Un livello superiore

29 Novembre 2010 di Stefano Olivari

di Stefano Olivari
Le Atp Finals di Londra sono state uno spettacolo non solo per il livello del gioco durante tutta la settimana e per almeno due partite da hall of fame (la finale con il nuovo Federer samprasizzato e soprattutto la semifinale fra Nadal e Murray), ma anche per un contesto ambientale straordinario. La tristezza e il gelo di molti tornei indoor, anche del genere 1000, all O2 Arena non è esistita: pubblico numeroso anche di pomeriggio e anche per i doppi, vippame di notorietà internazionale e con un passato vero (Maradona e Ron Wood qualche cosa in vita loro l’hanno fatta), tifo più caldo che a Wimbledon ma comunque sempre ben sotto i confini della beceraggine.

Tutt’altra cosa, con tutto il rispetto per chi mette i soldi in uno sport che senza sponsor sarebbe morto, rispetto a Shangai, Houston, Lisbona. Il resto l’hanno messo i tennisti, dando quasi tutti il meglio di se stessi (tranne forse Djokovic in semifinale) e chiudendo alla grande un 2010 che rimane l’anno di Nadal ma che si è chiuso con un Federer semi-nuovo. Capace a 29 anni di modificare leggermente il suo gioco, cosa che nessun suo concorrente al trono di più grande di tutti i tempi è stato capace di fare: più rischi nella risposta da sinistra, con spostamenti anticipati alla Sampras, più slice, meno colpi interlocutori (interlocutori solo quando l’avversario è Nadal e la superficie è semi-lenta come a Londra, perché con tutti gli altri sarebbero quasi vincenti), soprattutto la capacità di uscire dalla diagonale diritto di Nadal-suo rovescio incrociato che è stata più di tutti gli altri fattori (non ultimi quelli psicologici) la vera causa del suo bilancio perdente negli scontri diretti con lo spagnolo. In tutte e cinque le partite delle Finals, a dire il vero, il rovescio incrociato ha funzionato a meraviglia al punto che non è assurdo pensare a una sorta di marcia di avvicinamento alla partita che più di tutte gli interessava.

Il bello è che questa fantastica rivalità, superiore come durata a tutte quelle del passato Open (quella più famosa, Borg-MecEnroe, ad alto livello durò solo tre stagioni), si allungherà almeno fino ai Giochi di Londra: una manifestazione a cui Federer tiene tantissimo, come provato dalla smodata esultanza di Pechino dopo il doppio vinto con Wawrinka. Il brutto è che gli ‘altri’ hanno alzato il proprio livello ma rischiano di non durare abbastanza per vedere il declino vero dei due fenomeni: il tennis di Murray è mentalmente e fisicamente estremo, non fosse altro che per la difficoltà nel difendere i propri turni di battuta, quello di Djokovic è superlativo contro chi ne subisce le progressioni ma non contro chi sa cambiare ritmo, Soderling e Berdych possono in teoria battere i magnifici due su qualsiasi superficie (in particolare lo svedese) ma non giocare al massimo sempre in un grande torneo, i giovani veri (ricordiamo che Djokovic e Murray hanno 23 anni, uno solo meno del vecchio Nadal!) sono lontanissimi.

Uscendo dalle statistiche e dai ranking, dopo i primi quattro quelli che hanno più margine a livello di vincere un torneo dello Slam sembrano Tsonga (13 del mondo, più anziano di Nadal) e volendo proprio scommettere Gulbis (numero 24). Baby-fenomeni non se ne vedono, anche se nel tennis maschile le prime impressioni a volte ingannano. Anno 1989, torneo di Arlesheim (paese vicino a Basilea) per Under 10. Due bambini di 8 anni, che in futuro diventeranno grandi amici, giocano uno contro l’altro: Marco Chiudinelli batte Roger Federer al termine di una partita tiratissima. Rimarrà l’unica sua vittoria nei tanti, soprattutto a livello giovanile, scontri diretti. Ma del resto contro Federer perderanno quasi sempre tutti. Tranne uno.

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