I gatti di Barnum

27 Dicembre 2017 di Oscar Eleni

Oscar Eleni fra i gatti parigini del Quai d’Orsay che i francesi faranno diventare funzionari di stato come hanno fatto gli inglesi con il micione di Downing Street. Basta che prendano i toponi rosicanti. Visita guidata per la salvaguardia della pace di Westfalia e il trattato di Versailles, pasto ambito per la tribù che si è ispirata ad Hugo Cabret e a Barnum per mettere oro, come faceva il maestro Marchesi, nel risotto natalizio di un basket che, anche non meritandosi tanta folla e il premio, ha risposto bene. Giocare durante le feste ha un senso, piace al pubblico perché c’è tempo per fare tutto, stare insieme, divertirsi e poi, come dice Gregg Popovich grande allenatore di San Antonio, questi professionisti dello sport, certo i calciatori in testa, ma anche chi gioca a basket o pallavololo, scia, pattina, sono spesso molto ricchi, certo ricchi sfondati non lo sono tutti, ma ricchi abbastanza per poter aiutare chi ha bisogno. Anche giocando.

L’Italbasket ha sperimentato questo viaggio nell’incenso televisivo grazie ad Eurosport, tenendosi il meglio e lasciando alla RAI la desolazione del Pala Desio per una non eccitante sfida fra Cantù e Pesaro e non certo per colpa della squadra guidata a distanza dal Gerasimenko che vede tutto via satellite. O almeno si spera che lo faccia se è ancora lui a pagare. Come faceva Barnum, anche il piccolo mondo basket che ha divorziato da Zurleni e si affiderà, per gli affari, a Marco Aloi che ha lasciato Pesaro dove fare cena e pranzo è sempre difficile, come si vede sul campo dove la squadra non regge tutta la partita, questo baskettuccio da cortile ci ha venduto quello che ha: giocatori cannone soltanto perché gonfiati da una critica che lecca, non aiuta a crescere.

Questione di mezzi, di povertà tecnica, ma sembra che la malattia abbia contagiato molta gente di basketlandia, il regno dove lasciano spazio alle idee dei ricconi sperando di potersi godere una vita diversa con le briciole che cadranno dalla tavola reale. Quelli vogliono pernici e caviale, pretendono 12 stranieri 12, lasciamoli fare, tanto poi qualcosa ci torna indietro. La gente canta, festeggia sulle tribune, anche quelle incivili delle zone “riservate” ai tifosi ospiti, la vergogna di leggi capite e applicate male, ma non sa che a casa Petrucci questo rospo della Lega è stato rosolato con l’acido. Una guerra silenziosa. Chi guida la cordata è anche quello che amministra la regalia più munifica per lo sport italiano dal Coni in giù. Bisogna essere cauti. Tutti amici per lasciare che Barnum presenti lo spettacolo, ma sotto c’è fuoco e la battaglia sulla capienza minima per i palazzi che ospiteranno partite di play off è soltanto una finzione teatrale. Le armi sono pronte, certo mancano i soldati coraggiosi, ma pagando bene si troveranno anche quelli come si legge già su qualche bollettino spacciato per quotidiano. La Nazionale? Be’, ci penseremo quando sbatteremo contro qualche muro croato.

Dicevamo dei sogni di Hugo Cabret che, come avremmo fatto noi, è andato a cercare nella nastroteca i lavori di Melies, lasciando ai Barnum di oggi lo spettacolo andato in scena fra la vigilia di Natale e Santo Stefano, schivando persino l’indignazione di chi non ha capito il mezzogiorno di fuoco del Forum dove non c’erano gatti per andare a caccia dei soliti topi, ma dove sono andati in diecimila. Certo molti venivano da Brescia. Ma la cornice era degna di una partita che promette di essere rigiocata quando le cose conteranno più di un gradino in classifica. Brescia ha pagato il braccio corto che può arrivare senza annunci se ti senti fuori posto. All’inizio è stato così, ma poi l’Armani è andata in corto, seppur protetta dalle coperte di Linus Pianigiani, un fenomeno nel trovare spiegazioni all’isterismo che prende lo squadrone quando gli avversari chiedono di vedere tutte le carte e i vestiti: quelli sontuosi per l’attacco che ci sono e saranno più belli ancora a febbraio in coppa Italia, almeno questa è la promessa in sartoria Forum, quelli che dovrebbero essere tute da lavoro per la difesa.

Secondo i cantori di corte è stata quella difesa “arcigna” di Milano che ha incatenato Brescia e il suo talento migliore Landry, dopo una rimonta da meno 15, nei 3 minuti finali iniziati con 6 punti da recuperare. Be’, certo, il grande sub sa calcolare discesa e risalita, controlla i tempi. Con Brescia è andata bene, con altre, magari Malaga spacciata per squadrone, venduta come super corazzata per rimbalzi d’attacco cominciando da piedi dolci Shermadini, un po’ meno. Ma state un po’ zitti, chiacchieroni di Milano, quando ci sarà da raccogliere vedrete. Certo il Bianchi presidente legaiolo, che rimbalza sui teleschermi e sui campi, alla fine dovrà dare un premio significativo per gli effetti speciali proprio a Milano perché nel grande mistero agonistico dello sport gli uomini di Armani sanno come rendere affascinante ogni momento: perché dare l’impressione di avere in mano il giocattolo, che si divertano anche gli altri, basta che alla fine le cose tornino a posto, ma non come l’anno scorso e quelli che hanno portato alla catastrofe sono stati tutti mandati via. Quasi tutti, insomma.

