House of Cards sesta stagione, la fine scritta dal #MeToo

23 Gennaio 2019 di Indiscreto

Abbiamo letto poche critiche, positive o negative che fossero, alla sesta stagione di House of Cards e dopo aver finito di vederla abbiamo anche capito il perché. House of Cards non è più né bello né brutto, perché nel dopo Kevin Spacey-Frank Underwood è diventato niente. Ingiudicabile, senza voto. Un continuo gigioneggiare rivolgendosi al telespettatore e una raffica di trovate una più insulsa dell’altra, che se fossimo pagati dai produttori o da Sky Atlantic potremmo anche definire ‘finale shakespeariano’: otto puntate che avrebbero potuto tranquillamente essere due. Orfani di Spacey per le vicende delle presunte molestie, pare finite in niente anche se hanno creato un clima favorevole al #MeToo e alle accuse ben più concrete ad Harvey Weinstein, gli sceneggiatori hanno caricato il personaggio di Claire (la sempre divina Robin Wright, icona milfica) in maniera assurda, rendendo ridicoli anche i due spunti buoni, cioè la presidenza degli Stati Uniti semplice facciata per decisioni prese in realtà dai poteri forti incarnati dall’improbabile famiglia Shepherd, e le decisioni militari frutto soltanto di convenienza di politica interna.

Ritroviamo Claire presidente e Frank morto in circostanze misteriose, con l’inquietante ma credibile (il migliore di tutti) Doug Stamper di nuovo in circolazione e ancora leale all’Underwood morto. Frank era in affari con gli Shepherd (chiara citazione dei fratelli Koch), per leggi petrolifere di loro gradimento, e questi sono convinti di avere ereditato il controllo su Claire. Che però ha altre idee e continua a spiazzare tutti, portando i media e il popolo dalla sua parte con trovate demagogiche come l’esecutivo di sole donne e guerre in base ai sondaggi. Raccontandola così stiamo nobilitando questa sesta stagione, in realtà tutta registrata sul grottesco. Ma senza anima, con sciatteria, quasi che la produzione abbia voluto dire ‘Dobbiamo subire il moralismo del #MeToo? E allora il risultato è questa schifezza’.

Non sapremmo come definire Claire incinta del marito morto, al di là dell’aspetto tecnico della questione… Va ricordato che quando uscirono le accuse di Anthony Rapp a Spacey (riguardanti episodi di 31 anni prima…) la prima idea di Netflix e di Media Rights Capital, cioè quelli che ci mettono i soldi, fu di cancellare la sesta stagione. Ma dopo vari mal di pancia la decisione fu di riprendere, forse per dimostrare che la serie era più importante del suo protagonista. In realtà non è mai così e il prodotto finale lo ha dimostrato. Riscrivendo anche il concetto di ‘finale aperto’, visto che il finale non esiste. Aveva resistito nella quinta stagione all’addio del suo creatore, Beau Willimon, ma adesso ha chiuso per stanchezza.

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