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Tennis

Azzurro d’Orange

Paolo Pemulis 12/12/2007

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L’Orange Bowl – quest’anno: Dunlop Orange Bowl International Tennis Championships – non è soltanto il simbolo della speranza per giovani agonisti in cerca di gloria e di sponsor. Rappresenta, in molti casi, anche il punto d’arrivo nella carriera junior di chi lo vince (ci riferiamo al torneo Under 18, ovviamente). Vincere l’Orange Bowl, si sa, fa curriculum. Il livello tecnico dei partecipanti, tradizionalmente elevato, negli ultimi dieci-quindici anni ha avuto un incremento significativo, legato prevalentemente all’ascesa dei tennisti dell’est e in generale all’ampliamento del bacino di pratica del tennis su scala mondiale, due fattori che hanno innalzato la soglia d’eccellenza necessaria per imporsi a questi livelli. La tendenza in atto riguarda tutti i tornei juniores, ma l’Orange Bowl ha una serie di atout, anche rispetto ai tornei dello Slam: si gioca in dicembre, in una fase della stagione in cui i junior sono meno distratti dai tornei pro e possono prepararsi al meglio per l’evento; non è un second-best, come avviene nei tornei dello Slam in cui i junior più forti provano le Quali o ricevono una wild card nel torneo senior e, mal che vada, considerano l’Under 18 come seconda opzione; si disputa in Florida, capitale mondiale del tennis, dove hanno le sede numerose Academy e il centro federale USTA di Boca Raton, il ché abbatte in molti casi i costi di viaggio e soggiorno che rappresentano pur sempre una barriera.
Gli affetti da pessimismo cronico e i malati di esterofilia stenteranno a crederci, ma nella 61esima edizione dell’evento Key Biscayne si è colorata anche un po’ d’azzurro, poiché Alessandro Colella e Federico Gaio (entrambi del ’92) hanno vinto il doppio maschile Under 16. Avete letto bene, due giovani promesse italiane – due che, tra l’altro, frequentano il centro tecnico federale di Tirrenia – hanno vinto l’Orange Bowl, perdendo un solo set in cinque partite e battendo coppie di tutto rispetto come Kudla/Formentera (al secondo turno) Odry/Puget (ai Quarti) e Cox/King (in finale). Lo sosteniamo da tempo: i ragazzi italiani del ’92 (Miccini, Colella, Gaio e Civarolo) sono molto interessanti, devono solo poter lavorare senza pressione. Alcuni sostengono che anche un’ottima carriera junior non offre certezze con riguardo ad affermazione nei pro, che uno junior farebbe bene a misurarsi nei tornei di terza categoria piuttosto che viaggiare per competere con i coetanei a livello internazionale. Ma poi, chissà perché Federer (numero uno dei numeri uno) , Roddick (best ranking n.1 nel 2003), la Kournikova (best ranking n. 8 nel 2000), la Vaidisova (best ranking n.7 nel 2007), la Dementieva (best ranking n. 4 nel 2004) hanno tutti vinto l’Orange Bowl, tanto per fare un esempio. Federer nel ’98 ha superato Melzer al secondo turno, Naldandian in Semi, e Coria in finale: tutta gente che ne ha fatta di strada.
Restando in tema italiani a Key Biscayne, Giacomo Miccini è incappato nella sconfitta più rocambolesca della sua stagione: al primo turno del Torneo Under 16 era in vantaggio 6-0 1-0 contro il texano Fowler (battuto da Gaio nelle Quali dell’Eddie Herr), quando il suo avversario ha interrotto il gioco per una pausa fisiologica; da quel momento la partita è girata e il recanatese ha finito col perderla con il più classico dei “choke”: 0-6 6-3 6-3. Sarà forse utile per Giacomo fermarsi un attimo per riflettere, ricaricare le batterie e fare il punto della situazione in vista del 2008; a stretto giro di posta potrebbero esserci importanti novità sul fronte coach, siamo in attesa di una conferma ufficiale. Il migliore tra gli italiani è stato quindi il già citato torinese Colella (nella foto), che ha vinto due partite nel singolare U-16 e, con un po’ di fortuna e uno schedule più umano (l’hanno fatto giocare alle 8 del mattino nel match perso 7-5 al terzo contro Kandath, dopo la maratona di tre ore del pomeriggio-sera precedente contro il messicano Sanchez) avrebbe potuto misurarsi contro Tomic nei Quarti. Gli altri (Civarolo, Stucchi e Gaio) han perso tutti al primo turno.
