L’uomo nell’alto castello, un mondo ancora da scegliere

20 Aprile 2019 di Stefano Olivari

Tempo di ponti e quindi di binge watching di serie televisive, per chi rimane a casa e spesso anche per chi è via. Ci piace quindi condividere il nostro entusiasmo per una serie come L’Uomo nell’alto castello, tre stagioni (la quarta è in lavorazione) per 30 puntate totali viste avidamente su Amazon Prime Video.

L’idea dell’Uomo nell’alto castello viene da un romanzo distopico di Philip K. Dick, autore saccheggiato da giganti come Spielberg e Ridley Scott: fra l’altro il marito di Giannina Facio per questa serie Amazon è produttore esecutivo. La collocazione storica è affascinante: gli Stati Uniti del 1962, 17 anni dopo aver perso la guerra contro Germania e Giappone.

E infatti proprio Germania e Giappone si sono spartiti l’America, governata da entrambi con mano durissima ma lasciando alla maggioranza silenziosa una certa libertà nella vita quotidiana, pur ritenendo gli statunitensi giuridicamente inferiori agli occupanti. Il baseball, la musica, i film non sono troppo diversi da quelli che abbiamo avuto con la vittoria degli Alleati.

Nell’Uomo nell’alto castello Hitler (oggi avrebbe compiuto 130 anni) è all’inizio ancora vivo, però malatissimo e ossessionato da film che stanno girando clandestinamente: documentari riguardanti un’America che ha vinto la guerra e dove la situazione è quella che abbiamo conosciuto nella nostra realtà. Tutto è infatti giocato su realtà parallele e spazio-tempo, concetti che possono essere compresi soltanto da alcune persone dotate di sensibilità particolari, i cosiddetti ‘viaggiatori’: fra questi Juliana Crain e il ministro del commercio estero giapponese Tagomi, i veri protagonisti della serie insieme al gerarca americano-nazista John Smith e all’ispettore giapponese Kido, i cui personaggi si fanno nel corso della serie sempre più complessi e tormentati.

Non spoileriamo perché il ritmo di ogni puntata è martellante e i colpi di scena si susseguono, ma possiamo senza problemi anticipare che in mezzo ad una trama emozionante anche se scientificamente tirata per i capelli (è però vero che alcuni scienziati nazisti fecero esperimenti in questa direzione) c’è nella serie un’ideologia antifascista molto forte e non datata come le imminenti celebrazioni del 25 aprile. Un fascismo riguardante il controllo e l’aderenza a certi canoni (la persecuzione degli omosessuali e dei disabili è ben spiegata), un fascismo quindi che possiamo trovare anche in culture apparentemente diverse.

Nella serie non mancano personaggi reali (Hoover, Himmler, Mengele, Heydrich), i momenti di grande poesia, a noi sono piaciuti quelli riguardanti l’amicizia fra Ed e Frank, le donne alla Chandler (su tutte la tedesca Nicole, mini Leni Riefenstahl) e le citazioni di americanissimi B-Movie che strizzano l’occhio al (cattivo) gusto cinematografico del presente. In definitiva l’Uomo nell’alto castello non ci dice che possiamo viaggiare nei mondi, come sogna qualcuno, ma che senz’altro possiamo scegliere il nostro mondo. Qui e adesso.

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