Osservati dall’Osservatorio

25 Febbraio 2013 di Oscar Eleni

Oscar Eleni travestito da putrella nella gabbia del PalaDesio dove osservatori orbi, come dice il Pedrazzi, non hanno fatto entrare i tifosi di Varese, dove abbiamo camminato sulla carta igienica ascoltando il silenzio di una Lega senza voce, solidali al massimo con il presidente federale Petrucci che ha conosciuto la sua settimana nera dopo aver scoperto che non gli volevano tutti bene se il direttore della Gazza orgasmica ha parlato degli anni del petruccismo finito con la vittoria di Giovanni Malagò salito al soglio pontificio del Coni dopo aver battuto il Lello Pagnozzi sostenuto dall’uomo che è venuto ad aggiustare le troppe retine stracciate di mondo basket.

Neve al veleno sulla testa presidenziale: sconfitta al Coni, remissione del mandato e dei peccati per i Servizi che gestiva insieme al Pagnozzi che era stato il suo capitano Alatriste nel periodo lunghissimo di regno al palazzo acca. Annullamento per maltempo del viaggio pastorale nella Bologna da rianimare, hanno persino rimandato per neve una partita che si giocava a Casalecchio con Avellino  rimasta nel ghiaccio delle decisioni incomprese, ma la Lega, si sa, è fatta così. Poi l’Osservatorio che tratta il basket come il calcio, è l’unico a farlo perché al gioco non arrivano risorse esterne di alcun tipo e le televisioni che lo trasmettono sono pronte a lasciare il pezzo di carta sull’austrostrada di Reggio Calabria, una decisione che ha “rubato” a Cantù, emigrata a Desio proprio per guadagnare qualche euro in più, almeno un terzo dell’incasso come già era accaduto a Milano per la sfida perduta contro i ragazzi del Custer Trinchieri atterrato dalla broncopolmonite. Un provvedimento di comodo che non ha davvero svegliato la Lega dal grande sonno, perché se non protesti, se non ti ribelli avrai sempre il peggio e invece bisognava agitarsi, chiamare in causa lo stesso neo presidente del Coni, ribellarsi davvero, tutti insieme, facendo capire che siamo davanti alla chiusura per troppe società;

Poi ecco l’annuncio della restituzione alla Nazionale italiana, a tempo pieno, pienissimo, da parte del Fenerbahce Istanbul di un Simone Pianigiani in pezzi, speriamo non al punto di perdere la visione giusta sugli azzurrabili che servono, che amano davvero la  maglia, proprio nei giorni che precedono la conferenza stampa organizzata a Siena per venerdì prossimo. Mettiamoci pure le dichiarazioni di Carlo Recalcati sullo stato di crisi di una società che a Montegranaro sembra in chiusura se va in trasferta con uno straniero in meno, se l’allenatore ammette che è molto difficile allenarsi, persino vivere, se non ti pagano, anche se poi sul campo questi si battono come è accaduto a Cremona, ma resta quella frase: ”Io posso anche cavarmela se non ricevo lo stipendio, ma i giocatori no”. Insomma dopo Caserta, Avellino, dopo lo sganciamento di Minard dalla Virtus Bologna che ha fatto aumentare i sospetti sulla dura realtà bianconera, non tanto per aver perso un giocatore che dava così poco, ma per la forma del divorzio negato dalla società nello stesso momento in cui l’agente faceva sapere che sarebbe stato meglio per tutti separarsi. Meglio perché?

E tutto questo nelle prime settimane del Petrucci regnante, abbacchiato, abbandonato, solo  davanti ad un basket che voleva rigenerare subito, anche se avrebbe dovuto ben sapere come stavano le cose perché al Meneghin incatenato dal dovere nella taiga facevano la guerra gli stessi che oggi guardano con occhio di triglia questo sfacelo dove si festeggiano 200 mila ascolti televisivi. Cartelli di caduta massi  per noi credenti nella figura carismatica di allenatori che abbiamo sempre stimato, anche se non sempre amato: Pianigiani in fuga dal Bosforo, Messina alle prese con un CSKA che non gli assomiglia proprio come se le dolcezze californiane avessero cambiato il suo modo di vedere le cose stregato dal mambismo dei Bryant nel mondo, Repesa in pezzi sul tablao flamenco di Malaga, lo spogliatoio del Basconia Vitoria diventato saloon per risse anche con Tabak dopo il tradimento a Dusko Ivanovic.

