Creditori kosovari

18 Settembre 2014 di Stefano Olivari

A ogni lavoratore autonomo d’Italia e ad una buona metà di quelli dipendenti (non certo quelli pubblici, per riprendere il discorso sugli insegnanti) è capitato almeno una volta nella vita di non essere pagati per un lavoro svolto, per questo il ‘tenere bassa’ la notizia dell’imprenditore italiano che ha ucciso due operai kosovari risulta spiegabile soltanto con un latente (neppure tanto) razzismo di giornalisti e lettori. E poi gli operai morti non mettevano in discussione i valori dell’Occidente, invece di arruolarsi nell’Isis volevano lavorare nelle Marche, quindi poco spazio anche a sinistra. Questa è una storia in cui è facilissimo immedesimarsi, anche per gli stessi imprenditori italiani che a cascata vanno in difficoltà perché gente più cialtrona e disonesta (o la stessa Pubblica Amministrazione) non li paga a monte. Non entriamo nella dinamica dei fatti accaduti nella provincia di Fermo, fatti ancora in via di accertamento anche se il risultato finale è chiaro: Gianluca Ciferri, 48 anni, ha ucciso a colpi di pistola due suoi ex operai (Mustafa Neomedim, 38 anni, e Avdyli Valdet, 26), affermando di averlo fatto per legittima difesa visto che uno dei due lo avrebbe minacciato con un piccone. Ancora più atroce è il mondo che a questi fatti ha portato: i due muratori erano stati licenziati a inizio estate, non per colpe specifiche ma per la mancanza di lavoro dell’impresa edile di Ciferri. E fin qui va bene (si fa per dire), siamo tutti liberisti anche noi che il liberismo lo subiamo. A non andare bene è che Ciferri, come tutti i Ciferri di questo mondo, non avesse pagato ai due ex dipendenti né liquidazione né diverse mensilità arretrate. Neomedim e Valdet, dopo ripetute richieste, avevano minacciato azioni legali e poi la causa per avere il dovuto l’avevano iniziata davvero (tramite la UIL, abbiamo letto). Soldi arrivati? Zero. Ripetiamo: ci sembra di raccontare la vita quotidiana di molti di noi, ormai disperati recuperatori di crediti nei confronti di chi si rifiuta di pagare adducendo le scuse più improbabili: da malattie di congiunti come nemmeno a Chernobyl a mitici ‘pagamenti in arrivo’, da nuovi lavori da iniziare per poter pagare quelli vecchi fino a discorsi sull’universo mondo (colpa del WTO, dei cinesi, della grande finanza). E stiamo parlando di gente che nemmeno quest’anno ha rinunciato alle vacanze, entrando (ma ne siamo mai usciti?) in modalità demagogia potremmo osservare che la spiaggia per i propri figli vale più della vita dei figli degli altri. Cosa vogliamo dire? Che in fondo è incredibile che accadano così pochi episodi come quello di Molino Girola, qualunque sia la nazionalità dei creditori. Piccoli creditori, ma per i quali quelle poche migliaia di euro rappresentano la differenza fra la sopravvivenza e la miseria. Insomma, siamo un paese popolato da gente troppo buona. A proposito: un grandissimo cialtrone, residente non lontano da Fermo, ci deve circa 5mila euro per fatture risalenti a vendite di inizio 2012, un altro una cifra analoga per lavori di quasi 10 anni fa, uno residente vicino a noi (abbiamo anche fatto insieme il primo corso di minibasket!) cifre minori, peraltro tutte già fatturate, dal 2011. Un altro, classico imprenditore 2.0, ci ha fatto anticipare quasi 4mila per i collaboratori di un sito web (di cui eravamo collaboratori a nostra volta), senza mai porsi il problema di restituirli: per sfuggire a noi, che alla kosovara lo abbiamo più volte aspettato sotto casa, e ad altri si è inventato numeri che hanno stupito anche gente con il pelo sullo stomaco (a partire dall’attacco di hacker al suo conto corrente, con tanto di presunto ‘phishing’). Per questo avremmo dato più spazio alla morte dei due operai kosovari, la cui vicenda tocca la gente reale. E alla riforma della giustizia civile, che fa poca audience ma che libererebbe in tutta Italia energie finora rimaste in cantina. Cosa ce ne frega di Berlusconi, feticcio per tifosi agitato ogni volta che si parla di giustizia… Berlusconi che fra l’altro, ai tempi in cui faceva solo l’imprenditore edile, nella poco memorabile Milano degli anni Settanta, non aveva certo la fama di pagatore puntuale.

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