Teste di Caso

21 Aprile 2010 di Stefano Olivari

di Stefano Olivari
Solo in Italia la famiglia Caso può essere definita ‘una famiglia di editori’. Leggendo dell’arresto di Gian Gaetano e del figlio Fabio nell’ambito di un’inchiesta della magistratura romana su false fatturazioni e abusivismo bancario, con contorno di bancarotta fraudolenta e truffa, la domanda è stata una sola: ma come ha fatto mezza Italia a prenderli sul serio per anni?
Banche importanti, giornalisti famosi, enti pubblici che dovrebbero avere la creazione di lavoro come stella polare. Sono stati infatti i Caso, in società con Alberto Donati, gli editori del defunto Dieci (il tentativo di quarto quotidiano sportivo, tre anni fa, con la direzione di Ivan Zazzaroni): impresa condotta con i soliti schemi della terra dei cachi, pagando (quasi) nessuno e turlupinando addirittura i testimonial (Roberto Baggio). Emozioni, domande, risposte: grande spot. Erano sempre loro a inizio millennio quelli della presunta resurrezione del Globo, sono sempre loro quelli del Clandestino: il quotidiano, appunto clandestino, editato in società con i sondaggisti berlusconiani Crespi (ne è stato direttore David Parenzo). Partenza lo scorso novembre, arrivo qualche settimana fa con la facile previsione della inesigibilità del credito da parte dei collaboratori. Andando a memoria, negli ultimi tempi i Caso avevano fatto un’offerta per l’Unità ed erano stati accostati al Romanista: pur non essendo nè comunisti nè giallorossi siamo contenti che queste due testate abbiano scampato il pericolo. Il punto è che di Caso, soprattutto nell’emittenza locale e nel mondo web, è pieno il paese. Complice una legislazione iper-garantista che mette sullo stesso piano i truffati e i truffatori, che basano la propria autoconservazione sul semplice principio che sono ben pochi quelli che intraprendono una costosa battaglia legale per farsi dare 1500 euro. Con il piccolo imprenditore e il piccolo finto professionista (cioè il dipendente mascherato da partita Iva, per la gioia del datore di lavoro cialtrone), che impiegano metà delle loro giornate in telefonate umilianti. Ex campioni che ti dicono che dovresti essere onorato di lavorare con loro, figli di papà che si rompono il ginocchio prendendo l’aperitivo e con l’home banking sempre inceppato, agenti immobiliari che hanno sempre da presentarti la persona giusta, sponsor che rinegoziano il contratto ben sapendo che siamo una repubblica basata sul cambio merce. Schiacciato fra il partito che tutela il fancazzismo di stato e quello che tutela i ladri, quello che rimane della apolitica Generazione X è pronto per finire nelle fauci dei prossimi Caso.

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