Troppe cose vanno male, ma, per fortuna, esistono isole dove, passata una tempesta si rimette in piedi la capanna, si prega davanti allo stesso idolo, si finge che tutto  andrà meglio quando passerà il monsone del campionato, una fase inutile per chi sa di avere in tasca la soluzione per il finale che porta allo scudetto. Si chiama isola del Naviglio dove Livio Proli parla di prova vergognosa mentre don Sergio Scariolo mette in discussione (ancora una volta?) tutto quello che c’è intorno, partendo dalla negatività che deve riflettersi sui giocatori scelti da lui e dai suoi Tigellini, ma dove lo stesso presidente rimanda tutto, come l’allenatore del resto, quello che è rimasto, non il Frates inzigato e poi infilzato, alle fasi delle partite che porteranno al titolo. Insomma aspettano Alamo gli uomini di questi generali Santa Ana, sapendo che gli altri hanno a disposizione poca polvere e un paio di cannoni. Non dite che è colpa loro se Hendrix, quello inguardabile nella gestione Emporio, rende bene a Krasnodar, sul fiume Kuban, la colpa è del solito bayon che porta atmosfera negativa intorno alla squadra negandole abbracci e baci per imprese intermedie, per le tappe mangia e bevi del campionato contro avversarie che hanno tanti motivi, spesso, per fare l’inchino.

Adesso la salvezza, proprio come nel girone di andata, arriverà domenica sera con la partita al Forum contro il Montepaschi spremuto dall’eurolega, dal successo in coppa Italia, abbandonato da troppa gente, criticato da chi, ancora oggi, insiste a dire che dominava soltanto perché aveva più soldi e poteva pagare come voleva. I fatti dimostrano il contrario, ma poi sul campo questa Siena dovrà andare con quello che ha potuto mettere insieme nell’anno di rivisitazione della vera natura per una squadra Mensanina, cioè dei periodi in cui non c’erano soldi. Degli anni, anche con Minucci imperante, dove hanno imparato prima a perdere e poi hanno invaso il mai sacro impero dei canestri sottomettendolo, anche perché a Roma e Bisanzio c’erano avversari con la vocazione a servire più che a costruire insieme.Siena come purificazione per l’Emporio che guarda storto tutti i suoi critici, dentro e fuori, che  conosce la verità e la farà trionfare nei giorni dei verdetti che contano. Il pallone è in mano loro. Alla fine faranno giocare sempre e soltanto chi vogliono loro anche se Varese, Sassari,la stessa Cantù e anche Siena potrebbero mettersi di traverso con l’ultimo colpo di cannone se avranno il fattore campo a loro favore in mesi che portano verso il calo della severità arbitrale nei confronti delle squadre di casa: una sola vittoria in trasferta in questo turno, Roma a Caserta.

Pagelle ballando una danza irlandese con Arturo Kenney, la famiglia Percudani, il grande Bisacca, radunati per il memoriale basket di Fairfield, soci speciali della Hall of Fame di quella università per tutti coloro che hanno  mangiato lasagne senza carne di cavallo.

10 A Greg BRUNNER il Taras Bulba della Trenkwalder che ha annichilito le fanterie di Sergio Scariolo sperdute intorno al palazzo reggiano dove tutto funziona meno i cronometri. Possibile, ancora oggi? Se arrivano quelli dell’Osservatorio chiudono tutto, basta un difetto e quelli sbarrano le porte.

