Cossutta o Occhetto?

15 Dicembre 2015 di Indiscreto

La morte di Armando Cossutta, alla bella età di 89 anni, permette di ricordare un’anima della sinistra italiana ormai dimenticata. Un’anima incomprensibile a chi è nato dall’inizio degli anni Novanta in poi e che si può brutalmente sintetizzare in ‘filosovietica’, anche se in realtà il comunismo alla Cossutta è durato un po’ più a lungo dell’URSS ed aveva peculiarità molto italiane. Ex partigiano, di quelli che dopo il 1945 avrebbero anche provato la spallata rivoluzionaria se Togliatti non li avesse fermati, segretario del PCI milanese e poi esponente del PCI nazionale negli anni della svolta eurocomunista di Berlinguer (chi si ricorda di Marchais e Carrillo?), Cossutta è stato nel 1991 fra i fondatori di Rifondazione Comunista dopo le scelte di Occhetto e poi anche del PDCI in contrapposizione a Bertinotti. Perché diciamo che il cossuttismo è incomprensibile a un ragazzo di oggi? Perché Cossutta incarnava l’immagine di un PCI fedele alla linea, di Mosca o del proprio segretario, ma senza tentazioni terzomondiste se non in chiave elettorale. Insomma, il marxismo-leninismo che trovava la sua massima espressione nella forma partito e non in tentazioni gruppettare e in definitiva borghesi. In questo senso è interessante la storia, recente, del suo allontanamento da Bertinotti quando questi decise di far cadere il governo Prodi. Così come è interessante il suo ateismo dichiarato, molto marxista, una vera rarità anche fra i politici di sinistra. Il ‘Di qua o di là’ non è comunque con Bertinotti, ma ovviamente con Achille Occhetto che con la svolta della Bolognina e trasformando il PCI in PDS pose le basi di quello che oggi è il PD, cioè il partito che governa l’Italia e in ogni caso l’ultimo partito tradizionale di massa rimasto in pista. L’Italia avrebbe tratto più giovamento da un PCI fedele al suo passato, al limite berlingueriano, o alla fine è stato meglio così? Cossutta o Occhetto?

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