Morte della Confederations Cup

16 Giugno 2017 di Indiscreto

Buon per la FIFA che in Russia sia presente il più forte giocatore del mondo, se no questa Confederations Cup sarebbe già da subito, prima ancora di guardare le partite, la più triste di sempre. Guardando le rose delle otto partecipanti si fa fatica a trovare giocatori che nell’ultima stagione abbiano giocato da protagonisti in un club di primissima fascia europea: Cristiano Ronaldo, Vidal, Ter Stegen, Claudio Bravo, Alexis Sanchez, Draxler e poi sinceramente facciamo fatica ad andare avanti. Colpa indubbiamente della Germania, che ha mandato in Russia una autentica squadra B, della nazione ospitante che è al livello forse più basso della propria storia calcistica, e delle situazioni continentali che hanno privato il torneo delle varie Brasile, Spagna, Italia, Uruguay (tutte e quattro presenti quattro anni fa in Brasile), Argentina, Inghilterra, Francia, con tutto il rispetto per Portogallo e Cile che il rispettivo torneo lo hanno vinto e non sono certo usurpatori. La doppietta Australia-Nuova Zelanda (gli australiani rappresentano l’Asia), poi, non abbassa il livello ma nemmeno lo alza. Non c’è dubbio che questa competizione abbia ormai perso il suo significato originario, che era quello di un piccolo Mondiale da giocarsi ogni due anni e da portare nel tempo (questo il sogno di Blatter) a sedici partecipanti quasi tutte di primo livello attraverso wild card e altri trucchi. L’operazione non è riuscita, per l’opposizione un po’ dei grandi club europei e molto delle confederazioni continentali che pensavano (a ragione) che il loro Europeo e la loro Copa America avrebbero perso di significato, così dal 2005 la manifestazione è diventata quadriennale e altro non è che una prova generale organizzativa in vista del Mondiale. Da moribondo questo torneo si trasformerà probabilmente in morto, visto che nelle intenzioni della UEFA la neonata Nations League (si parte l’anno prossimo) avrà cadenza biennale, con fase finale negli anni dispari.

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