1981, la rinascita di Sanremo

11 Gennaio 2021 di Paolo Morati

Quaranta anni fa, era appunto il 1981, il Festival di Sanremo riconquistò definitamente quell’attenzione del pubblico che nel decennio precedente aveva perso. Lo fece a partire dal palcoscenico, colorato e moderno come mai prima, a introdurre il periodo più pirotecnico ed emozionante di sempre, almeno dal nostro punto di vista. Ma lo fece soprattutto per le innumerevoli canzoni che sarebbero entrate di diritto nella storia del pop italiano. Così ci è sembrato giusto avviare i post musicali del nuovo anno proprio parlando del Festival della Canzone Italiana che dal 5 al 7 febbraio del 1981, con la conduzione di Claudio Cecchetto, cambiò di fatto la storia di una manifestazione che l’anno prima aveva già mostrato segni di ripresa senza però lasciare un segno quanto quello dell’anno successivo. Non ci credete?

Partiamo dal podio. A vincere fu Alice con l’eccellente Per Elisa, scritta da lei stessa insieme a Franco Battiato e Giusto Pio. Un brano poderoso e aggressivo, il primo del genere ad aggiudicarsi il Festival, fino ad allora dominato dalla melodia, per un’artista che proseguirà con coerenza la sua carriera senza cedere alle sirene del successo. Secondo posto per quello che sarebbe poi diventato un grande classico italiano anche all’estero con innumerevoli cover – Maledetta Primavera –, arrivato in a gara quasi per caso (avrebbe dovuto essere la sigla di una trasmissione televisiva) grazie alla voce di Loretta Goggi e alla firma di Amerigo Cassella e Totò Savio. Alzi la mano chi non si è mai trovato a cantarla a squarciagola tentando vanamente di emulare l’ugola della brava Loretta? Terzo posto per uno dei maggior melodisti del nostro scenario leggero, ossia Dario Baldan Bembo, autore delle musiche di grandissimi successi del passato, tra i quali Amico di Renato Zero e Minuetto di Mia Martini, e maestro dell’organo Hammond. Tu cosa fai stasera da lì diventò un inno alla bella canzone italiana con quella rima sul “gabbiano di scogliera”. Insomma, già dai primi tre posti si capisce lo spessore della gara.

Proseguendo, il Festival di Sanremo del 1981 fu quello dell’esordio dei Ricchi e Poveri in formato a tre con Sarà Perché Ti Amo (scritta da Pupo, Daniele Pace e Dario Farina), altra canzone capace di superare i confini nazionali oltre che la più venduta di quella edizione, che rappresentò un rilancio per il gruppo ligure privo della voce di Marina Occhiena ma con una rinnovata verve, e supportato da un pubblico dell’Ariston entusiasta. E ancora, ci colpì subito Questo amore non si tocca di Gianni Bella, forse suo ultimo singolo di successo come cantante (certo non come autore) al di là dei duetti con la sorella Marcella, quest’ultima in gara con la non memorabile Pensa per te. Entrambi i brani portavano anche la firma di Gian Carlo Bigazzi.

Tanti nel frattempo gli esordi (o quasi) con il botto. Qui non possiamo esimerci dal citare per primo quello di Eduardo De Crescenzo, con una interpretazione profonda ed emozionante, con quegli occhialoni e le mani dietro alla schiena, e una voce dalle alte vette, sulla canzone Ancora di Franco Migliacci e Claudio Mattone, per un artista e musicista sottovalutato da pubblico e critica fossilizzata sui soliti nomi (ma del suo primo album parleremo in un’altra occasione). E poi arrivò Caffè nero bollente (Mimmo Cavallo e Rosario De Cola) di una Fiorella Mannoia ancora lontana dalla rossa corteggiata dai grandi cantautori, tra versi allusivi (“Io non ho bisogno delle tue mani, mi basto sola”) ed enormemente rock.

Il giovanissimo Luca Barbarossa, con la sua Roma spogliata, un pop folk di buona fattura per un personaggio oggi tra musica e radio. Il talentuoso e riccioluto Michele Zarrillo, con Su quel pianeta libero, che avrà poi le sue rivincite qualche anno dopo. Un prossimo autore di successo come Franco Fasano (Un’isola alle Hawaii). Fino a quella Hop hop somarello di Paolo Barabani di cui abbiamo scritto di recente. Di culto infine l’esibizione di Jò Chiarello con Che brutto affare, testo di Franco Califano (“Scemooo… non sei nemmeno la metà di un man”). Insomma un Sanremo con i fiocchi, con la ciliegina sulla torta di un tormentone glorioso, ossia la sigla, Gioca Jouer. E scusate se è poco.

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