Auguri agli agnelli

1 Aprile 2010 di Stefano Olivari

di Stefano Olivari
Della Valle da aiutare, la vendetta sulla Gazzetta, una rivista dall’Inghilterra, la gomitata di Raiola, il pareggio fra querele, i conti del Mantova, la pallavolo davanti a tutti e il nuovo business plan.

1. Andrea Della Valle sta a Diego come Paolo Berlusconi sta a Silvio: il teatrino del ‘mi faccio da parte’, andato in scena nei giorni scorsi a Firenze e su giornali amici e nemici, è quindi ordinario calcio. Non mi fate costruire? E io fingo di andarmene, qualche giorno dopo avere casualmente acquistato (io marchigiano interista) il 10% del gruppo editoriale che ha in pancia la Nazione. Dalla Cittadella Viola allo stadio della Juve, passando per i progetti dell’Inter e delle romane, la costante è una sola: non la richiesta di edificabilità del nuovo impianto (ovvia, se si vuole edificare), ma il cambio di destinazione dei terreni circostanti e l’acquisto a prezzi stracciati di licenze commerciali per generi che con il calcio hanno poco a che spartire. Non solo negozi di gadget, quindi, o musei sulla storia del club, ma supermercati e cinema. Visto che è ormai passato il concetto cialtrone che un club di calcio sia un bene della città e non dei tifosi di quella squadra (ragione per cui la Viola Reggio Calabria può fallire e la Reggina no), non ci stupiremmo del fatto che tutti questi stadi sulla carta (tranne quello bianconero, già in corsa) alla fine vengano costruiti grazie anche al doping di Euro 2016. Però ogni imprenditore in difficoltà dovrebbe pretendere, per non andare a produrre in Pakistan con operai pagati un dollaro al mese (come fanno alcuni produttori di scarpe, in questo caso non Della Valle), che il suo comune cambi la destinazione dei terreni agricoli di sua proprietà o che gli regali licenze commerciali per pizzerie o sale giochi. Così, perché non esiste solo il calcio.
2. Nella vicenda Della Valle non manca ovviamente il retroscena da addetti ai livori. Come mai lo scoop dello pseudo-addio del patron è riuscito al Corriere dello Sport? Forse non è stato ancora sepolto l’astio di Della Valle verso la precedente gestione della Gazzetta, di cui è fra l’altro azionista attraverso la Rcs, Gazzetta rea di non essersi schierata acriticamente dalla sua parte in varie situazioni degli ultimi anni. Prima fra tutte ovviamente Calciopoli, con tutte le sue storie di incontri e furbate (quasi) fuori tempo massimo. Però la Gazzetta si vende anche a Bologna…Insomma, per l’amico Montezemolo c’è tutt’altro tipo di trattamento e la cosa è stata notata.
3. Ma la Gazzetta si vende anche a Milano, dove fra poco nascerà (a maggio) la versione italiana della rivista Four Four Two. Stracitata da noi, anche se poco letta (un po’ come ‘l’autorevole Economist’), in ogni numero c’è almeno un servizio interessante ed i nostri amati riferimenti storici (anche giocando con la storia) non mancano. La Hachette Rusconi ne ha comprato i diritti per la terra dei cachi, una buona notizia in un momento in cui in edicola ci sono più riviste di tatuaggi che di calcio.
4. Mino Raiola è uomo di mondo, come tutti i discepoli di Moggi. Ha capito prima di Balotelli (ma ci voleva poco) che un Balotelli invisibile in campo diventa invisibile anche a livello di mercato internazionale, non essendo concepibile che Moratti ceda ad una diretta concorrente quello che rimane in potenza il miglior calciatore italiano di tutti i tempi. Siamo quindi alle buone, addirittura con la causa minacciata ad una Striscia la Notizia che ha solo fatto il suo lavoro (in tutti i sensi) e la gomitata al suo neo-assistito che non mostrava troppo entusiasmo per il gol di Milito al CSKA. E l’ipocrisia alla fine trionfa sempre: poco fa Balotelli è stato graziato e potrà tornare ad ascoltare i consigli di Mihagi-Eto’o, se non proprio quelli di un Mourinho che disprezza chi non si rende conto della fortuna di vivere in questo mondo.
