Mele in faccia a Repesa

9 Ottobre 2015 di Oscar Eleni

Oscar Eleni con amici che non dimenticano al Grigo day, su, ad Amblar, prima di farci portare nel paradiso di Franco dalla Menghini, la moglie del nostro pescatore di anime. Valutando i cervelli, ma con una bella spolverata giornaliera ai comandamenti dell’esistenza, dell’etica, della professione, che dal suo lago di oggi capisce anche chi, diventando davvero famoso, può soltanto scrivere da lontano, per impegni superiori e sopraggiunti, toccando il cuore, ma anche facendo venire i soliti sospetti a chi si è abituato a giudicare le facce anche dietro le maschere. Il basket come lo vivevamo quasi tutti noi e certo non ti capitava di trovare spendaccioni con i soldi del papà nobile che per non salutare giravano le loro giacchette da fighetti che vanno a cercare finferli e poi trovano finti “porcini”, capi bastone inaciditi a caccia del consenso cercando il conflitto a fuoco con parole mai appropriate. È il mondo fatto a scale, dove devi avere “conoscenze” persino quando hai bisogno del parcheggio, se vai al palazzo per lavoro, per non finire taglieggiato.

Palazzo? Quando faranno una verfica vera e controlli seri, grantendo che su ogni campo si possa vedere la partita e si possa trasmettere, allora capiremo meglio il sorriso del presidente Marino sul palco con quelli di SKY. Cara gente, mettere chi deve commentare a distanza, in ogni senso: farli sedere dietro il piccolo esercito dei televisivi in viaggio, quindi impossibilitati a vedere, dimostra che proprio non ci sarà pace, ma del resto perché pretenderla. Meglio separati in casa, se poi è quella che piace al lorsignori dalle braghe non sempre bianche, allora alle armi cittadini di basketlandia, formiamo i nostri piccoli battaglioni sperando che Wertherone ritrovi le voglie ammosciate dai nuovi tenutari delle nuove testate cestistiche, quelle dove non avendo niente di nuovo da dire, quelle dove tutto va bene per la madama e anche per la marchesa, si pensa ancora di spaventare vecchi bucanieri facendo sapere che hanno un fondo spese anche per querelare. Eh sì. Altro che dignità e onore. Questi figli mai riconosciuti e riconoscibili del passato se la spassano così.

Questo abbiamo raccontato a Grigo che ci ha detto arrivederci nel 2011. Divertiti davanti a quell’uomo di montagna che al cimitero ti accoglie con sorriso beffardo. Entusiasti nei racconti quando Franca ci ha portato al lago Smeraldo di Fondo per farci esaminare ed annusare da Ice, splendido Golden Retriver della casa che nel laghetto si tuffa, ma non pattina quando d’inverno il gelo cambia il volto, ma non la bellezza di quell’oasi. Cibo sublime, compagnia di giro abbastanza carica e divisa su quasi tutto e mai pensavamo che il principe Raineri ci avrebbe difeso contro i calciofili mentre cercavamo di rendere onore al rugby come sport di squadra, pur ammettendo che l’Italia dignitosa e battuta dall’Irlanda ha spesso deluso, ma più per il mondo intorno che per quelli che si fanno randellare sul campo. Meglio la polemica dell’ipocrisia, sodddisfazione da poveri che non sembrano vedere cosa succede nel loro paesello dove il peggio non finisce e non finirà mai come direbbero gli stessi che nelle buche e nei rifiuti ci sguazzano.

Certo non cambiava l’atmosfera andando a trovare le mele sui tavoli del Pala Trento. Che mele, che mele cantavano in tempi dove non rischiavi di essere travolto da gente che smanetta sui telefonini, guarda in basso e sbatte la testa contro pali della luce, viandanti ignari. Sapevamo che Longhi, i Trainotti, ci avrebbero fatto trovare un nido delle Aquile bello caldo, carico, peccato non tener conto che senza rialzi, chi sta dietro alla prima fila, anche chi paga, non vede tantissimo. Intuisce. Allora, ci hanno sibilato i soliti noti del te lo dico dopo, mai prima, non veniteci a dire che questo Emporio Armani è davvero la squadra favorita per lo scudetto con margini sulle altre pretendenti. Che mele, che mele, questa volta non dolci come il miele. Se le prendi in faccia fanno malissimo, e Milano, all’esordio in campionato, lo ha fatto in maniera masochistica, irritandosi per l’energia che Buscaglia dava ai suoi aquilotti amanti di un basket fra la strada e il politecnico, reagendo in maniera sbagliata, da gruppo rintronato dai fusi e dalle partite senza allenamenti.

