Capitale umano

6 Gennaio 2014 di Oscar Eleni

Oscar Eleni dalla strada triste di Como dove devi guardare il teatro Politeama chiuso per capire chi siamo, dove non andremo mai. Ci siamo andati seguendo il consiglio di Paolo Virzì, regista cinematografico, livornese, grande artista, un genio, dopo aver sbirciato sul set del suo film in uscita, quello sul Capitale umano, viaggio nell’opulenza che genera povertà ed infelicità. Lui giura di aver scelto la Brianza perché cercava un paesaggio gelido, ostile ed ecco perché è arrivato a Como davanti a questo degrado della cultura. Ecco perché ci hanno affascinato la storia,  i suoi attori. E questa idea, purtroppo vera, che non esista più senso civico nella borghesia egoista e carente verso i bisogni degli altri.

Certo se Virzì avesse voluto una Brianza di fuoco avrebbe potuto andare al Pianella, quando gioca Cantù, ma poi lo avremmo accompagnato a vedere quanta fatica si deve fare per spremere un euro dalla famosa borghesia brianzola che, prima dei politici che hanno tradito la parola (accade fin troppo spesso per indignarsi ancora?),  dovrebbe preoccuparsi se davvero  alla fine di questa stagione il Pino Sacripanti dovesse trovare una società in svendita. Proprio adesso che accarezza il primo posto in classifica dopo tanti anni, anche se tutti sanno che la prima domenica del 2014 ha presentato agli italiani le due squadre dominanti nei campionati più visti, quello di calcio e di basket.

Già. Domenica prima della Befana per scoprire quello che tutti sapevano. Anche i poveracci costretti a rincorrere informazioni su due televisioni diverse perché ci vuole davvero orecchio, ma alla scuola Verdi questa gente sarebbe già in cucina a pelare patate, a piazzare il primo test importante fra Sassari e Milano più o meno alla stessa ora di Juventus-Roma. Le grandi dive, le meglio pagate, hanno tolto il velo: la Juventus  ha dissolto la Roma davanti al Moggi ospitato (ma va?) nel palco reale degli Agnelli; l’Emporio Armani ha fatto capire che non può avere limiti in un campionato dove i suoi “scarti”  rinforzano davvero. Pensiamo ad Haynes che segna 24 punti nell’esordio con Siena,e  a Chiotti, che noi avremmo tenuto perché sotto canestro è ancora quello che ci sa fare di più come direbbero i pivot del Panathinaikos dopo aver mangiato come popcorn Lawal e Samuels,  aggiunta importante per l’Enel Brindisi che domenica potrebbe anche chiudere in testa il girone d’andata, prima volta nella sua storia direbbe il solerte Foresti costretto ad aiutare tutti i finti Skywalker della Lega imprigionata dallo streaming rosa, se dovesse mettere altro sale nella ferita del Banco sassarese.

Strano mondo quello dove Meo Sacchetti dovrebbe aver capito una cosa importante: per uomini veri come lui, per gente che ama le mischie leali del rugby, che sogna di andare nelle curve dove la gente canta e non fischia, ulula, insulta, ci vogliono giocatori in grado di capire quello che dice e che fa. Ecco, nella rivoluzione di Sassari noi punteremmo sul massimo di giocatori italiani. Lo vedi che sentono i tormenti di un grande allenatore, che sanno cosa vuol dire  giocare per una vera società. Spiegarlo a chi non rinuncerebbe mai ad un tiro per le sue statistiche, buone per i prossimi contratti ovunque  ti chiamino perché dell’anima di un giocatore se ne impippano quelli che conquistano  la gente comprando tutto quello che serve cercando l’orecchio amico per sussurrare la famosa frase “ha scelto noi per il progetto”, cercare di far capire al mercenario qualunque cosa stanno facendo nella  famiglia allargata di Sardara è impresa difficile. Diventa dura anche con  chi conosce già ambiente e ha vissuto bene in quel mondo speciale, perché se un Travis Diener nasconde il suo malessere, molto vicino alla gelosia, dietro il solito infortunio per  allenarsi di meno dopo la sbornia con Azzurra Tenera, allora sono guai anche più grossi dei tiri a pene di segugio di Linton Johnson.

