grasso, meno sano, forse anche meno felice. Dal punto di vista dell’atletica italiana il problema è che questa bolsezza fisica diffusa nella società, con penosi tentativi di recupero fuori tempo massimo, si è ormai saldata con lo sport di elìte. In sostanza esiste sempre meno materiale umano buono su cui lavorare, per far tifare gli altri davanti alla televisione.