Se ci basta una grande Roma

9 Dicembre 2008 di Stefano Olivari

Il ricco che mete i soldi, per scopi diversi da quelli sportivi o anche solo da quelli di far fruttare l’investimento. Finchè lo sport professionistico mondiale, con poche eccezioni, sarà basato su questo modello strutturalmente disonesto (quali meriti ha il CSKA Mosca nell’avere un roster più forte del Partizan Belgrado, avversario nell0 stesso girone di Eurolega?), dovremo prendere sul serio notizie come quelle di uno stato dittatoriale che vuole comprarsi la Roma. Lo scrivono Milano Finanza e Repubblica, più modestamente ne parla e ne scrive da settimane (anche nella rubrica di ieri) il nostro Italo Muti. Non saremmo in questo caso al 7 e qualcosa per cento di capitale della Juventus, come fu a suo tempo, ma ad una quota di quasi controllo della società: protagonista dell’operazione la solita Libia, forse con la solita Lafico e di sicuro con gli soliti impresentabili protagonisti. Una certezza è che entro Capodanno i Sensi debbano rientrare di oltre un terzo del debito con Unicredit, cioè di 130 milioni sui 350 complessivi. Scaduto quel termine, Profumo (De Biasi è stato esonerato guidando la sua squadra molto meglio di lui) avrà facoltà di gestire la vendita di asset non strategici della Italpetroli. A parte qualche immobile, viene in mente solo la Roma. La notizia è lontana dall’essere una bufala, per motivi molto semplici: la banca centrale libica è azionista al 5% dell’istituto di piazza Cordusio e altri cosiddetti fondi sovrani (una mascherata per non dire che si tratta della Libia, piuttosto che dell’Arabia Saudita) hanno nel mirino l’Eni più altre aziende italiane e vorrebbero avere quell’immagine ‘simpatica’ e ‘nostrana’ che solo il calcio può dare, mentre già si sta assistendo ad uno sgomitare di pseudoimprenditori prestanome. Nell’economia di mercato i soldi dello spacciatore di droga sono uguali a quelli dell’industriale che ha creato qualcosa e sono pochi gli strumenti legali per bloccare un’operazione che ha vari sponsor politici, fra i quali un premier che pensa che tutto possa essere comprato (i clandestini che non sbarcano, per esempio, ma guarda caso sbarcano ancora nonostante la tassa sulla vigliaccheria in corso di pagamento): ogni discorso protezionistico può essere smontato, come dimostra la Premier League. Quanto all’aspetto etico, il nostro calcio è sempre stato pieno di riciclatori di denaro: il figlio puttaniere e quello calciatore frustrato (nonché ingegnere Cepu) di un dittatore non saranno moralmente peggio. O magari anche sì, ma in questo sistema chi ha i soldi avrà sempre ragione. E poi se i libici costruiranno una grande Roma, molti tifosi della Roma saranno senz’altro con loro: la parte peggiore della storia è questa, non che Gheddafi voglia rifarsi un’immagine.
Stefano Olivari
stefano@indiscreto.it
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