E’ stata un settimana infiammata da due tormentoni dal taglio decisamente giornalistico: chi fermerà la corsa di Melanie Oudin? Riuscirà Berankis a vincere il Torneo e a sorpassare Ignatik in vetta al ranking Itf? La sedicenne statunitense, dopo aver vinto l’Eddie Herr, ha continuato a triturare le avversarie con il suo drittone esplosivo e con il suo gran gioco di gambe: tra le sue vittime anche Urszula Radwanska, la n.1 uno al mondo, sconfitta nel giorno del suo diciassettesimo compleanno sotto gli occhi della sorella maggiore Agnieszka, al termine di un match avvincente e caratterizzato da colpi straordinari. Il piano di Melanie Oudin per battere la numero uno del ranking? “All’inizio ho provato a giocare sulla diagonale del dritto perchè mi sentivo più sicura, ma poi ho visto che il suo rovescio era troppo profondo per cambiare in lungo linea e giocarle sul dritto. Così, ho tenuto lo scambio sulla diagonale del rovescio aspettando la palla giusta per attaccare”. La statunitense ha allungato la sua striscia vincente fino a 27 match, arrivando a un passo dalla doppietta Eddie Herr – Orange Bowl (impresa compiuta da Andy Roddick nel 1999 e sfiorata da Nicolas Santos lo scorso anno); la sua corsa si è infranta solo in finale sulle contromisure che una Michelle Larcher De Brito in gran forma ha squadernato per portarsi a casa il trofeo. La Oudin era partita molto forte: sopra 3 a 0, poi 4-2. A quel punto Michelle ha lasciato andare il braccio su ogni palla, rifiutando una sfida sul ritmo, che probabilmente avrebbe perso. Sotto 4 a 2, nel game chiave del primo set, Michelle ha recuperato il break di svantaggio con una discesa a rete, una rarità nel suo repertorio straordinario. Attacco col diritto lungolinea sul rovescio della Oudin, seguito a rete: è stata questa l’arma vincente di Michelle, che le ha permesso di recuperare lo svantaggio iniziale, chiudere il match sul 7-5 6-3 e sollevare la prestigiosa fruttiera di cristallo a soli 14 anni e 10 mesi.
Nelle ultime 15 edizioni del torneo Under 18, solo in due sono state più precoci della portoghese: Anna Kournikova, che nel 1995 ha trionfato a 14 anni e 6 mesi, e Nicole Vaidisova, che nel 2003 ha sollevato le braccia al cielo all’età di 14 anni e 7 mesi. Anna K., come Michelle, vinse l’Orange Bowl nell’anno del suo debutto tra le Pro: nel ’95 concluse la stagione tra le prime trecento al mondo (n.281 Wta ranking). A tre settimane dalla fine dell’anno, Michelle occupa la posizione n.293 del ranking e siamo convinti che questo risultato valga molto di più di quello raggiunto dalla Kournikova, perchè in dodici anni il tennis femminile è cresciuto tantissimo, oggi è molto più difficile emergere. Nel 2007 la portoghese ha partecipato a cinque tornei da 25mila dollari, due tornei da 75mila dollari ed ha superato un turno a Miami battendo la Shaughnessy (allora n.43 al mondo). Anna K, nel 2000, cinque anni dopo la sua vittoria all’Orange Bowl ha raggiunto il suo best ranking di n.8 al mondo; mentre Nicole Vaidisova, proprio nel 2007 ha raggiunto la posizione n.7 del ranking. Se il tennis fosse una scienza esatta, nel 2011 Michelle dovrebbe fare ingresso tra le top ten, ma il tennis fortunatamente non è una scienza e noi proviamo a sbilanciarci nel pronostico: nel 2011 Michelle sarà la n.1 al mondo. Appuntatevi questa data.
L’altra impresa della settimana è quella di Sua Maestà Jr Ricardas Berankis, che quest’estate si è allenato per due settimane con Sua Maestà Sr Roger Federer. Il lituano, vincitore dello Us Open e dell’Orange Bowl nel 2007, ha scavalcato Vlad Ignatik in vetta al ranking Itf: Per superare Ignatik, Berankis doveva vincere il torneo e sperare che il bielorusso non raggiungesse le Semifinali. E’ curioso, ma il miglior alleato nella scalata è stato il talentuoso Dimitrov, che al terzo turno ha battuto Ignatik per la seconda volta nel giro di una settimana, e in finale proprio contro Berankis ha giocato una delle sue peggior partite della stagione perd
endo nettamente 6-3 6-2. Anche in semifinale la sorte ha dato una mano a Ricardas che era sotto 5-2 al terzo set quando il suo avversario, Jarmere Jenkins da College Park – Georgia, ha iniziato ad accusare crampi. L’afroamericano, che ai Quarti aveva battuto Elias, ha chiamato il trainer, ma anche dopo il medical timeout non ne aveva più ed ha finito per rititarsi sul 5 pari. A questo punto, sarà la Yucatan Cup, in corso a Merida, nella culla della civiltà Maya, a decidere la volata per leadership nel ranking di fine anno. Berankis, che ha solo 37,5 lunghezze di vantaggio sui Ignatik, deve difendere i 150 punti della Copa Yucatan vinta nel 2006, ed è pertanto obbligato a vincere tutte le partite. I due potrebbero incrociarsi in finale e, francamente, sarebbe il modo migliore per chiudere la stagione. Chi vince è numero uno al mondo. Semplice ed elettrizzante.

Paolo Pemulis
pemurama@yahoo.it

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