Ancora un gioco

19 Novembre 2008 di Stefano Olivari

”Where football is still a game”. Questo lo slogan con cui la USFL fu lanciata in pieni anni Ottanta, con l’idea di smarcarsi anche ideologicamente dalla già ricchissima NFL. Periodo di attività ovviamente diverso (primavera), città non toccate dalla concorrente, regole innovative fra cui le più popolari furono senz’altro la conversione da due punti del touchdown ed un abbozzo di salary cap (curiosamente la lega fallì proprio per motivi finanziari), non a caso poi riprese dalla NFL. E campioni come Herschel Walker ingaggiati fin dalla prima stagione, quella 1983: poi sarebbero arrivati Reggie White, Jim Kelly, eccetera. Una lega che ci è rimasta nella memoria per la semplice ragione che sulle reti allora chiamate Fininvest se ne vedevano le partite, nell’età dell’oro della tivù in chiaro: poi i format demenziali per il popolo bue ed il campionatino di nicchia pay per borghesi avrebbero frazionato l’ascolto, ma all’epoca si poteva ancora dire ‘Hai visto ieri in tivù?’. Lasciando le buone merendine di una volta e tornando alla USFL, il motivo principale della sua fine fu l’intenzione annunciata dopo il campionato 1985 (cioé il terzo) di disputare la stagione 1986 in diretta concorrenza con la NFL, quindi iniziando a fine estate. La lega rivale fece pressioni sui network televisivi per boicottare la USFL, che rispose facendo causa alla NFL e chiedendo come risarcimento l’incredibile, anche con gli occhi di oggi, cifra di 2 miliardi di dollari. La causa fece giurisprudenza ma finì in niente, per la USFL non ci sarebbero state né la 1986 né altre stagioni. Ma nel cimitero dei sogni anni Ottanta una lapide la merita.

Stefano Olivari
stefano@indiscreto.it

Video: lo spot della USFL
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