Domande e risposte

21 Giugno 2007 di Stefano Olivari

Vi risparmiamo un po’ di tempo, insultandoci da soli: siamo cinici (che poi sarebbe un pregio), privi di sensibilità (vero), non capiamo una mazza, siamo mediocri e frustrati. Gli ultimi due appellativi sono particolarmente cari all’ex direttore di Dieci, che ce ne ha fatto omaggio in diverse occasioni (possiamo produrre la documentazione). In ogni caso ci scusiamo se, per caso, avessimo dimenticato qualche insulto: come se ce l’aveste rivolto, dai. Per cui, liberi e consapevoli dei nostri innumerevoli difetti, proviamo a dire la nostra sul quotidiano che é durato di meno nella storia del giornalismo sportivo italiano. Almeno nella sua versione originaria, perché nel futuro prossimo per giornalisti e collaboratori potrebbero esserci sorprese in positivo. Dieci, oh yeees, parliamo di lui, un quotidiano tanto esaltato dal direttore, ma solo da lui, quanto bocciato e abbandonato dal resto del mondo. A partire dall’editore iniziale, Donati. Non sappiamo bene da dove iniziare. Proviamo ad essere brevi e soprattutto sinceri, come i post che si trovano sullo strepitoso blog dell’ex direttore. Di natura non siamo invidiosi, tanto meno lo siamo di lui: il link è http://zazza.blog.deejay.it/ . E per completezza di informazione invitiamo a leggere anche questa interessante intervista di Carlo Tecce, risalente a due mesi fa: http://www.olivari.net/indiscreto.nsf/WebNews/D101A4AC785E94DFC12572C60064FBFF?opendocument . E adesso le nostre modeste considerazioni.

Un giornale che apre quasi a fine stagione, ovvero il 10 marzo, é una scelta delirante. Il periodo estivo é magro per la pubblicità, ovvero l’unico serio supporto dei giornali italiani (senza di essa chiuderebbe domani mattina anche il Corriere della Sera). Avrebbe avuto un senso l’anno scorso con i Mondiali, non adesso; era troppo facile prevedere la chiusura a fine campionato.
Scrive, l’ex direttore: “Vendevamo 65.000 copie”. In solo tre mesi sono riusciti a conquistare cosi tanti lettori, che hanno rinunciato al loro giornale abituale per prendere Dieci? Quale patron sano di mente chiuderebbe un giornale che, pronti via, vende così tanto? Facciamo due conti: rimarebbero 20.000 euro al giorno di incasso netto, in un mese siamo sui 600.000 euro, tolta la carta e il resto rimangono un sacco di soldi per stipendi e il resto. Ovvero il giornale si alimenta da solo: perché chiuderlo? A questo punto, di due una: o si vendeva molto meno (abbiamo pensato che l’ex direttore avesse messo, per sbaglio, un zero in più: capita), oppure l’editore é come Tafazzi. Non sappiamo cosa scegliere fra le due. Giudicate voi, dicevano a Telepiù.
E’ sconvolgente vedere che un giornale apra senza avere un minimo di garantito, come pubblicità. Spesso ne aveva una pagina e mezzo. Significa che dietro la cosiddetta macchina del giornale c’era il nulla. Un fallimento annunciato, un lavoro inqualificabile: partire senza alcuna certezza, nel 2007, non cento anni fa, é una follia. I giornalisti non c’entrano, qui è solo colpa dell’editore. Editore?

Non abbiamo la minima intenzione di parlare dei singoli giornalisti, di solito permalosissimi (soprattutto i più scarsi e le donne, per non parlare delle donne scarse), ma dell’impostazione del prodotto: a parte qualche buona idea (lo spazio dedicato al basket, per dirne una, o la grafica delle brevi), identica a quella proposta degli altri quotidiani. Stesse pagelle, stessa cronaca della partita, stessi spogliatoi, stesse analisi: c’era davvero bisogno di fare un quarto giornale per leggere che Ambrosini offre quantità e qualità e che al tredicesimo minuto Maicon ha crossato dalla destra? No.

L’ex direttore scriveva poco, troppo poco. Per fare un confronto: Vittorio Feltri scrive ogni giorno su Libero. La gente lo compra soprattutto per leggere i suoi articoli. Siccome Ivan Zazzaroni era l’unico nome conosciuto, oltre a quello dei pochi editorialisti, forse era il caso di impegnarsi di più (siamo colpevoli, parte del tempo lo impegnava insultandoci via mail). Ha avuto idee per i primi tre giorni, poi basta. Non ne siamo sicuri, ma secondo noi si tratta di un record: una volta ha scritto 54 parole. Ovvero dieci volte meno la lunghezza del pezzo che leggete ora. Custodiamo con amore il numero.

Da parte nostra, abituati a ben altri problemi (facciamo gli editori, piccoli ma nemmeno troppo: forse non l’avevamo detto), niente contro l’ex direttore. Ma se un giornale chiude, la responsabilità non possiamo darla a chi fa gli spogliatoi in Empoli-Ascoli. E’ come dire che una casa crolla per via della vernice nel bagno.

Per chiudere: al di là di retroscena più o meno puliti che non conosciamo, la nostra sensazione é che l’editore si sia reso conto da subito come sarebbe andata a finire, non ci abbia creduto ed abbia fatto quindi morire il giornale. Morire nella sua prima versione, perché come abbiamo detto il giornale esiste ancora (con un nuovo editore) e potrebbe esserci presto l’intervento di un’altra azienda. Quindi nessun fatto personale ma solo una considerazione amara: inventare qualcosa di nuovo e di successo, specie nel giornalismo sportivo, è difficilissimo. Donati, come tanti altri, non c’è riuscito. Zazzaroni, come tanti altri, non c’è riuscito.

Dominique Antognoni
dominiqueantognoni@yahoo.it

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