Green pass per Porto-Milan

21 Ottobre 2021 di Vincenzo Matrone

Siamo da poco tornati da Oporto, dove abbiamo seguito dal vivo Porto-Milan di Champions League, terza sconfitta rossonera in tre partite di un girone comunque difficile: impossibile aggiungere qualcosa di calcistico a quanto è già stato detto a caldo, è anche per questo che i giornalisti al seguito delle squadre sono ormai pochissimi. A Liverpool non eravamo andati per difficoltà burocratiche legate al green pass, che poi è il primo argomento ovunque si vada oggi: come sono messi con il Covid e le misure anti-Covid?

Alla partenza, a Malpensa, ci controllano il green pass: tutto a posto, ma i poliziotti ci fanno notare che la mascherina di stoffa non va bene. Non capiamo perché, ma ci adeguiamo: è più facile. Così si parte, preoccupati per la gestione del green pass in Portogallo. Ma scopriamo subito, già dall’aeroporto, che in Portogallo a nessuno importa del green pass o di qualsiasi altra certificazione anti-Covid. Non ce lo chiedono al ristorante, né nei musei, né sui mezzi pubblici, né in qualsiasi altro locale.

Ce lo chiederanno allo stadio, spero. Hanno cancellato il pubblico del calcio per un anno e mezzo e adesso tutto libero come se niente fosse? Sì, al Dragão ci chiedono il green pass, ma gli addetti non hanno la macchinetta per verificarlo e basta mostrare un foglio di carta o lo smartphone con il codice, che potrebbe anche essere la tessera fedeltà del supermercato, per passare. Ci teniamo a precisare che siamo vaccinati, pro vax e per niente esterofili, anzi.

Va bé, ci siamo goduti una città bellissima in uno dei rari paesi civili dove la vita costa poco: taxi a 6 euro per percorsi lunghissimi, cene da 15 euro in posti vista mare, uno stadio relativamente nuovo dove una tribuna a due passi dai giocatori costa 70 euro, quasi come il terzo anello di San Siro. A proposito di biglietti, non sono nominativi e non vanno associati ad alcun documento di identità, ma fuori dallo stadio non abbiamo visto mezzo bagarino. Eppure il Porto gioca nella stessa competizione del Milan. In questo caso però il Covid non c’entra, è un discorso che parte più da lontano.

Senza bisogno di parlare del modello NBA e di cose del genere, alla fine della partita ci si trova davanti ad un megacentro commerciale con tanti ristoranti aperti fino a tardissimo. Cosa c’è di strano, dirà qualcuno? Noi usciti da Marassi dopo Sampdoria-Milan avevamo trovato chiuso anche il McDonald’s davanti all’acquario… Tutto questo per dire che fra la commercializzazione di ogni aspetto del calcio ed il trattare i tifosi come se fossimo ancora negli anni Settanta ci può essere una via di mezzo.

 

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