9 Al Drake DIENER che si è messo  ali nuove per far andare al primo posto la grande Sassari di Sardara e Sacchetti, una squadra che vince anche senza Thornton, che vince perché ha una anima, un progetto, una grande idea in testa.Peccato che poi ce ne dimenticheremo, peccato che non abbiano un uomo in più in panchina, peccato che abbiano pochi santi in paradiso dove si decide anche chi fischia usando i fiaschi.

8 A Carlo RECALCATI per averci informato, senza drammatizzare, sullo stato vero delle cose nell’isola di Montegranaro dove tutto è appeso ad un filo. Sul campo di Cremona non avevano Steele, ma sono rimasti in gioco fino all’ultimo tiro. Ora appare chiaro che l’unica retrocessione non avverrà sul campo. Sembra chiaro. Allora chi si muove per primo, sgrava le società dal peso, libera il territorio dai mercenari e fa ripartire tutto con una logica economica legata al momento?

7 Al Pietro ARADORI barbuto che ha trascinato Cantù nella partita più difficile della stagione e non certo perchè il bravo Molin ha dovuto dirigere al posto dell’ammalatissimo Trinchieri.

6 Al vecchio BOWERS che ha rivitalizzato la littorina Reyer Venezia in arrivo sul binario della zona play off dove , al momento, ma soltanto al momento, non c’è più Brindisi e dove Milano se la gode mangiando pesce crudo, aspettando il giorno dei giudizi a fine campionato quando, ne sembrano convinti, i suoi peccati saranno rimessi agli  altri.

5 Al Simone PIANIGIANI fiaccato dalle fatiche turche. Speravamo che ce la facesse anche volando da solo. Ora deve ricominciare credendo nel bene della vita e non pensando al male che si è fatto scegliendo male i giocatori.

4 Al BARGNANI che molti grulli italioti considerano fra le possibili salvezze azzurre. A Toronto lo fischiano, lui dice di sentire questi dissensi, ma di non essersi mai preoccupato perché  il tassametro corre e, prima o poi, tornerà a segnare nella squadra che senza di lui ha fatto davvero molto bene, soprattutto nei giorni in cui aveva sentito cinguettare il ragazzo romano che considerava i Raptors la peggiore squadra NBA.

3 A Gianni PETRUCCI se non trova subito l’esorcista, forse doveva pensarci quando ha costruito il suo nuovo governo cestistico, per togliere il malocchio da questo basket che, per la verità, è afflitto più dall’incompetenza che dalla sfortuna.

2  All’UFFICIO INCHIESTE (esiste ancora?),  se non interviene su questo finale irregolare in A1 e A2, segno dei tempi, della crisi, ma anche di un mondo dove recitano tutti per il Woody Allen di Crimini e Misfatti: senti, io non mi intendo di suicidi, partite di basket sospese per neve in serie A. Quando sono cresciuto nella basketlandia vera eravamo troppo infelici per pensare al suicidio, pensavamo a sopravvivere lavorando tutti insieme.

1 Alle LEGA basket di serie A, quella di A2  e quella Nazionale le lasciamo nel loro brodo di ortiche dove si spartiscono il nulla, per questo silenzio sulla vergogna  di Desio, della gabbia, del lucchetto. Battere i pugni sul tavolo, ribellarsi adesso, perché  se non lo fanno ora quando?

0 All’OSSERVATORIO del Viminale che in maniera pilatesca ha deciso di vedere il male nel derby Cantù-Varese spostato a Desio per incuria della città dove un tempo si dominava l’Europa, un male non osservato a Milano per il derby di calcio, andato benissimo perché anche gli ultras hanno capito che la pace rende più  della guerra e delle coltellate che continuano, invece, nelle zone romane intorno all’Olimpico e al Coni. Togliere incassi a chi vive con così poco vuol dire condannare e non ci stupiremmo se Anna Cremascoli, presidente della FoxTown, vicepresidente federale, dicesse a tutti grazie e arrivederci, ho capito chi siete.

Oscar Eleni, lunedì 25 febbraio 2013

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