Ci aspettavamo Milano dove la troviamo oggi. Banchi aveva bisogno di tempo per far capire come si distribuisce il lavoro in una squadra, come la palla sia bene comune, ma per farlo aveva bisogno di esempi visivi e la coppia Moss-Hackett è quella che serviva, ci pensava in estate, ci è riuscito quando più dell’amor potè il digiuno senese, anche se certe manie di grandezza, certi egoismi, non possono essere curati in tutti i salotti del grande basket. L’Europa ad esempio. Ecco l’altra affinità poco elettiva con la Juventus. Padroni delle ferriere nell’Italia, dove pochi mangiano come  lorsignori, con qualche problema all’estero e vi diciamo subito che il Panathinaikos ci è sembrato tutto meno che una squadra da cui farsi dare anche 20 punti di scarto e il Diamantidis decantato non è neppure parente del vero mastino d’Europa che conoscevamo. Capita. Succede quando rimetti insieme i pezzi e non hai ancora spiegato che le gerarchie, dal primo gennaio in poi, sono state definite. Sapere chi sono gli uomini e i caporaletti di giornata diventerà facile. Nell’abbondanza di scelta i capircciosi e gli egoisti staranno seduti. Dovrebbero farlo tutti e avrebbe dovuto decidersi a farlo, come denuncia il fuoco di Fuochi,  la Virtus Granarolo  dove in troppi danno valore zero al pallone. Se va, va, grazie, prego, sono il numero uno, sono da NBA come dice il tronfio Gaddefors, se invece non va problemi dell’allenatore. Non sarebbe stato Poeta il guaritore, ma certo se devi andare a cercare altrove per trovare gente come quella di cui parlavamo sopra a proposito di Sassari, allora è meglio tenersi questi italiani che nella recita conoscono almeno il copione che conquista le curve.

Ripulire le rose aspettando primavera, tanto il verdetto è scritto e allora meglio arrivare in fondo facendo chiarezza al famoso “progetto” che non consiste nei dobloni, negli assegni dello zio, ma deve avere basi solide nell’etica che consente ad un gruppo di essere squadra nella buona e nella cattiva sorte. Si, come i matrimoni  dove non si fa distinzione di sesso, razza e patrimonio genetico e, tantomeno di talento se per recuperare un pallone serve l’energia di chi noin ha paura di sporcarsi. Insomma per noi il numero 12 di Hackett non è certo quello di Antonello Riva che  a Milano è passato lasciando una piccola traccia, lui che ha scritto la storia del Cantuki, ma del Vittorio Gallinari che era ed è ancora, con Kenney, l’incarnazione dell’Olimpia come la gente l’avrebbe voluta sempre, prima di comperare tutto quello che offriva il mercato italiano.

In questa prima domenica del 2014 ci siamo resi conto, purtroppo, che il destino di Pesaro è quasi segnato perché non hanno  trovato  un euro per mettersi al riparo: con Chiotti, Poeta ed Haynes sarebbero arrivati a metà classifica. Nessuno li ha aiutati. Neppure uno caparbio e capace come Dell’Agnello che ha quattro supplementari da digerire ora che guarda tutti dal basso: con i tre di Pistoia e quello perso contro  Brindisi si è trovato spalle al muro mentre Cremona portava via a Caserta certezze esagerate, come sempre succede quando due vittorie impreviste ti fanno credere di aver trovato davvero la tua squadra. Lo sa benissimo Luca Banchi perché prima di affrontrare al Forum la sua Siena dovrà mettersi in guardia contro l’Olympiakos che non è  forte come l’anno scorso, ma resta imbattuto in Eurolega come il Real Madrid. Gli esami non finiscono mai. Perché dovrebbero?

Purtroppo vanno avanti anche quelli che questi esami li falliscono e devono essere persone speciali se riescono ad ottenere quello che la capacità reale, i fatti, l’onestà intellettuale non  ha più da troppo tempo. Accettiamo ogni tipo di critica, ma non dalle mosche cocchiere, sapppiamo di aver onorato ed ammirato anche chi non era candido come un giglio, ma almeno te lo diceva, confessava, spiegava il perché del lato oscuro. Adesso è tutto diverso e gli indignati di oggi  dovrebbero ascoltare il Crovetti che dalla tolda di Lega vedeva tutto, ha saputo tutto, ha conosciuto quasi tutti: certi vantaggi se li sono presi in tanti e l’albo d’oro non racconta proprio ogni cosa perché c’è chi ha vinto tanto, ma pure chi ha perso abbastanza per non  aprire bocca almeno fino a quando si  apriranno gli archivi come quello della signora inglese che viene considerata un “gigante” anche se ha mandato al manicomio tanti onesti lavoratori.

Pagelle dell’Epifania che si porta via i piccoli dubbi creati dai balbettamenti di Milano ormai pronta a diventare la morte rossa, bianca, persino blu e camuflage, per avversari che possono sfruttare i golosoni del gruppo per tirare una zampata, ma  quando il “progetto”  stuzzica, perché i premi sono alti, non ci sarà speranza per nessun altro.

10  A Keith LANGFORD che non capiva Scariolo, non ha capito subito Banchi, ma adesso sembra pronto a sacrificare il suo io  per il gruppo, felice di fare un monumento a Moss e Hackett che distribuiranno i beni dei signori nella maniera giusta, in modo che gli agenti e gli amici siano contenti.