La verità sulla Milano di Gelsomino Repesa la sapremo fra un mese, quando la “Mano” avrà lavorato sulla testa della squadra costruita intorno al giovane re sole di casa Gentile: essere a servizio di una stella dichiarata ha un senso se si interpretano partite come quella di Trento. Il giovanotto che tutti vedono già a Houston, NBA, ha preso due stangate in faccia da Sutton, stoppate pulite, si è guardato intorno, panchina e corte al seguito, ha reagito come capita agli atleti quando li mandi fuori giri e non li fai respirare con pause giuste nel lavoro. In quel momento doveva scattare la protezione dei pretoriani. Niente. Salvo McLean tutti a caccia di quello che non possono essere. Nel circolo vizioso del ‘ve lo avevo già detto’ ecco entrare i messaggeri di sventura: questa nuova Milano non ha tanto talento. Ohibò. Però ha uomini per difese solide, ha molto più degli altri, ci mancherebbe visto quello che costa. Parlate di talento. Be’, non sarà come gli anni scorsi, ma ricordate pure che se ce n’è troppo accade che nella divisione dei pani, dei pesci e dei palloni si vada al conflitto armato, con i risultati e le vittime che sapete. Comunque da queste mele trentine Repesa farà bene a tirare fuori il succo, anche se prenderle in faccia è doloroso. Deve passare la nottata, anche se l’Eurolega non lascerà tanto respiro. Sofferenza nella costruzione. Ne saranno tutti contenti se avverrà davvero, o almeno lo sperano i quasi diecimila fissi del Forum con tabelloni segnalatori da guerre puniche, il postaccio dei parcheggiatori che strangolano e minacciano, l’arena che ha mandato in tilt la mastodontica macchina organizzativa NBA: alla fine era più l’indignazione per quello che mancava piuttosto che la soddisfazione per il clima dolce della serata. Credere nel sistema Repesa. Ma dovranno farlo tutti e in quel poco che siamo riusciti a vedere sul campo di Trento non è ancora così. Vedremo.

A proposito ci ha fatto piacere rivedere in pista, seppure lontano dal campo, Sandro Crovetti l’africano, il dirigente reggiano che con le sue dimissioni ha provocato lo tsunami virtussino: ha accompagnato Basciano, l’uomo della provvidenza per un radioso futuro Virtus, nella sede del Carlino dove l’uomo che ha preso il posto di Villalta, con il giusto diritto che spetta a chi paga, a chi tiene insieme cordate importanti, si è presentato in una intervista ad Angelino Costa meno viperignu del solito, ma non è il caso di essere aggressivi con chi ha mostrato tanta disponibilità. Magari fossero tutti così.

Breve noterella che riguarda sempre Bologna dove vorremmo esserci a fine mese, perché al teatro Alemanni di via Mazzini la compagnia di Marco Masetti metterà in scena “Al de’ del derby” tre atti scritti da Sandro Samoggia, che sarà anche attore, uno che certe domeniche, speciali per il basket solo sotto le Torri , le ha vissuto interpretando spesso parti diverse in mondi diversi quando ancora per molti di noi non era iniziata l’odissea nell’ospizio del Rincosur.

Restando alla Bulagna dei panieri cosa dire del Belinelli che con Sacramento infierisce su San Antonio? A parte l’aspetto religioso della sfida precampionato bisogna anche dire che dall’altra parte, in panchina, c’era Ettorre Messina visto che Popovich era rimasto a casa per rivedersi, magari, la fantastica intervista stile Mancio contro i giornalisti che “credono di capire e non capiscono na mischia” che SKY ci ha riproposto molte volte riuscendo finalmente e divertirci senza doverlo fare per forza quando chi straparla pensa di essere pure spiritoso, magari, ma non è neppure così, come il prete dello spiritoso santo di ‘Quattro matrimoni e un funerale’.

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