Viva Sanremo… e bbasta

11 Marzo 2021 di Paolo Morati

Quello a cui stiamo assistendo in questi giorni è una sorta di rivincita dell’altra musica rispetto a quanto di norma domina le playlist in streaming. E il merito lo dobbiamo all’ultimo Sanremo, almeno guardando alla classifica di Spotify dove i brani dell’ultimo Festival stanno dominando gli ascolti laddove di solito si hanno in gran parte gli esponenti della vocoder mania (qualche spruzzata c’era anche all’Ariston, in effetti) e delle loro storie.

Un trend che ci auguriamo duri a lungo, abituando i fruitori a sentire finalmente suoni diversi, magari non tutti di nostro gradimento ma va benissimo così. Probabilmente è troppo per esultare per un’inversione di tendenza, certo è che fa un certo effetto notare un mix di generi e nomi. Chi l’avrebbe detto di vedere Orietta Berti insidiare nella stessa lista Sfera Ebbasta….

Ecco che urge una riflessione, partendo dal fatto che non abbiamo mai concordato con chi si accanisce contro Sanremo, tra quelli che dicono che non lo guardano perché “fa schifo” (come fanno a saperlo è un mistero, visto che non lo guardano), chi invece lo fa di sfuggita e dice “penoso questo Sanremo”, oppure chi lo segue giusto per fare delle ironie da vecchietti del Muppet Show mettendosi sul piedistallo. Senza contare coloro che giusto una volta all’anno hanno il coraggio di criticare qualcosa, perché sul Festival tanto lo fanno tutti.

Sanremo ha un enorme valore, che va al di là del lunghissimo spettacolo televisivo, quest’anno reso difficile dalla situazione contingente e che noi stessi avevamo auspicato con una formula diversa, più compatta e sperimentale. Perché  al di là dei giudizi di merito su Amadeus, Fiorello, Ibrahimovic, le ospitate e i palloncini in platea, il Festival ha il pregio di promuovere alcuni artisti che altrimenti non godrebbero di alcuno spazio.

Non nascondiamoci: oggi non ci sono grandi occasioni e quelle che ci sono sono spesso già affollate, le playlist non sono certamente un inno alla eterogeneità, e gli ascolti sulle piattaforme di streaming appaiono anch’essi condizionati da una sorta di  pensiero unico che poi influisce sulle classifiche. Perché è chiaro che le canzoni della Berti (adesso, guarda caso, adorata per la sua scanzonata perfezione) o dei La rappresentante di lista non avrebbero mai trovato un grande palcoscenico se non a Sanremo, e lo stesso dicasi per Colapesce e Dimartino o i Coma_Cose che stanno spopolando. Adesso però, che strano, tutti (ci mettiamo anche noi, beninteso) ad occuparsene dopo averli bellamente ignorati.

Quindi è secondo noi il momento finirla di di dire che Sanremo è anacronistico, che non è una manifestazione musicale, che è troppo lungo, eccetera. Al di là della formula televisiva, il Festival della Canone Italiana è l’unica vetrina rimasta per offrire una visibilità enorme nello spazio di pochi giorni ed è per questo che volente o nolente chi non ha veicoli di promozione alternativi, è dimenticato dal pubblico o ancora non affermato ambisce comunque a parteciparvi. Almeno stando al dato di circa 300 (trecento) canzoni candidate quest’anno. Ed è anche per tale ragione che, allo stesso modo, non sempre crediamo a chi dice “Non mi interessa andarci”… quando in realtà significa “Vorrei ma non posso”. Per il resto, mentre si attendono proposte alternative, prendiamo il segnale di questi giorni come qualcosa di positivo: viva Sanremo… e bbasta.

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