9  A Denis MARCONATO per aver dimenticato come lo hanno trattato male a Cantù quando imperava il Trinca, per aver capito che con Sacripanti il suo canto di grande cicgno del nostro basket sarebbe stato più comprensibile di quello scelto per risollevare Treviso, dello stesso che ora si è imposto ESPOSITO nel tormento della Imola già condannata alla retrocessione.

8 A CAVALIERO che deve aver saputo delle nostre discussioni con tutti i suoi estimatori, cominciando da Faina e Pancotto, perché sta aiutando Vitucci a trovare almeno la strada per arrivare alle porte del sistema, anche se è molto probabile che Reggio Emilia neghi ad Avellino le finali di coppa Italia.

7 Al POPOLO DEL PARTIZAN che ha superato i 20.000 spettatori per vedere il Real in Eurolega. Noi abbiamo registrato il risveglio di Milano, Atene ha confermato la passione anche in tempi di crisi, il Bayern di Pesic scatena le fantasie tedesche, gli spagnoli sono al top da tantissimo. Bello partecipare a tutto questo anche  se l’Italia ha una sola rappresentante, ma, per fortuna, non ha perso tante unità nella seconda coppa europea che aiuta a crescere a capire come certi campi siano peggio del Politeama di Como. La TV non mostra tutto, ma pagare per vedere basket è un piacere che tutta l’Europa ama concedersi. Pensate  cosa accadrebbe se chi vende fosse meno esoso.

6 Ai FRATELLI DI perché siamo  quasi convinti che molto spesso  il trio  dei meno considerati nelle famiglie GENTILE-VITALI-CINCIARINI e persino in quella di Meo Sacchetti, siano più bravi dei loro decantati parenti. Impressioni, ma lo Stefano Gentile di Cantù paragonato con i prescelti da Pianigiani ci fa credere che qualcosa  sta cambiando e il Sacchetti di Sassari non è così distante da certi azzurri tenerissimi.

5 Ai FARFALLONI GRANAROLO per il calcio al secchio nella trasferta di Pistoia che esalta ancora di più l’ex Moretti, ma rende difficile il lavoro a chi crede di poter riportare la Virtus nello  splendore dei giorni in cui PORELLI insegnava e CAZZOLA, anche  sbagliando con la vendita degli immobili, imparava.

4 Alla ROMA del bellissimo girone d’andata per aver ascoltato le solite sirene che la invitavano a portare subito  al macero le tute da brutti, sporchi e cattivi che Dalmonte aveva comperato al mercato dell’Est. Il piumino contro i pirati di Zare Markoski e Brugnaro non può essere usato. Peccatori anche loro, i reyerini, ma, ogni tanto, fanno strage e succede quando pensi di cambiare abito e portare un garofano sul frac.

3 A Marquez HAYNES che ora apre attraverso i rosei pensieri il dibattito su cosa succede agli uomini del “centrocampo” Armani quando lasciano le catene della città matrigna. Liberato da certe angosce si è presentato dove nasce la verbena con una serie imporessionante di tiri da 3 punti. Vero che una volta va bene e poi, magari, torni zucca, però questa cosa è già accaduta ad altri bocciati nel Forum dove, questo è vero, non tutti vedono bene.

2 Alla SERIE ORO che ha tutto per far capire come sia bello il basket anche sotto il professionismo sofferto della A1, ma purtroppo deve vagare nascosta fra galassie irraggiungibili. Malattia che sta intossicando l’intero pianeta di Cestolandia e la voglia di ribellione del sistema si nota, si sente, purtroppo non si vede.

1 Al PETRUCCI che contesta la riforma Malagò sulla giustizia sportiva insieme al calcio e al tennis, ma poi lascia che i suoi giudici seguano ottusamente i verbali degli arbitri spinti verso la “tolleranza zero” delle cose irrisorie, salvo poi mettersi il fischietto in saccoccia quando sui campi indifendibili c’è chi  fa molto di più che ritardare le rimesse in gioco. Certo che i giudici sono indipendenti, ma non esiste l’interpretazione della legge se almeno non hai bevuto un pernod con Maigret.

0 Alla LEGA più legaiola che mai perché questa benedizione delle feste natalizie senza l’ingombro del grande calcio doveva essere sfruttata meglio quando si fecero i calendari. Al “tre bi o” che deve organizzare tutto basta dare l’input giusto. Certo bisogna lavorarci. Ma il vero autogol è stato contrapporre Sassari-Milano a Juventus-Roma. Ora diteci voi che spostate tutto per lo streaming, che danneggiate gli abbonati: come è stato possibile arrivare ad una giocata del genere? Non lo sapete neppure voi perché vi applicate poco, esattamente come i  grandi cervelloni che i hanno fatto diventare più complicati i siti dei club in Italia e in Europa.

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