In the box
Ultimo tango a Mendoza
di Stefano Olivari
Pubblicato il 2007-03-22
Il prossimo 28 marzo li affronteremo ancora. Loro scenderanno in Italia fieri come sempre, affrontandoci a testa alta come hanno sempre fatto, pronti a picchiare in campo ma a stringerci la mano alla fine della partita. Perchè gli scozzesi sono così, proprio come vuole il luogo comune (se no non sarebbe un luogo comune): fieri, coraggiosi, duri ma leali. A dir la verità non stanno attraversando uno dei loro momenti migliori, anche se la vittoria sulla Francia lo scorso ottobre ha esaltato il popolo delle Highlands, illudendo forse che i bei tempi andati stessero per tornare. La nazionale scozzese nel 1974 si qualificò per la fase finale del Mondiale -non succedeva dal 1958, quando per il torneo in Svezia si qualificarono tutte e quattro le britanniche – e da quel momento ottenne la qualificazione anche per le quattro edizioni successive. Ma sono soprattutto le due qualificazioni ottenute negli anni Settanta ad essere entrate nell’immaginario popolare, visto che proprio quelle furono anche le edizioni alle quali non parteciparono gli odiati cugini che abitano al di sotto del Vallo di Adriano. Dopo la sfortunata spedizione a Germania 74, quando gli scozzesi uscirono al primo turno solo per differenza reti nei confronti di jugoslavi e brasiliani, la nazionale allora allenata da Mc Leod si presentò al Mondiale d’Argentina forte e agguerrita, decisa quantomeno a qualificarsi al secondo turno (impresa mai riuscita in precedenza). Si trattava tra l’altro di una compagine di tutto rispetto, che schierava Alan Rough fra i pali, una difesa formata dal granitico Kenneth Burns -che proprio in quegli anni si avviava a conquistare l’Europa con il Nottingham Forest -oltre che da Stuart Kennedy, Martin Buchan e Thomas Forsyth. Un centrocampo di autentici campioni, fra i quali spiccavano Kenny Dalglish, Archie Gemmill, Bruce Rioch e Graeme Souness. In attacco Joe Jordan -all’epoca giocatore del Manchester United- e William Johnstone. Gli scozzesi furono sorteggiati in un gruppo all’apparenza non impossibile, visto che dovevano vedersela con il Perù, il misterioso Iran ed una declinante Olanda. La partenza degli uomini di Mc Leod però fu disastrosa. Nella prima partita disputata a Cordoba, i peruviani spazzarono via i nipotini di Bravehearth, nonostante l’iniziale vantaggio scozzese con Jordan. Risultato finale: Perù 3 Scozia 1. Quattro giorni dopo era lecito attendersi un pronto riscatto, visto che gli avversari erano i modesti iraniani. Ebbene anche in quell’occasione Dalglish e compagni fallirono miseramente, pareggiando per 1 a 1 (notare che il gol scozzese fu un autogol dell’Iran…). Gli scozzesi a questo punto si sarebbero giocati il tutto per tutto con gli olandesi nell’ultima partita. Non bastava però una semplice vittoria, visto che per ottenere la qualificazione alla fase sucessiva bisognava ottenerla con uno scarto di almeno tre gol. Domenica 11 giugno 1978, nella città di Mendoza allo stadio “Parque General San Martin”, scese così in campo una squadra determinata a vincere ed a buttar fuori dal Mondiale i vicecampioni del Mondo. Dopo un buon inizio scozzese però fu l’Olanda a portarsi in vantaggio alla mezz’ora con un rigore di Rensenbrink. A quel punto agli uomini di Mc Leod sarebbe servito un miracolo. Al 44’ Dalglish ridiede un minimo di speranza agguantando il pareggio. All’inizio del secondo tempo la Scozia buttò il cuore oltre l’ostacolo ed Archie Gemmill, prima con un rigore e poi con un gol spettacolare portò i blu sul 3 a 1…Il secondo gol di Archie è proprio quello che ancora fa illuminare gli occhi ai frequentatori di tutti i pub da Gretna alle Highlands, quello che viene anche menzionato nel film “Trainspotting” ; quello che è diventato un hit in una canzone della Tartan Army, dove si dice che sesso, droga e salsicce non possono certo essere comparate a ciò che fece Gemmill quel giorno. Era il 68’ minuto di gioco e il popolo scozzese sognò almeno per i successivi quattro minuti. Infatti al 72’ fu Rep a ristabilire le distanze segnando il gol del definitivo 3 a 2. Molti scozzesi ancora oggi sostengono che la nazionale scozzese non si riprese mai da quella partita e ancora oggi ne subisce la sindrome. Novanta minuti nei quali venne concentrato tutto il bello e il brutto che si può augurare un tifoso di calcio. Ma tant’è, gli arancioni andarono avanti e gli scozzesi a causa di una differenza reti sfavorevole, ma a testa alta, tornarono a casa. Il resto della storia lo sapete, l’Olanda raggiunse per la seconda volta consecutiva la finale mondiale e per la seconda volta perse contro i padroni di casa. Peccato però che quell’edizione argentina a noi ricordi tutt’altro e che negli occhi più dell’immagine di Passarella che alza la coppa ci rimanga il ghigno sotto i baffetti del Generale Videla.
Luca Ferrato
ferratoluca@hotmail.com