Credere in Tyus

25 Settembre 2012 di Fabrizio Provera

Ma torniamo a Cantucky e al sacrestano della piazza dove tre generazioni di canturini si sono magicamente unite: l’epopea degli Allievi evocata dal sindaco Bizzozero (bravo), il traghettatore Francesco Corrado, sempre in primissima fila, e naturalmente i Cremascoli’s, che finalmente possono alzare il primo trofeo. Sorrideva col suo ghigno frutto di quasi mezzo secolo di vita tra parquet e dintorni, Bruno Arrigoni, che ha consegnato nelle mani del guru Andrea Trinchieri – sempre più visionario e ispirato, come Joy detto Labbra Fagan in The Commitments, la tromba che accompagnava Wilson Pickett, Otis Redding, The Four Tops, Stewie Wonder e i Beatles, prima ancora che Federico Buffa inventasse la sua aneddotica – una squadra niente male. Alla trimurti Mazzarino-Markoishvili-Leunen, ossatura inscalfibile, a Cantucky si è aggiunto una specie di Dean Martin del Pitturato, al secolo Alex Tyus, che si è convertito all’ebraismo e fa a pezzettini gli avversari con discrezione, muovendosi con eleganti passi di danza. Piacendo e non poco, Tyus, anche al nostro Direttore, che non è facile agli innamoramenti cestistici dei tempi che corrono (per uno che vive nel ricordo di Chuck Jura, intendiamoci, è senz’altro comprensibile). Poi c’è Jeff Brooks, dotato anch’egli di mezzi atletici sovrumani, che prima di coricarsi la sera – anziché leggere fumetti o masturbare qualche social network – legge Platone e Aristotele. Straordinario: imminente un passaggio dal parroco dell’oratorio di Cucciago, adiacente al Pianella, per approfondire San Tommaso e la prova ontologica di Sant’Anselmo d’Aosta. Jerry Smith, che nei primi due tempi della finale di Supercoppa avremmo voluto crivellare di colpi in stile ispettore Callaghan, ha invece sfoderato un secondo tempo da urlo. Dimostrando di avere numeri e attributi per diventare una point-guard di tutto rispetto. Aradori e Cusin, due certezze, cresceranno con il tempo.

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