Barnum ci dice che dobbiamo essere contenti di un campionato come questo dove si freme aspettando Bologna fra le otto finaliste di coppa Italia, perché la Virtus porterebbe a Firenze un popolo che ha fame di grandi imprese adesso che ha trovato il suo cavaliere in Alessandro Gentile. A tre turni dal primo verdetto soltanto Brescia, Milano, Avellino, Torino e la Venezia con i suoi fantasmi lagunari che tornano quasi sempre d’inverno, sono sicure, Sassari lo è quasi certamente e se dovessimo dare un avviso ai naviganti consiglieremmo di fare attenzione al brigantino di Pasquini e Sardara. Sanno chi sono e dove vogliono andare.

Il filotto di Trento ha risvegliato la montagna come è sempre stato dove è permesso sbagliare se poi hai voglia di lavorare per rimettere le cose a posto. Su Cantù inutile ripetersi: chi è rimasto nella lotta e non ha fatto rima borgatara ritirandosi dalla battaglia può creare problemi a tutti. Su queste due deve fare la corsa Bologna per entrare nelle 8 e il calendario dice che l’aggancio si può fare. Vedremo. Questi mesi “preparatori”, agli allenatori piace presentare così il loro lavoro, ci hanno abituato a vedere lucciole prendendole per lanterne. Lo strapotere annunciato della Milano dei 17 giocatori è stato rimandato ai tempi del raccolto perché anche avendo vissuto l’esperienza traumatica della prima eurolega fare il doppio viaggio è davvero difficile. Ci si allena meno, si mangia peggio, si dorme poco. Chissà come sarà l’anno prossimo adesso che l’Eurolega ha deciso di portare a 18 le partecipanti alla NBA de noantri, inserendo la Francia col Villeurbanne che è storia del basket in questo vecchio Continente, oltre alla finalista dell’Eurocup, tanto per far arrabbiare ancora di più la Fiba e Baumann a cui resta soltanto la solidarietà di chi vorrebbe ma non può permettersi altro che le coppette inventate per premiare diritti sportivi che poi vengono calpestati in altre maniere.

Le pagelle dalla vecchia stazione parigina dove l’orfano Hugo Cabret sfuggiva al “temibile” poliziotto Sacha Cohen.

10 A Bebe VIO per come ha vissuto nella stamberga del Taliercio la sfida fra le grandie eretiche che hanno osato togliere gli scudetti scritti ad Armani. Lei certo si è divertita, ma De Raffaele molto meno per il finale di Venezia e Pasquini per l’inizio di Sassari spremuta dai viaggi.

9 Ai GENTILE nuova gloria Virtus, anche se Stefano, a Varese, è andato certo meno bene di Alessandro Rodomonte che ha fatto strage nelle difese di Artiglio Caja, buttando fuori i guardiani che poi erano anche i più prolifici nella partita dei secondi rubati. Ma il peggio, gli arbitri, lo hanno fatto dentro quella sfida. Per Alessandro un solo avvertimento: legga il meno possibile. Nell’incenso si soffoca.

8 A Dada PASCOLO che insieme a Cinciarini, l’unico che sa davvero dare soddisfazione a tutti i pezzi del jumbo Armani, dimostra che se pensi soltanto a giocare, senza piagnistei, senza trovare sponde fuori dalla società, allora puoi anche prenderti qualche soddisfazione.

7 Agli arbitri NBA se avessero piacere di passare qualche settimana da queste parti. Certo anche loro fanno degli errori, sul fallo non fallo di Durant contro Lebron James si brucerebbero mille notti di processi, ma interpretano il gioco come dovrebbero fare anche in Europa. Qui una partita NBA durerebbe più di quattro ore.

6 A VUJACIC che ha smesso di essere soltanto Sasha Hollywood per pensare davvero al bene della Torino del Luca Banchi che viaggia sopra la media, ma non è ancora la squadra che piace al maremmano.

5 A UDINE che, pur ritrovando entusiasmo per il basket come ai tempi di Snaidero, non può accontentarsi di palazzo come il Carnera che sarà esaurito per il derby con Trieste. La citta e quel movimento cestistico hanno molto di più da offrire anche se Lardo sta facendo andare bene la squadra sul campo.

4 A Romeo SACCHETTI perché quella sua meravigliosa camica rossa per l’intervista televisiva natalizia avrà mandato di traverso il boccone del prete al presidente Petrucci che ama i colori tendenti all’azzurro. Comunque al presidente federale avrà fatto piacere sentire un vero credente.

3 Alla VENEZIA tricolore che ha smarrito un concetto base: se non vive come squadra allora può farsi rimontare spesso e battere anche da molti. La speranza è una vittoria anche trovata fra le pieghe di secondi che correvano troppo deve ridare almeno una fede nel gruppo e Peric lo ha capito, certo tirare 6 su 31 da 3 farebbe venire il mal di mare anche in Laguna.

2 Alla LEGA se pensa davvero che Petrucci stia scherzando sulla capienza minima dei palazzetti per i play off. Hanno voluto fare le rane dalla bocca larga con la storia dei 12 stranieri 12? Allora qualcuno lo dica forte e chiaro.

1 Ai COMUNI insensibili davanti al “grido di dolore” delle squadre che giocano dentro impianti inadeguati. Il credito sportivo dovrebbe esistere per questo, ma certo se la gente si fa i dispetti allora è giusto che si vada a giocare altrove in uno sport dove chi ha i denti non ha il pane e viceversa.

0 A REGGIO EMILIA dove sembra davvero impossibile ricreare l’atmosfera che aveva fatto di questa società un simbolo per chi ancora è convinto che se lavori con i giovani avrai bei risultati anche con la prima squadra. Sappiamo dei tormenti di Menetti, siamo solidali con un allenatore che meriterebbe almeno di vedere tutti impegnati a remare da una parte. Se trova il topicida bonifichi dentro e fuori dallo spogliatoio.

Share this article