5. Un mondo in cui ad ogni SS20 corrisponde un Pershing, come provato dalla pace giudiziaria fra Moratti e Moggi. Oggi a Roma i due sono giunti ad un accordo transattivo, che così sintetizzeremmo: Moratti ha ritirato la querela per diffamazione contro Moggi relativa ad una vecchia intervista a Repubblica in cui, se non ricordiamo male, Moggi metteva sullo stesso piano morale della Juventus le due milanesi e Carraro (come dargli torto, visto che si muovevano insieme? Anche se nel torneo c’erano oro, argento e bronzo, con argento e bronzo che parlavano su linee non dedicate). Il prezzo pagato da Moggi è stato la fine della causa civile, con richiesta di 4 milioni di danni, contro l’Inter e il gruppo L’Espresso sempre a causa di un’intervista. Constatazione: Moggi ha capito che non tornerà mai alla Juventus, nonostante gli elogi sperticati ad Andrea Agnelli. Previsione a breve termine: Balotelli sarà più malleabile e Galliani più nervoso.
6. Siamo a fine marzo, ma ci sono tante società professionistiche che non pagano stipendi da ottobre con buona pace degli editorialisti che straparlano di calciatori viziati e miliardari. Il Mantova ha almeno avuto l’onestà di ammetterlo, per bocca del presidente ‘ex emergente’ Fabrizio Lori, dando la colpa a una vaghissima riorganizzazione aziendale. Rimane un mistero la sostanza del discorso: solo con le briciole della serie A, cioé quello che resta della mutualità, si potrebbero pagare gli ingaggi lordi dei giocatori in rosa senza nemmeno bisogno di incassi da stadio o di diritti televisivi propri. Non è un caso che la scorsa estate ci si sia liberati di giocatori dal contratto pesante come Godeas, per ridimensionare il tutto. Insomma, come al solito i conti non tornano.
7. Ne abbiamo già parlato, ma adesso che la data si avvicina vediamo salire l’interesse anche in chi la pallavolo la segue saltuariamente secondo la logica becera del grande evento o dell’italiano forte (traduzione: quelli come noi). Il ‘V-day’ della pallavolo italiana, la finale scudetto in gara unica che si giocherà il 9 maggio a Bologna, è una grande idea. Nata per problemi di calendario, ma messa in pratica non a caso da chi per cultura è più aperto alle novità. Difficile che interessi oltre Chiasso, nonostante il provinciale e lunghissimo elenco delle televisioni collegate (che in realtà sono emittenti che detengono i diritti e magari manderanno in onda qualche immagine), ma facile che si trasformi in un grande evento con un’eco che vada oltre l’orticello. Le emozioni della NCAA o della stessa finale secca di Champions League, sono tutt’altra cosa dall’andata e ritorno, per non parlare delle ‘serie’. Un Super Bowl del calcio italiano potrebbe finalmente dare un senso ai ‘due miliardi di spettatori’ che una settimana sì e l’altra anche vengono usati per riempire un boxino senza notizie.
8. Indiscreto si eclissa per qualche giorno, fra le Final Four di Indianapolis (non a Indianapolis, siamo in attesa dell’edificabilità per avere qualche euro supplementare) e progetti più concreti delle nostre opinioni da bar. Libri, senza fare i misteriosi (per giunta sfigati), da produrre e da scrivere uscendo dal meccanismo del mondo cattivo che non ci capisce. Due sono a un passo (un mese, o giù di lì) dalla loro realizzazione, presto gli autori scenderanno in campo ma teniamoci qualche carta da giocare. Business plan, per dirla come quel cialtrone che parlando di team building ci ha sfilato varie migliaia di euro (e due anni di vita): pubblicità tramite Adwords, estratti su Indiscreto, vendita via web. Venendo all’attualità, abbiamo sempre trovato stonati gli auguri di buona Pasqua: per la natura stessa della Pasqua, che come significato mal si adatta a sorrisi e pacche sulle spalle con tanto di nonni in cardigan da scongelare. Vorremmo entrare in ogni casa dove si sta mangiando un agnello e fare del male a chi lo sta mangiando, quindi al 99% delle persone che frequentiamo. Ci vorrebbe un dittatore vegetariano, anche se c’è già stato e non è che al mondo abbia fatto benissimo. Ma sì, auguri. Da martedì tornerà il cazzeggio di una volta,
giuriamo.
stefano@indiscreto.it

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